9 Ottobre 2014

Imposte dirette e concordato preventivo

di Claudio Ceradini
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La
Fondazione DCEC di Reggio Emilia ha diffuso lo scorso 3 ottobre il documento “
La fiscalità nel concordato preventivo in continuità aziendale”, che consente di svolgere qualche riflessione e fare il punto su un tema tutt’altro che scontato.
Il documento, oltre ad una rapida incursione nel campo dell’
imposta di registro, si sofferma sulle
imposte dirette in concordato, preoccupandosi di esaminare la compatibilità delle norme attuali, per parte nemmeno troppo nuove, con la struttura in
continuità prevista dall’art. 186bis L.F.
In assenza di
chiarimenti ufficiali, che non sono ancora giunti, rimangono aperte alcune questioni applicative che nel particolare caso del
concordato in continuità si aggiungono alla oggettiva carenza nelle norme.
Gli interventi normativi che nel 2012 hanno sostanzialmente
innovato la disciplina del risanamento nella Legge Fallimentare, hanno invece aggiornato solo
parzialmente le regole
fiscali. Nessuna variazione in particolare all’art.
86, co. 5, Tuir, e modifiche all’art.
88, co. 4, Tuir, per effetto dell’art. 33, co. 4, DL 83/2012 n. 83, (L. 134/2012), anche se forse non abbastanza strutturate.
Ci sono ancora
numerosi aspetti relativi alla tassazione del reddito nell’ambito di alcune delle nuove procedure previste dalla Legge Fallimentare, che andrebbero meglio
coordinati con le regole del Tuir. Lo strumento concordatario presenta già
vistose incertezze, sarebbe quanto mai opportuno che non se ne aggiungessero di
natura tributaria. Completamente inesplorato dalla riforma, infine, l’approccio IRAP.   
La
Fondazione di Reggio Emilia correttamente ricorda come la fiscalità del concordato attenga tre aspetti, due tradizionali (tassazione di
sopravvenienze da falcidia e
plusvalenze) ed uno nuovo (il reddito prodotto in
continuità).
Procediamo con ordine, dagli aspetti più tradizionali.
La cosiddetta
sopravvenienza da falcidia è il risultato più classico della procedura concordataria, e normalmente anche dell’omologa di un
accordo di ristrutturazione del debito (art. 182bis L.F.). La regola è da tempo quella della
irrilevanza fiscale del naturale effetto esdebitatorio del concordato, ed il già citato D.L. 83/2012 ha riformulato l’art. 88, co 4, Tuir,
ampliando la franchigia alle sopravvenienze da falcidia generatesi nell’
accordo di ristrutturazione che sia stato
omologato e nel
piano attestato di risanamento (art. 67, co. 3, lett. D, L.F.) che sia stato
iscritto al Registro Imprese, e che peraltro raramente le contempla. Il beneficio da un lato è rigorosamente riservato alle sopravvenienze derivanti dall’utilizzo dei citati strumenti concorsuali o meta-concorsuali, rimanendo totalmente
estranee quelle originate da transazioni
extra giudiziali, che rimangono integralmente tassabili, e dall’altro non è incondizionato, ma
misurato per accordi di
ristrutturazione e piani di
risanamento sulla parte di sopravvenienza che
eccede le
perdite utilizzabili, con riferimento sia a quelle
pregresse che a quelle di
periodo. Sul punto la Fondazione non si sofferma, ma in realtà si pongono problemi applicativi, non essendo chiaro se
l’utilizzo delle perdite pregresse a detassazione della sopravvenienza possa essere
integrale o
limitata all’80% secondo le regole di cui all’art. 84 Tuir, come a suo tempo Assonime ebbe modo di sostenere con Circ. 15/2013.
Secondo gli aspetti tradizionali, il trattamento delle
plusvalenze da cessione di beni. Si è già ricordato che l’art.
86, co. 5, Tuir non ha subito modifiche per effetto del D.L. 83/2012.
Ne conseguono alcuni effetti.
Il
primo, l’esenzione è limitata alle procedure di
concordato preventivo, non se ne comprende la ragione, ma è così. Gli altri strumenti di risanamento, dall’accordo di ristrutturazione al piano attestato, non beneficiano della franchigia.
Ulteriore questione che la Fondazione ricorda, risolta sul piano giurisprudenziale e interpretativo, riguarda il
tenore letterale della norma, che assegnerebbe la franchigia alle sole cessioni perfezionate a
favore dei creditori.
La Cassazione da molti anni, prima con sentenza 5112/1996 e poi successivamente con ulteriore pronuncia 22168/2006, ha sempre interpretato in senso
ampio la norma assumendo l’
irrilevanza del
destinatario della cessione, ed assegnando la franchigia in ragione della
condizione del cedente,
assoggettato alla procedura concordataria. Nello stesso senso anche l’Amministrazione Finanziaria con
risoluzione 29/E/2004.
Il
terzo aspetto, relativo al caso della continuità ai sensi dell’art. 186bis L.F., è invece meno tradizionale ed obbliga a qualche riflessione. Bene fa la Fondazione a rilevare come l’attuale formulazione dell’art. 86, co. 5, del Tuir
mal si adatti alla nuova struttura concordataria, e del resto non ci si poteva attendere nulla di diverso, essendo stata
scritta in tempi in cui
altro non c’era se non la versione
liquidatoria del concordato.
L’esenzione da imposta deve limitarsi oggi alle
plusvalenze da cessione di beni e magazzino,
non potendo estendersi anche ai
risultati della gestione. Appare piuttosto ardito il tentativo di allargare la franchigia anche agli utili di periodo in forza solo dell’
inclusione della parola “
magazzino” nel testo di legge. Quella norma è
antecedente di anni alle nuove forme di concordato, e ogni tentativo di “
stiracchiarla” è indubbiamente pericoloso.
Condividiamo la conclusione della Fondazione, che riconduce alla esenzione la sola parte di
proventi derivanti dalle cessioni di beni non funzionali, che ben possono convivere con un piano in continuità. E del resto, va anche detto che uno dei motivi di
attrazione, uno dei pochi oggi, del piano concordatario in continuità giuridica, e quindi da parte dello stesso debitore, è proprio la
disponibilità di
perdite pregresse utilizzabili che una newco non potrebbe ereditare.
Interessante puntualizzazione, infine, sull’
impatto fiscale da prevedersi nei piani concordatari pur
liquidatori. La franchigia offerta per plusvalenze e sopravvenienza da falcidia non esclude la maturazione di
imponibile sui risultati economici generati da proventi per affitti di azienda o semplicemente di macchinari. Se la
contrapposizione di proventi e costi evidenziasse un
imponibile, al netto delle perdite riportabili che normalmente offrono ampia capienza in questi casi, va
stimato il
carico tributario, nel rispetto dell’art.
182 Tuir, e quindi in misura diversa in relazione alla
natura giuridica del debitore ed alla
durata del piano.