25 Maggio 2018

Imu deducibile solo per immobili strumentali

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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A partire dal periodo d’imposta 2013 (L. 147/2013) è stata introdotta la possibilità di dedurre dal reddito d’impresa o di lavoro autonomo il 20% dell’Imu relativa agli immobili strumentali, ferma restando l’indeducibilità totale ai fini Irap.

Premettendo che la deduzione opera in base al criterio di cassa (articolo 99, comma 1, Tuir), l’aspetto più critico per l’applicazione delle predette disposizioni risiede nell’individuazione degli immobili interessati dalla deduzione parziale dell’Imu, i quali devono rientrare nella categoria degli immobili strumentali.

Trattandosi di una norma che consente la deduzione dal reddito d’impresa, è evidente che deve aversi riguardo alle disposizioni del Tuir, e, più precisamente, all’articolo 43, comma 2, Tuir, secondo il quale gli immobili strumentali si distinguono nelle seguenti due categorie:

  • per “natura”, in quanto non suscettibili di diversa utilizzazione salvo radicali trasformazioni, che mantengono la strumentalità anche se non utilizzati o concessi in locazione o comodato. Rientrano in tale ambito gli immobili classificati in categoria A/10, B, C, D ed E;
  • per “destinazione”, quando, a prescindere dalla classificazione catastale, il bene è utilizzato direttamente ed esclusivamente dall’impresa per lo svolgimento dell’attività In tale ambito, ad esempio, possono rientrare anche gli immobili classificati in categoria abitativa (da A/1 ad A/9), destinati a sede legale od operativa dell’impresa.

Restano quindi esclusi dalla deduzione parziale dell’Imu:

  • sia gli immobili non strumentali di cui all’articolo 90 Tuir (cd. immobili “patrimonio”),
  • sia quelli oggetto dell’attività propria dell’impresa (immobili merce), la cui valutazione avviene secondo le disposizioni contenute nell’articolo 92 Tuir, a prescindere dalla natura degli stessi.

Più precisamente, nell’ambito degli immobili merce, non rileva la categoria catastale degli stessi, poiché, a prescindere dalla classificazione, mantengono la medesima natura di beni destinati alla vendita, in quanto oggetto dell’attività propria dell’impresa. A tal fine non sono nemmeno invocabili le disposizioni in ambito Iva, che distinguono la categoria dei fabbricati strumentali in relazione alla classificazione catastale, e non in base all’allocazione contabile degli stessi. Secondo l’articolo 10, n. 8, 8-bis e 8-ter, del D.P.R. 633/1972, infatti, le regole di applicazione dell’Iva (imponibilità od esenzione) delle relative cessioni o locazioni di immobili prescindono dall’iscrizione contabile dei beni, e quindi dal trattamento nell’ambito del reddito d’impresa, avendo riguardo alla sola classificazione catastale del bene.

Tuttavia, come detto, poiché la disposizione della legge di stabilità che consente la deduzione parziale dell’Imu opera nell’ambito delle imposte sui redditi, e, più precisamente, nella determinazione del reddito d’impresa, l’individuazione della strumentalità dell’immobile non può che avvenire secondo le regole previste dal Tuir.

Come anticipato, la deduzione dell’imposta comunale (nei limiti del 20%) deve avvenire tenendo conto del principio di cassa, ragion per cui per il periodo d’imposta 2017 (e quindi nel modello Redditi 2018) resta deducibile il 20% dell’imposta effettivamente pagata nel 2017, anche se riferita ad annualità precedenti (pagate tardivamente avvalendosi del ravvedimento operoso).

Operativamente, l’impresa deve in primo luogo operare una variazione in aumento dell’intero importo dell’imposta comunale iscritta tra i costi dell’esercizio, e successivamente effettuare una variazione in diminuzione pari alla quota deducibile (20% di quella pagata nell’anno 2017).

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