Imu terzo settore: esenzione solo nel caso di utilizzo diretto
di Fabio GarriniIn favore degli enti non commerciali che operano in settori meritevoli, la disciplina riguardante i tributi locali ha da sempre riservato un trattamento di favore, riconoscendo l’esenzione dal pagamento dell’Imu (ed un tempo dell’Ici) a favore degli immobili destinati allo svolgimento delle attività istituzionali.
Va però rammentato che tale esenzione deve sottostare al rispetto di specifici requisiti che devono essere dimostrati dal beneficiario dell’agevolazione; tra questi la giurisprudenza di legittimità ha rimarcato la necessità che vi sia coincidenza tra possessore dell’immobile ed utilizzatore dello stesso, indipendentemente dal fatto che l’attività esercitata sia meritevole e senza che assuma alcuna rilevanza la concessione in comodato, quindi senza alcun fine di lucro.
Senza tale coincidenza l’Imu risulta dovuta.
L’esenzione gli enti non commerciali
Come detto, sin dall’introduzione dell’Ici, gli immobili impiegati dagli enti non commerciali per attività riconosciute di particolare utilità per la collettività sono oggetto di esenzione dal pagamento del tributo.
La norma di riferimento è l’articolo 7, lett. i), D.Lgs. 504/1992, richiamata anche dalla disciplina Imu, tanto quella previgente (articolo 9, comma 8, D.Lgs. 23/2011) così come dalla disciplina riguardante la nuova Imu vigente dal 2020.
L’articolo 1, comma 759, lettera g), L. 160/2019 afferma infatti che sono esenti “gli immobili posseduti e utilizzati dai soggetti di cui alla lettera i) del comma 1 dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali delle attività previste nella medesima lettera i)”. Tale disposizione rende inoltre applicabili le disposizioni di cui all’articolo 91-bis D.L. 1/2012 che circostanzia l’applicazione di tale esenzione, nonché il D.M. attuativo 200/2012.
Nella sostanza, il trattamento di tali immobili non ha subito mutazioni nel passaggio da Ici a Imu, ed è subordinato alla verifica dei due maggiori requisiti:
- l’aspetto soggettivo, che impone che l’immobile sia posseduto da enti non commerciali, come individuati dal Testo Unico delle imposte sui redditi: l’articolo 1 D.M. 200/2012 li definisce infatti come “gli enti pubblici e privati diversi dalle società di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), Tuir, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale”. Pertanto, dall’agevolazione rimangono esclusi gli immobili delle società, sia commerciali che cooperative, anche se svolgono le attività richieste dalla norma per fruire dell’esenzione;
- l’aspetto oggettivo, ossia la necessità che l’immobile sia destinato allo svolgimento di determinate attività. L’elenco di tali attività, contenuto nella lettera i) dell’articolo 7 D.Lgs. 504/1992, assume carattere tassativo, per cui l’agevolazione non può essere estesa, nemmeno per analogia. Detta attività deve essere valutata in concreto e deve essere svolta con modalità non commerciali, ossia modalità tali da escludere l’intento lucrativo.
Il comodato
Al fine di poter fruire dell’esenzione è necessario che vi sia identità tra il possessore dell’immobile e l’utilizzatore di questo; in altre parole, il soggetto che svolge l’attività meritevole di tutela per la quale è stata introdotta l’agevolazione deve essere altresì il soggetto passivo teoricamente chiamato al pagamento del tributo.
Sotto tale profilo, mentre è innegabile l’impossibilità di applicare l’esenzione nel caso in cui l’immobile sia oggetto di locazione a favore di chi svolge le attività meritevoli (sul punto si veda, tra le altre, la sentenza Cassazione, n. 11427/2005), si era posto il dubbio se non vi fosse comunque la possibilità di fruire dell’esenzione nel momento in cui detto immobile fosse oggetto di comodato, in considerazione del fatto che tale concessione non evidenzia alcun ritorno economico per il soggetto che mette a disposizione l’immobile.
Sul punto va però segnalato come l’orientamento prevalente dalla giurisprudenza di legittimità sia per la risposta negativa.
In particolare, va rammentata la recentissima sentenza n. 1539 del 25.01.2021 nella quale, in continuità con il prevalente pensiero della Suprema Corte, i giudici affermano che “L’esenzione non spetta, pertanto, nel caso di utilizzazione indiretta, ancorché assistita da finalità di pubblico interesse”. Tra le molte si ricorda peraltro anche la precedente sentenza n. 8073 del 21.03.2019, del medesimo tenore.
In entrambe queste pronunce viene richiamata una sentenza di parere contrario, che però pare la classica “eccezione che conferma la regola”.
Si tratta della sentenza n. 25508 del 18 dicembre 2015 nella quale viene ammessa l’esenzione in capo al possessore, pur essendo in corso un contratto di comodato (il possessore era dunque diverso dall’utilizzatore); la deroga concessa in tale caso deve ricercarsi nel fatto che tra i due enti non commerciali sussisteva “un rapporto di stretta strumentalità nella realizzazione dei medesimi fini istituzionali”, nell’ambito della quale l’attività istituzionale del comodatario è una diretta attuazione dei compiti istituzionali del comodante. Secondo la Cassazione l’esenzione è subordinata alla verifica della “compenetrazione” tra essi, ma anche della medesima “architettura strutturale”.
In maniera conforme si era espresso anche il ministero nella circolare 4/DF/2013.
Quindi, in definitiva, occorre concludere che, salvo tale ultimo caso specifico e ben individuato, il comodato tra due soggetti provoca l’inapplicabilità dell’esenzione Imu.