In quali casi il regime degli impatriati troverà applicazione con la vecchia disciplina?
di Ennio VialCome abbiamo avuto modo di apprendere (ed in parte sedimentare), l’articolo 5, D.Lgs. 209/2023, ha completamente riscritto il regime degli impatriati.
La modifica era annunciata anche nelle bozze di decreto che circolavano negli ultimi mesi del 2023 ed aveva creato, non pochi patemi d’animo, in capo alle persone fisiche che avevano programmato il rientro a fine 2023 o a inizio 2024.
Il primo punto da evidenziare è che la novella fa salvo il regime pregresso per tutti coloro che hanno trasferito la residenza anagrafica in Italia entro il 2023, ancorché il primo anno di residenza fiscale nel nostro Paese possa essere il 2024. Si badi che la norma fa riferimento alla residenza anagrafica e non alla residenza in base agli altri criteri di cui all’articolo 2, comma 2, Tuir.
Per chi trasferisce la residenza anagrafica nel 2024, il nuovo regime appare inevitabile; tuttavia, vi è una sorta di previsione di carattere transitorio riservato a coloro che, pur avendo trasferito la residenza anagrafica nel 2024, hanno acquistato nei 12 mesi precedenti un immobile da destinare ad abitazione principale in Italia.
Supponiamo che un soggetto abbia acquistato un immobile a settembre 2023, se trasferisce la residenza anagrafica entro 12 mesi, egli potrà usufruire di una proroga di ulteriori tre anni del nuovo regime.
Un elemento di novità rispetto al pregresso, infatti, è rappresentato dalla durata quinquennale dell’agevolazione. L’unica ipotesi di proroga triennale, come abbiamo visto, è proprio quella relativa agli acquirenti dell’immobile.
Nell’esempio proposto, tuttavia, si aprono due scenari:
- il contribuente trasferisce l’iscrizione anagrafica nel primo semestre del 2024;
- il contribuente trasferisce la residenza anagrafica nel secondo semestre, ma comunque entro i 12 mesi dall’acquisto dell’immobile.
In entrambi i casi, si applica il nuovo regime con la proroga di tre anni, tuttavia nel primo scenario la residenza fiscale italiana parte dal 2024, mentre nel secondo parte dal 2025.
Ovviamente, se il trasferimento di residenza avviene oltre i 12 mesi dall’acquisto dell’immobile, la futura proroga di tre anni risulterà irrimediabilmente persa.
Si noti come la norma faccia riferimento all’acquisto dell’immobile essendo, quindi, esclusa l’ipotesi della locazione.
Ovviamente, il regime pregresso continuerà a trovare applicazione a coloro che già ne fruivano in passato. In questi casi lo stesso proseguirà sino ad esaurimento.
Chi, invece, alla data odierna si deve ancora trasferire e non ha acquistato l’immobile nel 2023, non ha altra scelta che adottare il nuovo regime, ovviamente sul presupposto che ne sussistano le condizioni.
La nuova norma ha ristretto le maglie sotto quasi tutti i profili. Invero, molte delle condizioni, ancorché restrittive rispetto al passato, non interesseranno la maggior parte dei contribuenti.
Ad esempio, la nuova soglia del reddito agevolabile di 600.000 euro rappresenterà una restrizione per un numero oltremodo limitato di operatori.
Analoghe considerazioni possono essere fatte in relazione al periodo di preventiva residenza estera che passa da 2 anni a 3 anni (in alcuni casi 6 o 7 anni) ed il periodo di permanenza in Italia che passa da 2 a 4 anni.
Nella maggior parte degli impatriati genuini, questi requisiti sono ampiamente soddisfatti.
La vera limitazione è rappresentata dal venir meno di regimi particolarmente vantaggiosi come la detassazione del 90% per chi si trasferisce nel mezzogiorno e, soprattutto dal fatto che la deduzione ordinaria passa dal 70% al 50%.
Una condizione nuova, inoltre, attiene alla qualificazione scolastica. In precedenza, all’impatriato non era richiesto alcun titolo di studio. Adesso è richiesta la laurea triennale.