18 Settembre 2018

Indagini finanziarie

di EVOLUTION
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Nel gergo comune si è soliti qualificare le indagini finanziarie (o, meglio ancora, bancarie) come una forma di accertamento; nella realtà così non è, nel senso che il controllo svolto dai verificatori è semplicemente fondato su talune informazioni ritratte dai rapporti bancari e/o finanziari.
Al fine di approfondire i diversi aspetti della materia, è stata pubblicata in Evolution, nella sezione “Accertamento”, una apposita Scheda di studio.
Il presente contributo analizza come si vengono a realizzare le indagini condotte dall’Agenzia delle Entrate e da altri agenti, secondo disposizione del D.Lgs. 546/1992.

Le indagini fondate sulle movimentazioni finanziarie possono essere attivate per impulso dell’Agenzia delle Entrate, della Guardia di Finanza ed anche della Commissione tributaria, ai sensi dell’articolo 7 del D.Lgs. 546/1992 e nelle sole ipotesi in cui si renda necessaria una integrazione per carenze probatorie delle parti. Sono legittimati anche gli agenti della riscossione, ma non certo per la promozione di accertamenti, bensì per la ricerca di rapporti da pignorare. Tali soggetti debbono attivare una ben precisa procedura.

La controparte che riceve la richiesta è rappresentata da coloro (in generale intermediari finanziari) che sono tenuti alla comunicazione periodica di dati, informazioni e notizie relativi ai rapporti ed alle operazioni. Ovviamente, l’ipotesi più frequente è quella dell’istanza rivolta agli istituti di credito.

L’ampiezza delle informazioni richiedibili ha raggiunto una estensione assolutamente rilevante, del tutto speculare a quanto sono obbligati a segnalare i suddetti intermediari finanziari. Non si pensi solo alle movimentazioni dei conti, ma anche alle garanzie, alle operazioni fuori conto, alle cassette di sicurezza, alle movimentazioni delle carte di credito, alla domiciliazione delle utenze, ecc.

La richiesta delle informazioni, così come la risposta che deve essere fornita entro 30 giorni, è inoltrata in forma telematica tramite PEC.

Il termine per la risposta è prorogabile di ulteriori 20 giorni, previa istanza dell’operatore finanziario e viene autorizzata, purché sussistano giustificati motivi. La norma, così come la stessa Agenzia delle entrate con circolare 32/E/2006, impone tuttavia che la richiesta sia preceduta da una apposita autorizzazione; curiosamente, si può dire che l’allegazione dell’autorizzazione alla richiesta non è necessaria.

L’articolo 32, comma 1, numero 2 del D.P.R. 600/1973 introduce delle presunzioni legali relative sulle quali si fonda l’accertamento bancario. Le stesse seguono l’ordine logico sin qui percorso, nel senso che:

  • gli intermediari finanziari comunicano i dati (generali e si sintesi) all’Anagrafe tributaria;
  • sulla base di indici di pericolosità si formalizzano delle liste dei soggetti da accertare (oppure, nell’ambito di normali attività di controllo si decide di verificare i conti);
  • si ottiene la prescritta autorizzazione e si richiedono i dati (dettagliati) agli intermediari;
  • si “forniscono” gli stessi dati al contribuente chiedendogli di giustificare le movimentazioni;
  • quanto non giustificato fa scattare le presunzioni.

Nonostante l’orientamento prevalente della giurisprudenza, della prassi e della dottrina, vi è una tesi minoritaria che fa ricadere le presunzioni delle indagini bancarie tra quelle semplici, secondo cui l’onere probatorio ricadrebbe sull’Amministrazione finanziaria e non sul contribuente, come nelle presunzioni legali relative. A tale conclusione si giunge in quanto l’accertamento bancario, in realtà, rientra tra i poteri istruttori che sono posti alla base dell’accertamento vero e proprio. Inoltre, a ciò si aggiunga che, per quanto riguarda gli accertamenti di cui agli articoli 39 e 40 del D.P.R. 600/1973, il Legislatore non ha previsto alcune previsioni legali, ma solo semplici. Pertanto, gli eventuali avvisi emanati sulla base delle indagini finanziarie devono contenere presunzioni semplici, per le quali l’onere probatorio è in capo all’Amministrazione finanziaria.

Il contribuente in merito alle indagini condotte può fornire la propria prova. La prova contraria consiste nell’analitica dimostrazione dell’irrilevanza di ciascuna singola operazione, non potendo risultare sufficienti profili probatori generici.

È necessario precisare che in tale situazione gli Uffici avviano un processo per la ricostruzione reddituale del soggetto interessato da indagini finanziarie, di fatto attivano quasi sempre una forma di contraddittorio; come raccomandato dalla stessa Agenzia nelle circolari 32/E/2006 e 16/E/2016.

Nella Scheda di studio pubblicata su EVOLUTION sono approfonditi, tra gli altri, i seguenti aspetti:

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