Indebita applicazione del reverse charge per operazioni escluse dal relativo ambito
di Davide David
Considerata la complessità della normativa sul reverse charge può accadere che le parti considerino soggette a tale regime delle operazioni che invece esulano dal relativo ambito applicativo.
Ci si chiede allora quale siano le conseguenze in caso di accertamento di una indebita applicazione dell’inversione contabile.
Per esemplificare si pensi ai due ambiti degli appalti in edilizia e delle cessioni di immobili.
A norma dell’art. 17 del D.P.R. 633/1972, in questi ambiti il reverse charge deve essere applicato:
- alle prestazioni di servizi rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore;
- alle cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato di cui ai numeri 8-bis) e 8-ter) del primo comma dell’articolo 10 per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione.
Si prenda ora il caso di una impresa di costruzioni Alfa che nel costruire un immobile da adibire a propri uffici e magazzini commissioni parte dei lavori ad un’altra impresa di costruzioni Beta. In questa ipotesi siamo nell’ambito di un appalto e non di un subappalto. Ci si chiede quindi cosa può accadere se inavvertitamente le parti ritengano doversi applicare il reverse charge, con Beta che fattura le sue prestazioni senza applicare l’IVA e Alfa che provvede a integrare la fattura di Beta.
Si prenda altresì il caso di una impresa di costruzioni Alfa che cede ad un’altra impresa Beta un immobile che ha terminato di costruire due anni prima. In questa ipotesi, a norma dell’art. 10, comma 1, numeri 8-bis) e 8-ter), del D.P.R. 633/1972, non operando il regime di esenzione la cessione va sempre assoggettata ad IVA. Pertanto, trattandosi di una cessione in cui l’IVA si applica per obbligo di legge e non a seguito di opzione, l’IVA va assolta dal cedente secondo le modalità ordinarie e non dal cessionario secondo le regole del reverse charge (così anche la circolare n. 22/E del 2013). Anche in questo caso ci si chiede cosa può accadere se inavvertitamente le parti ritengano doversi applicare il reverse charge, con Alfa che fattura la cessione dell’immobile senza applicare l’IVA e Beta che provvede a integrare la fattura di Alfa.
Vi è da dire che a livello normativo sembrano risultare regolamentati in maniera specifica soltanto gli effetti delle violazioni riguardanti operazioni effettivamente soggette a reverse charge e non anche quelle riguardanti operazioni erroneamente considerate soggette a reverse charge.
Nello specifico, il comma 9-bis dell’art. 6 del D.Lgs. 471/1997, nel regolamentare gli effetti di una non corretta applicazione delle norme nell’ambito di operazioni soggette a reverse charge contempla le seguenti situazioni:
- mancato assolvimento dell’imposta in reverse charge da parte del cessionario/committente: sanzione fra il 100 e il 200 per cento dell’IVA;
- irregolare addebito dell’IVA da parte del cedente/prestatore con omissione del versamento dell’IVA: sanzione fra il 100 e il 200 per cento dell’IVA e recupero dell’IVA non versata;
- irregolare assolvimento dell’imposta da parte del cessionario/committente ovvero del cedente/prestatore: sanzione del 3 per cento dell’IVA con riconoscimento del diritto alla detrazione;
- mancata emissione della fattura da parte del cedente/prestatore: sanzione tra il 5 e il 10 per cento del corrispettivo (ovvero sanzione fissa di euro 258 qualora la violazione non rilevi ai fini reddituali) e obbligo del cessionario/committente di regolarizzare l’omissione.
Nelle situazioni di cui ai punti 2) e 3) il cessionario/committente e il cedente/prestatore sono obbligati in solido al pagamento delle sanzioni e dell’IVA.
Come detto parrebbe che la suddetta disciplina riguardi solo le operazioni soggette a reverse charge.
Se così è, allora la mancata fatturazione dell’IVA per operazioni erroneamente considerate rientrare nell’ambito del reverse charge dovrebbe comportare l’applicazione del regime ordinariamente previsto per la mancata fatturazione dell’IVA, con la conseguenza che:
- il cedente/prestatore che, ritenendo l’operazione rientrante nell’ambito del reverse charge, ha emesso una fattura senza IVA dovrà versare l’IVA e si vedrà applicata una sanzione tra il 100 e il 200 per cento dell’imposta (ai sensi dell’art. 6, comma 1, del D.Lgs. 471/1997);
- il cessionario/committente che, ritenendo l’operazione rientrante nell’ambito del reverse charge, ha provveduto a liquidare l’imposta integrando la fattura del cessionario/committente (o emettendo autofattura), si vedrà applicata una sanzione pari al 100 per cento dell’IVA non fatturata dal cedente/prestatore (ai sensi dell’art. 6, comma 8, del D.Lgs. 471/1997), salvo che non abbia tempestivamente provveduto a regolarizzare la mancata fatturazione dell’IVA con le modalità previste dal medesimo comma 8 (pagamento dell’IVA e presentazione di idoneo documento all’Agenzia delle entrate).
Ancorché il cessionario/committente abbia comunque assolto l’IVA con il metodo del reverse charge, non pare che nelle ipotesi di cui trattasi possa trovare applicazione il disposto del comma 9-bis dell’art. 6 del D.Lgs. 471/1997 in forza del quale l’irregolare assolvimento dell’imposta da parte del cessionario/committente comporta l’applicazione della sanzione del 3 per cento dell’IVA. Nonostante la non chiara formulazione normativa è infatti da ritenere che tale disposizione trovi applicazione soltanto per operazioni che rientrano tra quelle soggette al reverse charge (vedasi, in tal senso, la circolare n. 12/E del 2008, risposta 10.2).
Peraltro, il principio di neutralità dell’IVA e il divieto di doppia imposizione potrebbe anche consentire di eccepire il recupero dell’IVA in capo al cedente/prestatore, in quanto già assolta dal cessionario/committente, ancorché adottando indebitamente la modalità del reverse charge.
Qualora invece il cedente/prestatore dovesse essere chiamato a versare l’IVA non precedentemente fatturata, questi avrebbe comunque il diritto di rivalersi nei confronti del cessionario/committente ai sensi dell’art. 60, comma 2, del D.P.R. 633/1972.
Si ricorda infatti che tale norma prevede il diritto di rivalsa dell’IVA accertata in via definitiva, a condizione di aver provveduto al relativo pagamento unitamente al pagamento delle sanzioni irrogate e degli interessi applicati.
A sua volta il cessionario/committente, una volta corrisposta l’IVA al cedente/prestatore, avrà il diritto di portarla in detrazione.