30 Gennaio 2020

Indebita compensazione solo con il modello F24

di Marco Bargagli
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Al fine di contrastare indebiti fenomeni di evasione fiscale, il legislatore ha introdotto specifiche disposizioni che sanzionano, sotto il profilo penale-tributario, i comportamenti tenuti dal contribuente finalizzati a sottrarsi, indebitamente, al pagamento delle imposte dovute.

Molto spesso, nell’ambito dei più articolati e insidiosi fenomeni di frode fiscale, il soggetto passivo d’imposta contabilizza in bilancio, e successivamente riporta in dichiarazione, elementi passivi fittizi derivanti dall’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

Di conseguenza il sistema evasivo in rassegna crea, in capo al cessionario, crediti Iva inesistenti che – al momento della presentazione del modello F24 – consentono di effettuare indebite compensazioni.

Sullo specifico tema, giova ricordare che la normativa di riferimento prevede una duplice modalità di compensazione dei tributi:

  • quella verticale, con la quale il debitore d’imposta riassume i crediti e i debiti riferiti allo stesso comparto impositivo (es. Iva a debito con Iva a credito);
  • quella orizzontale, ex articolo 17 D.Lgs. 241/1997, con la quale è possibile compensare crediti e debiti relativi a imposte diverse dovute nei confronti di vari enti (es. Stato, Inps, Inail, etc.).

Sotto il profilo penale-tributario l’indebita compensazione è contemplata dall’articolo 10-quater D.Lgs. 74/2000, il quale prevede l’applicazione della sanzione della reclusione:

  • da sei mesi a due anni nei confronti di chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 D.Lgs. 241/1997, crediti non spettanti per un importo annuo superiore a cinquantamila euro;
  • a un anno e sei mesi a sei anni nei confronti di chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 D.Lgs. 241/1997, crediti inesistenti per un importo annuo superiore a cinquantamila euro.

Tutto ciò premesso, occorre valutare attentamente la condotta penalmente rilevante che integra il delitto in rassegna, anche alla luce della prassi e della giurisprudenza di riferimento.

In particolare si discute, tra gli addetti ai lavori, se il reato previsto dall’articolo 10-quater D.lgs. 74/2000 si realizza all’atto della formale presentazione del modello F24 oppure, ad esempio, al momento dell’indicazione del credito inesistente nella singola dichiarazione Iva di riferimento (quadro VL – liquidazione dell’imposta annuale), con conseguente possibilità di riporto dello stesso negli esercizi successivi ad abbattimento delle imposte dovute.

Sul punto, la prassi operativa ha chiarito che il richiamo operato nell’articolo 10-quater D.Lgs. 74/2000 all’articolo 17 D.Lgs. 241/1997, determina l’applicabilità della sanzione penale ivi prevista per le sole indebite compensazioni effettuate in sede di versamento unificato mediante modello F24 non essendo, di contro, applicabile a quelle operate in sede dichiarativa.

Inoltre, ai fini della demarcazione tra “crediti non spettanti” e “crediti non esistenti”, rileva la definizione di crediti inesistenti fornita dall’articolo 13, comma 5, secondo periodo, D.Lgs. 471/1997, come modificato dal D.Lgs. 158/2015, in base al quale “si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articolo 36-bis e 36-ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e all’articolo 54-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633” (cfr. Manuale operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza volume I – parte II – capitolo 1 “Il sistema penale tributario in materia di imposte dirette e IVA. Disposizioni sostanziali”, pag. 177).

Proprio in ordine alla rilevanza penale delle indebite compensazioni, si è recentemente pronunciata la suprema Corte di cassazione, sezione terza penale, con la sentenza n. 44737 del 05.11.2019, con la quale i Supremi giudici hanno confermato che la condotta penalmente rilevante è riferibile alla formale presentazione del modello F24.

A parere degli Ermellini, infatti, la condotta tipica del reato previsto e punito dall’articolo 10-quater D.Lgs. 74/2000 si caratterizza per il mancato versamento di somme dovute utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 D.Lgs. 241/1997, crediti non spettanti o inesistenti.

Quindi non è sufficiente a integrare il reato di cui trattasi un mancato versamento, ma occorre che lo stesso risulti, sin dall’origine, formalmente “giustificato” da una specifica compensazione operata tra le somme dovute all’Erario e i crediti verso il contribuente (in realtà non spettanti o inesistenti).

Più nel dettaglio, il delitto di indebita compensazione si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale.

In definitiva, l’indebita compensazione deve formalmente risultare dal modello F24 mediante il quale la stessa è stata realizzata indicando, “in compensazione”, crediti inesistenti o non spettanti.

Il modello F24 costituisce, infatti, uno strumento imposto dal legislatore tributario per poter eseguire le compensazioni tra debiti e crediti tributari, con la conseguenza che le stesse non possono che essere realizzate attraverso la presentazione di tale modello debitamente compilato, in difetto del quale non può dirsi sussistente una compensazione”.

La nuova disciplina dei reati tributari, la frode fiscale, il riciclaggio/autoriciclaggio e la responsabilità 231/2001