Indeducibile la minusvalenza da cessione di un calciatore a titolo gratuito
di Angelo GinexLa cessione del diritto alle prestazioni sportive di un calciatore, concretandosi nel trasferimento di un’utilità giuridica suscettibile di valutazione economica e circolazione, in quanto bene immateriale strumentale all’esercizio dell’impresa, è idonea a generare una minusvalenza deducibile solo quando avvenga dietro il pagamento di un corrispettivo, a nulla rilevando l’assunzione, ad opera della parte cessionaria, dell’obbligo di pagare il compenso del ceduto. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 346 del 09.01.2019.
La controversia oggetto della pronuncia in rassegna prende le mosse dall’impugnazione di un avviso di accertamento mediante il quale l’Agenzia delle Entrate contestava un’ingente perdita sostenuta dalla A.C. Milan, recuperando a tassazione un importo relativo a delle minusvalenze considerate non deducibili poiché avvenute a titolo gratuito.
Secondo la ricostruzione addotta dall’Ufficio, infatti, delle 17 cessioni di calciatori intervenute nel periodo d’imposta accertato, solamente 5 risultavano a titolo oneroso, con la conseguenza che le altre 12 operazioni non potevano essere considerate deducibili, in ossequio ai requisiti previsti dalla normativa allora vigente, cioè gli articoli 66 e 54 Tuir pre-riforma del 2003.
La vicenda è giunta al vaglio dei giudici di legittimità, i quali sono stati chiamati a pronunciarsi in merito a due problematiche giuridiche di non poco rilievo.
La contribuente, infatti, ha modellato la propria linea difensiva prima negando la configurabilità della prestazione sportiva come un bene immateriale strumentale all’impresa e liberamente commerciabile, poi lamentando l’errata qualificazione della fattispecie come un negozio a titolo gratuito, stante l’assunzione, in capo al cessionario, dell’obbligo di corrispondere il compenso a favore dei calciatori oggetto della cessione.
In merito alla prima delle questioni testé richiamate, la Corte ha ricostruito minuziosamente la fattispecie, chiarendo che la cessione in questione, nonostante abbia ad oggetto un contratto di lavoro ex L. 91/1981, comporta il trasferimento di beni. L’oggetto del trasferimento, infatti, consiste nel diritto a beneficiare della prestazione professionale del calciatore, una utilità giuridica assolutamente suscettibile di valutazione economica e circolazione.
Secondo i giudici di legittimità, non sussistono ragioni per escludere tale diritto dal novero delle immobilizzazioni strumentali, in quanto elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente ex articolo 2424 bis cod. civ..
Esso, dunque, dev’essere considerato alla stregua di un bene immateriale strumentale, idoneo ad essere trasferito e a generare delle minusvalenze fiscalmente rilevanti.
Risolto il primo nodo interpretativo, l’attenzione del Supremo consesso si è spostata alla seconda difficoltà, riguardante la gratuità o l’onerosità dei contratti di cessione oggetto dell’accertamento, condizione essenziale per determinare la deducibilità delle minusvalenze.
I giudici di Piazza Cavour hanno ricordato che è la giustificazione causale a definire la gratuità di un negozio giuridico, non rilevando in tal senso il fatto che dall’accordo possa derivare un costo per il cessionario, essendo questo un effetto economico indiretto.
Tornando al caso di specie, dunque, ciò che conta per qualificare il contratto come gratuito o meno è l’interesse del cedente a privarsi del suo diritto esclusivo a godere delle prestazioni del calciatore, senza ricevere un corrispettivo in cambio.
Al fine di avvallare ulteriormente questa conclusione, è opportuno tenere a mente che è inesatto desumere il carattere oneroso della cessione dalla constatazione che il rapporto ceduto è oneroso. La cessione, infatti, è un negozio giuridico autonomo, il quale ha l’obiettivo di modificare solo ed esclusivamente il lato soggettivo del contratto ceduto, il quale resta immutato nei suoi elementi oggettivi.
Sintetizzando quanto deciso nella pronuncia in commento, è possibile dire che l’operazione conclusa dalla società ricorrente rappresenta una vicenda giuridica ed economica unitaria, finalizzata ad ottenere un risparmio di spesa, cui, però, si è accompagnata la perdita del diritto a beneficiare della prestazione del calciatore, mentre la parte cessionaria, oltre a conseguire il godimento della prestazione sportiva, ne ha acquisito il relativo costo.
In sostanza, riportando le parole della Corte, se ne ricava, «in assenza della pattuizione di un corrispettivo ulteriore in favore del cedente ed a carico del cessionario, integrante gli estremi di una controprestazione principale collegata al trasferimento del diritto a ricevere la prestazione dell’atleta, la sostanziale gratuità della cessione».
Dalla natura di bene immateriale strumentale della prestazione sportiva ceduta e dal carattere oneroso della cessione si evince l’indeducibilità della minusvalenza relativa all’Irpeg del 2001, così come stabilito dalla normativa all’epoca vigente.
Ad oggi, è possibile trarre la medesima conclusione, stante la similarità dell’articolo 66 vigente ratione temporis con l’attuale articolo 101 Tuir.