30 Dicembre 2015

Indennità da perdita dell’avviamento non per tutti

di Chiara RizzatoSandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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In materia di locazioni, per gli immobili di cui all’art. 27 della L. 392/78, adibiti cioè ad una delle attività industriali e commerciali dallo stesso contemplate, il conduttore ha diritto, secondo l’art. 34 della citata Legge, nel caso il relativo contratto si concludesse con le modalità ivi stabilite, ad una indennità pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto e per le attività alberghiere a 21 mensilità. Tuttavia quest’ultima non trova applicazione in tutti i casi di svolgimento dell’attività industriale e commerciale, ma deve sottostare a determinate limitazioni, che il presente intervento è finalizzato ad approfondire, con particolare attenzione a quelle riguardanti l’attività svolta nell’immobile.

Innanzitutto il conduttore, come precisa la sentenza n. 2616/1986 ha diritto a percepire l’indennità di cui all’art. 34 L. 392/78 indipendentemente dalla sussistenza in concreto dell’avviamento. Nonostante ciò la stessa non si configura quale diritto spettante in capo a tutti i tipi di conduttori; non si può infatti non tener conto dell’attività svolta, essendo questa una condizione necessaria. Pertanto, affinché al conduttore sia attribuito tale diritto, è fondamentale, come specificato nella pronuncia della Cassazione n. 6269/1997, che:

  • il medesimo utilizzi l’immobile, nello svolgimento di attività commerciali che comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori;
  • la stessa attività sia primaria e non marginale, tale cioè da caratterizzare l’immobile, in quanto oltre ad essere punto di richiamo per la clientela, è idonea a realizzare quel fattore di avviamento commerciale ritenuto meritevole di tutela.

L’indennità, dunque, non spetta in tutti quei casi in cui l’immobile venga utilizzato occasionalmente dal pubblico. Si pensi ad esempio all’utilizzo dell’immobile come deposito, tale evenienza non attribuisce il diritto all’indennità. Il concetto di attività svolta con contatto diretto del pubblico è enfatizzato dalla sentenza n. 11865/1998: “l’ art. 35 della L. n. 392 del 1978, nel riferirsi al requisito dei contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori postula che l’immobile sia adoperato come luogo aperto alla frequentazione diretta, senza intermediazione, e strumentalmente negoziale, della generalità (originariamente) indifferenziata dei destinatari dei prodotti o dei servizi offerti”. Significativa analisi inoltre scaturisce dalla pronuncia n. 6339/1985 nella quale si pone rilievo ancora all’attività svolta e precisamente all’ambito applicativo dell’art. 2195 codice civile: “il fatto che la L. n. 392/1978 indica per i fini dell’indennità di avviamento, solamente le attività industriali, commerciali, artigianali e di interesse turistico, e non anche tutte le altre attività indicate nell’art. 2195 c.c., non sta a significare l’esclusione di queste ultime dalla previsione della predetta legge, operando in proposito il richiamo normativo del cit. art. 2195 c. c. il cui ambito di applicazione è di ordine generale; pertanto spetta l’indennità di avviamento ad una società assicuratrice, la cui attività comporta un contatto diretto con il pubblico degli utenti, dovendosi, nei locali adibiti ad uffici, stipulare contratti, effettuare riscossioni di premi ecc.”.

Appare logica la considerazione successiva, ovvero il ritenere che al conduttore che richieda l’indennità spetti l’onere di provare, non solo di avere esercitato nell’immobile una delle attività per le quali la detta indennità è prevista, ma anche che l’attività stessa comportasse contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori (sentenza n. 8753/1994).

Tuttavia, sempre a rigor di logica, si ritiene opportuno affermare che le situazioni problematiche scaturiscano nel momento in cui nell’immobile avvenga l’esercizio, sia di attività dalle quali derivino contatti diretti con il pubblico, sia di altre attività, determinando quale soluzione quella prospettata dalla sentenza n. 1700/1997, ovverosia, che per la corresponsione di tale somma, è necessario che l’attività, svolta con modalità che comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, sia esclusiva o prevalente rispetto ad altre attività esercitate nello stesso locale.

Quindi risulta naturale chiedersi se, in sede di predisposizione del contratto di locazione, sia necessario specificare bene il tipo di attività svolta, nel caso di specie una attinente al contatto con il pubblico. Sul tema la sentenza n. 8231/2001 stabilisce che: “la destinazione dell’immobile, da parte del conduttore, ad attività commerciale a diretto contatto con il pubblico, nonostante l’espressa previsione di segno contrario contenuta nel contratto di locazione, costituisce circostanza niente affatto secondaria, ma assolutamente determinante”.