1 Luglio 2022

Indennità di mora per ritardato pagamento di accise e cumulabilità con la sanzione

di Gabriele Damascelli
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La scheda di FISCOPRATICO

In caso di omesso versamento delle rate di acconto sull’accisa è legittima, da parte della Dogana, l’irrogazione della sanzione ai sensi dell’articolo 13 D.Lgs. 471/1997, unitamente all’avviso con il quale, relativamente ai medesimi fatti, è richiesto il pagamento dell’indennità di mora e degli interessi, ai sensi dell’articolo 3, comma 4, D.Lgs. 504/1995, non potendo configurarsi un illegittimo cumulo di sanzioni, attesa la diversa finalità funzionale tra la sanzione dell’articolo 13 (natura afflittiva) e l’indennità di mora dell’articolo articolo 3 (natura ripristinatoria e risarcitoria).

Con un revirement giurisprudenziale che aveva mostrato una breve “deviazione” dal suo percorso decennale nei precedenti n. 30034/2018 e n. 1969/2019, la Cassazione, nella sentenza n. 19340/2022 è “tornata” ad affermare la natura risarcitoria, non già sanzionatoria, dell’indennità di mora fissata al 6 per cento, riducibile al 2 per cento se il pagamento avviene entro i cinque giorni dalla data di scadenza, oltre gli interessi, nel caso di ritardato pagamento delle accise, come previsto dall’articolo 3, comma 4, D.Lgs. 504/1995 (c.d. TUA – Testo unico accise).

La qualificazione della natura dell’indennità come somma reintegrativa a favore dell’Erario ha consentito alla Corte di ritenere “cumulabile” tale importo a quello previsto a titolo di sanzione dall’articolo 13 D.Lgs. 471/1997 nel caso di omesso pagamento dell’accisa.

Nella sentenza 19340/2022 la Corte, ripercorrendo i propri precedenti in tema di cumulabilità dell’indennità con quella di cui all’articolo 13 D.Lgs. 471/1997, ne ha giustificato l’applicazione dal momento che “le due disposizioni normative assumono un contenuto diverso” nella misura in cui l’imposizione del vincolo di pagare assume una diversa funzione per l’una e per l’altra misura, “afflittiva quella della sanzione e reintegrativa del patrimonio leso quella dell’indennità di mora” e tale diversità giustifica la loro contemporanea applicazione che non realizza alcun cumulo di sanzioni ma soltanto due diverse pretese di pagamento in base a titoli diversi, tra loro pienamente compatibili per la loro diversità di struttura e funzione, diversità strutturale che rende l’indennità di mora un “accessorio naturale e necessario del tributo che non esclude l’applicabilità della sanzione”.

Tali argomentazioni la Corte le deriva da una lettura storico-sistematica della previsione dell’articolo 3, comma 4, TUA, che tiene conto sia del suo contenuto sostanziale sia dei successivi interventi normativi espressivi della continuità della scelta legislativa di qualificare l’indennità di mora quale rimedio risarcitorio conseguente al tardivo pagamento dell’accisa, sovrapponibile, quindi, alla sanzione di cui all’articolo 13 citato.

Una prima considerazione di ordine sistematico poggia sulla collocazione dell’indennità di mora nel Capo I (disposizioni generali) del Titolo I (disciplina delle accise) del TUA, concernente la regolamentazione dell’accertamento, della liquidazione e dei termini e modalità di pagamento delle accise, valevole, in linea generale, per tutte le ipotesi di imposizione indiretta sulla produzione e sui consumi, a fronte del differente contesto sanzionatorio che trova specifica collocazione nel Capo IV (sanzioni) del Titolo I (disciplina delle accise), secondo la “chiara visione complessiva”, nella mente del legislatore delegato, delle conseguenze da applicare in caso di inosservanza delle specifiche previsioni del TUA.

Una seconda considerazione ruota intorno al “parallelismo” tra il comma 4 ed il comma 4-bis dell’articolo 3 TUA il quale prevede che, nel caso di mancato versamento anche di una sola rata del “piano” di rateizzazione richiesto dal titolare del deposito doganale che si trovi in condizioni di difficoltà economica, si verifica la decadenza dalla rateazione con conseguente obbligo dell’integrale pagamento degli importi residui, oltre interessi, indennità di mora di cui al comma 4 nonché della sanzione per ritardato pagamento delle accise.

Così ragionando si equiparano il comma 4 ed il comma 4-bis in quanto diretti a regolare le conseguenze del mancato rispetto dei termini di pagamento, nel primo caso, secondo i tempi già fissati dal legislatore, nel secondo caso, in considerazione dei tempi conseguenti all’ottenuta autorizzazione

della dilazione.

Un’ulteriore considerazione attiene alla previsione contenuta nella decretazione d’urgenza del marzo 2020 in base alla quale si consideravano tempestivi i pagamenti dell’accisa, da effettuarsi ai sensi dell’articolo 3, comma 4, TUA, per i prodotti energetici immessi in consumo nel mese di marzo 2020 ed effettuati entro il giorno 25 di maggio 2020, senza applicazione di sanzioni ed indennità di mora previste per il ritardato pagamento, con ciò ulteriormente giustificando la distinzione concettuale ed applicativa tra l’una e l’altra misura.

Un mutamento di indirizzo nella giurisprudenza si è avuto, si diceva, in particolare nei precedenti n. 30034/2018 e n. 1969/2019 della Corte di Cassazione, nei quali è stata affermata la natura sanzionatoria della previsione di cui all’articolo 3, comma 4, TUA, e la sua prevalenza, secondo il rapporto di specialità, sulla previsione analogamente sanzionatoria dell’articolo 13 D.Lgs. 471/1997.

Nella sentenza 19340/2022 la Cassazione richiama i “passaggi motivazionali” contenuti nel precedente n. 30034/2018 e ciò al fine di una complessiva ricostruzione storico-sistematica del concetto di indennità di mora,  per giungere a chiarire che solo a seguito del pagamento sia degli interessi che dell’indennità si perviene alla effettiva reintegrazione del danno da ritardo nel pagamento, ponendo entrambe le suddette misure nell’ambito delle conseguenze risarcitorie e, dunque, al di fuori del diverso contesto sanzionatorio.

Il diverso orientamento poggiava, per brevità, sulla considerazione di un’equiparabilità tra indennità e sanzione dovuta alla “comunanza” della predeterminazione del debito dovuto calcolato in frazione percentuale del tributo non pagato (sei per cento da un lato e trenta per cento dall’altro), vieppiù slegato da qualsiasi prova dell’entità del danno effettivo risentito dall’erario per il ritardo nell’adempimento del trasgressore responsabile del tardivo versamento inteso come “fatto omissivo” in sé considerato (quale nucleo fondante la motivazione della pronuncia), oltre ad una palese violazione del principio di uguaglianza e di proporzionalità, in quanto il tardivo pagamento delle accise sarebbe sanzionato più gravosamente rispetto alle altre imposte, nonché sulla corresponsione dei soli interessi in caso di rimborso dell’accisa indebitamente pagata ai sensi dell’articolo 14, comma 5, TUA e da ultimo sul fatto che, prevedendo l’articolo 3, comma 4, la corresponsione degli interessi moratori nel caso di tardivo versamento delle accise, proprio questo attualizzerebbe l’entità del debito pagato oltre la scadenza essendo gli interessi moratori atti a “coprire” il danno da ritardo.