Indicazione delle rimanenze in dichiarazione anche per i semplificati
di Fabio GarriniDal 2017 i semplificati hanno assunto alla base della formazione del reddito il principio di cassa, principio che ha quale conseguenza, tra le altre, l’irrilevanza delle rimanenze nella determinazione del reddito.
Ciò posto, le istruzioni alla compilazione del modello redditi richiedono l’indicazione nel quadro RG della consistenza delle rimanenze al 31.12; dato, questo, che deve essere accolto e riscontrato anche nello studio di settore.
Sul punto l’Agenzia ha chiarito che tale indicazione deve essere resa anche dai soggetti che hanno esercitato l’opzione per il principio della registrazione ai sensi dell’articolo 18, comma 5, D.P.R. 600/1973, facendo riferimento alle rimanenze effettivamente esistenti alla chiusura dell’esercizio (quindi prescindendo dal pagamento e dalla registrazione dei documenti di acquisto).
L’indicazione delle rimanenze
Malgrado il valore delle giacenze sia un dato del tutto irrilevante sotto il profilo reddituale, i contribuenti in contabilità semplificata non si sono liberati dalla necessità di inventariare i beni al termine del periodo d’imposta.
Sono infatti scomparsi i righi in passato dedicati alle rimanenze nell’ambito della formazione del reddito (RG8 e RG9), mentre in calce al quadro (quindi dopo l’individuazione del reddito) è stato inserito il rigo RG38, dedicato appunto al monitoraggio delle rimanenze finali, per il quale è richiesto un dato piuttosto dettagliato.
Le istruzioni alla compilazione di tale rigo precisano le informazioni da indicare:
- nella colonna 2, le rimanenze finali del periodo d’imposta oggetto della presente dichiarazione relative a materie prime e sussidiarie, semilavorati, merci e prodotti finiti nonché ai prodotti in corso di lavorazione e ai servizi di durata non ultrannuale (articolo 92 e 92-bis Tuir);
- in colonna 3, le rimanenze finali del periodo d’imposta oggetto della presente dichiarazione relative ad opere, forniture e servizi di durata ultrannuale (articolo 93 Tuir);
- nella colonna 4, le rimanenze finali del periodo d’imposta oggetto della presente dichiarazione relative ai titoli di cui alle lett. c), d) ed e) del comma 1 dell’articolo 85 Tuir (articolo 94 Tuir);
- nel caso in cui non sussistano rimanenze finali, va barrata la casella di colonna 1.
Il dubbio che si era posto, pertanto, verteva sulla necessità di indicare tale dato anche da parte dei soggetti che hanno adottato il metodo della registrazione, posto che tale indicazione (che si interfaccia con il correlato dato presente nello studio di settore) è stata richiesta a seguito del D.M. 23.03.2018 recante “interventi correttivi per le imprese con determinazione del reddito per cassa negli studi di settore per il periodo di imposta 2017”.
Sul punto l’Agenzia conferma la necessità di indicare tale dato anche ad opera di coloro che hanno optato per il metodo della registrazione, che quindi sono tenuti tanto a compilare il rigo RG38, quanto a rendere analoga informazione nel quadro F dello studio di settore applicabile al contribuente.
In particolare:
- il dato da indicare nella colonna 2 del rigo RG38 dei modelli Redditi PF e SP è pari alla somma degli importi indicati ai righi F10 e F13 del modello degli studi di settore,
- mentre quello da indicare nella colonna 3 del citato rigo RG38 è pari all’importo da indicare nella colonna 1 del rigo F07 del modello degli studi di settore.
I contribuenti che applicano il metodo della registrazione devono segnalare l’opzione nello studio di settore tramite la barratura della casella F41.
Malgrado il provvedimento si riferisse ai correttivi per chi applica il principio di cassa, pareva indubbio che anche chi applica il metodo della registrazione comunque avesse l’incombenza di indicare l’importo delle rimanenze. Aspetto come detto confermato dall’Agenzia.
L’aspetto più delicato pareva però quello della quantificazione degli importi da indicare: in particolare, poiché si tratta di un metodo basato sulla registrazione, si sarebbe dovuto far riferimento solo ai beni in giacenza riferibili a fatture registrare? Ovvero, se fosse stato utilizzato il metodo di cassa, le rimanenze dovevano riferirsi ai soli beni pagati?
Tale soluzione forse avrebbe voluto la logica, ma appare di tutta evidenza come questa verifica sarebbe risultata del tutto ingestibile.
Fortunatamente l’Agenzia preferisce la valorizzazione sulla base delle unità fisiche in giacenza: “Con riferimento al dato relativo alle rimanenze finali, analogamente a come operato per quelle iniziali, va indicato il valore effettivo delle merci presenti in magazzino al 31 dicembre 2017, da individuare ai sensi degli articoli 92 e 93 del Tuir.
Si tratta di un dato, da determinarsi in via extracontabile, che attiene all’effettiva consistenza del magazzino al 31 dicembre 2017, indipendentemente dall’avvenuta o non avvenuta manifestazione finanziaria del costo.”
Ciò posto, ci si chiede che tipo di elaborazione possa uscire da uno studio di settore il cui quadro F dei dati contabili viene compilato con la stessa modalità di compilazione del quadro RG (quindi cassa o registrazione), mentre le rimanenze vengono rilevante con una conta fisica.
Malgrado i lodevoli gli sforzi che possono essere stati profusi nell’elaborazione dei correttivi, sorge una certa sensazione di “sommare le pere con le mele”, come si sul dire.
Questo a conferma del fatto che, se gli studi di settore oggi hanno una valenza limitata sotto il profilo accertativo essendo presunzioni semplici, a maggior ragione lo devono essere per i nuovi semplificati.
Ma a questo punto sorge spontanea una domanda: se lo studio di settore ha lo scopo di stimare i ricavi dei soggetti di piccole dimensioni e questi oggi si basano sul metodo di cassa da sempre indigesto alla logica di funzionamento dello studio di settore, che ruolo occorre attribuire a tali strumenti?
Il sospetto che lo studio di settore stia degenerando in una laboriosa raccolta di informazioni che alla fine risulti poco utile anche ai verificatori è sempre più consistente.