In via generale, tali vantaggi trovano giustificazione nella funzione previdenziale che questi contratti realizzano, allo scopo di garantire un sostegno economico ai propri familiari, o anche ad altri soggetti, al momento della propria morte, e finanche a sé stesso al raggiungimento di un’età avanzata. Negli ultimi decenni, comunque, si è assistito al dilagare di tipologie contrattuali che permettono di conseguire, oltre alla restituzione del capitale iniziale, anche eventuali guadagni (c.d. polizze linked).
Uno degli aspetti cruciali concerne sia la designazione del beneficiario (o dei beneficiari) e il correlato diritto acquisito nella polizza vita a favore di un terzo, sia l’operatività delle regole contrattuali e successorie con riguardo a tale diffuso strumento di trasmissione della ricchezza post mortem.
Al riguardo, può ritenersi ormai acclarato che l’atto di designazione del beneficiario dei vantaggi di una polizza sulla vita, quale che sia la forma prescelta fra quelle consentite dall’articolo 1920, comma 2, cod. civ., si qualifichi come negozio inter vivos con effetti post mortem, considerato che la morte dello stipulante vale unicamente a dare efficacia al diritto già acquisito dal beneficiario.
Stante il disposto normativo citato, secondo cui nell’assicurazione sulla vita a favore di terzo la designazione “è efficace anche se il beneficiario è determinato solo genericamente”, occorre domandarsi cosa accade nell’ipotesi in cui la suddetta designazione, come sovente accade nella pratica degli affari, faccia riferimento agli “eredi (legittimi e/o testamentari)”.
Sul punto, con sentenza n. 11421/2021, le Sezioni Unite hanno affermato che la generica individuazione degli “eredi (legittimi e/o testamentari)” quali beneficiari della polizza vita, ne comporta l’identificazione soggettiva con coloro che, al momento della morte dello stipulante, rivestano tale qualità in forza del titolo dell’astratta delazione ereditaria prescelto dal medesimo contraente, indipendentemente dalla rinunzia o dall’accettazione della vocazione.
Ne deriva che l’eventuale istituzione di erede per testamento compiuta dal contraente assicurato dopo aver designato i propri “eredi (legittimi)”, quali beneficiari della polizza, non rileva come nuova designazione per attribuzione della somma assicurata, né tantomeno come revoca del beneficio, agli effetti dell’articolo 1921 cod. civ., ove non risulti una inequivoca volontà in tal senso, operando su piani diversi l’intenzione di disporre mortis causa delle proprie sostanze e l’assegnazione a terzi del diritto contrattuale alla prestazione assicurativa.
Inoltre, è stato precisato che l’indennizzo assicurativo, ove non risulti diversamente dal contratto, spetta a ciascuno dei beneficiari in parti uguali, in quanto la qualifica di “eredi” rivestita al momento della morte dello stipulante sopperisce, con valenza meramente soggettiva, alla generica determinazione dei beneficiari, in base al disposto dell’articolo 1920, comma 2, cod. civ., che funziona soltanto al fine di indicare all’assicuratore chi siano i creditori della prestazione, ma non implica la sua ripartizione secondo le proporzioni della successione ereditaria.
Da ultimo, le Sezioni Unite hanno affermato che, nella ipotesi in cui uno dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita premuore al contraente, la prestazione, se il beneficio non sia stato revocato o il contraente non abbia disposto diversamente, deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione della quota che sarebbe spettata a quest’ultimo.
Recentemente, i principi suindicati sono stati ribaditi dalla suprema Corte (Ordinanza n. 28749/2024), la quale ha rammentato che la designazione del beneficiario dei vantaggi di un’assicurazione sulla vita, quale che sia la forma prescelta fra quelle previste dal secondo comma dell’articolo 1920 cod. civ., si pone alla stregua di atto inter vivos con effetti post mortem.
Di qui, pertanto, ha concluso che, in caso di generica indicazione degli “eredi” quali beneficiari, al momento della morte dello stipulante, la qualità di beneficiario sarà assunta da chi riveste la qualità di erede in forza del titolo della astratta delazione ereditaria prescelto dallo stipulante.
In un’ottica di pianificazione patrimoniale, quindi, è bene tenere conto dei principi sopra richiamati, al fine di poter governare eventuali “richieste” degli eredi “in genere”.