Integrativa a favore dopo l’avviso bonario
di Davide DavidInterpretando, a mio parere erroneamente, le nuove norme sul ravvedimento operoso, alcuni uffici dell’Agenzia delle entrate stanno disconoscendo la possibilità di presentare delle dichiarazioni integrative a favore dopo il ricevimento di un avviso bonario.
Per esemplificare si faccia il caso di un contribuente che ha presentato nei termini la dichiarazione annuale Iva con un saldo a debito di euro 20.000,00, che però non ha provveduto a versare.
A seguito del mancato pagamento il contribuente riceve un avviso bonario con la richiesta di versare l’intero importo del saldo risultate dalla dichiarazione (euro 20.000,00), le sanzioni per mancato versamento calcolate su tale importo e gli interessi.
Rivedendo però la dichiarazione, il contribuente si accorge di avere commesso degli errori, senza la commissione dei quali il saldo a debito sarebbe risultato inferiore (ad esempio, euro 15.000,00).
Il contribuente chiede quindi all’Ufficio di consentirgli di presentare una dichiarazione integrativa a suo favore per correggere gli errori e di ridurre, di conseguenza, gli importi da versare a titolo di imposte, sanzioni e interessi in funzione del saldo effettivamente dovuto (di euro 15.000,00).
L’Ufficio respinge tale richiesta, sostenendo che, ai sensi del comma 1-ter dell’art. 13 del D.Lgs. n. 472/97, la notifica dell’avviso bonario preclude la possibilità di presentare una dichiarazione integrativa.
Di conseguenza, l’Ufficio pretende che venga versato l’intero saldo risultante dalla dichiarazione originaria (euro 20.000,00), oltre alle sanzioni e agli interessi determinati su tale importo.
Tale impostazione non pare però essere corretta, per le seguenti ragioni.
La legge di stabilità 2015 (L. n. 190/14) ha riscritto l’art. 13 del D.Lgs. n. 472/97, riguardante specificatamente il ravvedimento operoso, istituto che consente la riduzione delle sanzioni normalmente applicabili a fronte della regolarizzazione delle violazioni commesse.
Come nella previgente formulazione, anche nella versione modificata dalla legge di stabilità l’art. 13 consente la riduzione della sanzione a condizione che “la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza” (così il comma 1 dell’art. 13).
In deroga a tale previsione, di portata generale, il successivo comma 1-ter, sempre introdotto dalla legge stabilità, dispone però che “ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, per i tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate non opera la preclusione di cui al comma 1, primo periodo, salva la notifica degli atti di liquidazione e di accertamento, comprese le comunicazioni recanti le somme dovute ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni”.
Per un coordinamento con le disposizioni sul ravvedimento operoso, la legge di stabilità ha inoltre modificato il comma 8 dell’art. 2 del d.P.R. n. 322/98, rendendo espressa la possibilità di beneficiare della riduzione delle sanzioni prevista dalle norme sul ravvedimento anche a fronte della presentazione di una dichiarazione integrativa “a sfavore”.
La legge di stabilità non ha invece apportato alcuna modifica al successivo comma 8-bis dell’art. 2 del d.P.R. n. 322/98 e, di conseguenza, nulla è cambiato in materia di presentazione di una integrativa “a favore” per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione, nella dichiarazione originaria, di un maggior debito o di un minor credito.
Quanto sopra sembra dimostrare che la preclusione prevista dal nuovo comma 1-ter dell’art. 13 del D.Lgs. n. 472/97 riguarda soltanto la possibilità di beneficiare delle riduzioni delle sanzioni previste dal medesimo art. 13 (considerato che tale articolo disciplina esclusivamente la riduzione delle sanzioni per ravvedimento) e non anche la possibilità di presentare delle dichiarazioni integrative “a favore”.
Poiché quindi nulla è cambiato in materia di dichiarazioni integrative “a favore”, dovrebbero continuare a valere le modalità già in uso sulla possibilità di presentare una dichiarazione integrativa “a favore” successivamente al ricevimento di un avviso bonario, con conseguente riduzione, da parte dell’Ufficio, della pretesa tributaria (in termini sia di imposte che di sanzioni e interessi).
Nel passato tale possibilità è stata tra l’altro riconosciuta, più o meno esplicitamente, nella circolare n. 31/E/2013 (relativamente alle dichiarazioni integrative “a favore” presentate a seguito della correzione degli errori in bilancio) e nella circolare n. 18/E/2011 (riguardante la preclusione per le sole dichiarazioni integrative “a sfavore”).
Si veda inoltre la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 26187/14, con la quale è stata affermata la possibilità per il contribuente di modificare a proprio favore le risultanze della dichiarazione anche nella fase del contenzioso tributario instaurato per opporsi alla pretesa avanzata con avviso bonario e alla conseguente cartella di pagamento.
Da ultimo va osservato che la preclusione alla presentazione di una dichiarazione integrativa “a favore” (sostenuta da alcuni uffici) comporta un ingiustificato prelievo di imposte non dovute nonché l’applicazione di sanzioni sul mancato versamento di imposte non dovute; il che lede i principi di capacità contributiva (art. 53 della Costituzione), di oggettiva correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 della Costituzione) e di buona fede e leale collaborazione (art. 10 della L. n. 212/ 00).
A ciò si aggiunga che è stata la stessa Agenzia delle entrate a confermare, nella circolare n. 6/E/2015 (risposta 10.1), che le modifiche apportate dalla legge di stabilità in materia di ravvedimento operoso puntano “su un nuovo modello di cooperazione tra l’Amministrazione finanziaria e i contribuenti”.
Tutto ciò andrà preso in considerazione qualora occorra presentare ricorso contro la cartella di pagamento conseguente all’iscrizione a ruolo delle somme indicate nell’avviso bonario.
In alternativa (o anche congiuntamente) il contribuente potrebbe anche chiedere a rimborso l’eccedenza versata, quale risultante dalla dichiarazione integrativa “a favore”; ma ciò non consente (o, quantomeno, rende particolarmente difficoltoso) il recupero delle maggiori sanzioni applicate sull’ammontare delle imposte non dovute.