“Interessi” degli amministratori e vigilanza del collegio sindacale
di Fabio LanduzziIl recente documento pubblicato da Assonime (Il Caso n. 4/2019) affronta la spinosa questione del rapporto fra il dovere di vigilanza del collegio sindacale sulla gestione sociale, da una parte, e l’obbligo di comunicazione, gravante sull’amministratore della SpA in relazione ad “ogni interesse che, per conto proprio o di terzi, abbia in una determinata operazione della società”, prescritto dall’articolo 2391 cod. civ..
Assonime prende spunto dalla recente produzione giurisprudenziale in materia da parte della Corte di Cassazione per trattare questa complessa fattispecie, e per evidenziare alcuni spunti tratti appunto dai recenti arresti della Suprema Corte (per tutti, Cass., n. 126 del 07.01.2019), particolarmente rilevanti rispetto al ruolo di cui viene ritenuto essere investito il collegio sindacale.
L’occasione è anche utile per rammentare la particolare attenzione che viene posta alle operazioni effettuate dalla società con proprie parti correlate, circostanza in cui il potere-dovere di intervento per il collegio sindacale viene visto come innalzato al più alto livello, stante ciò che viene identificato come un endemico conflitto che non consente all’organo di controllo di esercitare, ad avviso dei Giudici, un ruolo meramente burocratico; il che, tuttavia, non significa dover valutare l’operazione nel merito – in quanto ciò esula dall’ambito dei doveri di vigilanza del collegio – bensì verificare che l’operazione non sia stata assunta in mancanza di ragionevolezza (la c.d. business judgement rule).
Quanto al tema degli interessi degli amministratori, come noto, la disciplina per le SpA è contenuta all’articolo 2391 cod. civ., il quale impone agli amministratori di dichiarare agli altri amministratori e al collegio sindacale ogni interesse, diretto e indiretto, che questi possano avere in una determinata operazione sociale, precisandone la natura, i termini, l’origine e la portata.
In merito alla nozione di interesse, essa è stata in via interpretativa estesa sino ad includere ogni utilità, anche di contenuto non strettamente patrimoniale purché riconoscibile socialmente, che l’amministratore possa trarre dall’operazione in questione; la comunicazione a cui l’amministratore è tenuto ai sensi della norma citata deve pervenire ai destinatari in tempo utile rispetto alla riunione dell’organo amministrativo chiamato a discutere e a deliberare l’operazione stessa.
Una volta dichiarato l’interesse, l’amministratore può deliberare sull’operazione in oggetto, in quanto l’astensione riguarda solo l’amministratore delegato per quanto concerne il compimento dell’operazione in cui ricorra il proprio interesse, essendo questi tenuto in tale circostanza ad investire della decisione l’organo amministrativo nella sua collegialità.
Quindi, una volta informato dell’interesse di cui un amministratore è portatore, il consiglio di amministrazione della SpA potrà deliberare motivando adeguatamente le ragioni e la convenienza dell’operazione per la società.
Evidenzia perciò Assonime che la norma pone dapprima una regola generale di comportamento gravante sugli amministratori, volta a prevenire il rischio che la gestione non sia condotta in modo corretto, e poi delinea un iter procedurale per l’assunzione della decisione in questione da parte dell’organo amministrativo.
Tre regole sono così identificate all’interno di questa norma:
- la regola della trasparenza, che risiede nell’obbligo di comunicazione imposto all’amministratore;
- la regola della ponderazione, che risiede nell’onere di motivazione rafforzata della decisione;
- la regola della imparzialità, che risiede nel dovere dell’amministratore delegato di astenersi dal compimento dell’operazione.
Il punto critico sta poi nel valutare se ed in quale misura ai sindaci possa essere ascritta una responsabilità da omessa vigilanza circa i doveri di cui all’articolo 2391, cod. civ..
A questo riguardo, la Cassazione assume una posizione molto dura in quanto ritiene che la complessità della struttura organizzativa della società, come pure eventuali carenze delle procedure interne della società, non determinino alcun affievolimento circa i doveri di controllo dei sindaci, in modo particolare per quanto concerne i poteri di ispezione e di richiesta di informazioni e chiarimenti.
Assonime conclude quindi in modo propositivo segnalando l’opportunità che, anche al fine di non estendere in modo eccessivo le responsabilità dei sindaci nel contesto di organizzazioni molto complesse, la società attivi procedure di flussi informativi regolari dagli amministratori verso il collegio sindacale, che includano proprio tutte le circostanze in cui un amministratore ricorra nella situazione di essere portatore di un interesse rilevante ai fini dell’articolo 2391, cod. civ..