Interpelli: è arrivato il momento di una revisione generale della disciplina
di Giancarlo Falco
L’interpello è l’istanza del contribuente volta ad ottenere, prima di porre in essere il comportamento giuridicamente rilevante o di dare attuazione alla norma oggetto del quesito, il parere dell’amministrazione finanziaria in ordine alla interpretazione di una norma tributaria obiettivamente incerta rispetto ad un caso concreto e personale riferibile all’istante.
Le istanze di interpello all’Agenzia delle entrate concernenti i tributi gestiti dalla stessa sono raggruppabili, sotto il profilo procedurale, in diverse categorie. In estrema sintesi, possiamo riassumerli nelle seguenti:
- l’interpello ordinario, ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente), consiste nella facoltà, da parte di ciascun contribuente, di porre quesiti alla Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate, se vi sono obiettive condizioni di incertezza nella normativa fiscale relativamente a casi concreti e personali. La risposta deve essere resa nel termine di centoventi giorni; in caso di silenzio sull’istanza si forma l’assenso sulla soluzione interpretativa prospettata dal contribuente; il parere dell’Agenzia non vincola il contribuente ma gli uffici dell’amministrazione finanziaria i quali, salva la possibilità di rettificare il parere, non possono emettere atti impositivi e/o sanzionatori difformi dal contenuto della risposta fornita in sede di interpello, limitatamente al quesito oggetto di interpello ed in ogni caso nel presupposto che i fatti accertati coincidano con quelli rappresentati nell’originaria istanza.
- l’interpello cosiddetto “Controlled foreign companies” (Cfc), attraverso il quale il soggetto residente dimostra preventivamente, fornendo le informazioni necessarie e allegando idonea documentazione, la sussistenza dei presupposti per ottenere la disapplicazione della normativa sulle imprese estere partecipate, relativamente a ciascuna controllata estera.
- l’interpello speciale, istituito dall’articolo 21 della legge n. 413 del 1991, volto ad ottenere un parere sul carattere potenzialmente elusivo di alcune operazioni o sulla corretta classificazione di alcune spese. Tale interpello può avere per oggetto soltanto determinate operazioni (trasformazioni, fusioni, ecc.), considerate potenzialmente elusive; rientrano, inoltre, in questa categoria le istanze, presentate ai sensi dell’articolo 110, comma 10, del TUIR per ottenere la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con soggetti residenti o domiciliati nei territori o Stati diversi da quelli che consentono un adeguato scambio di informazioni (articolo 168-bis del Tuir).
- l’interpello disapplicativo, previsto dall’art. 37-bis del D.P.R. n. 600 del 1973. Mediante tale interpello, il contribuente può chiedere la disapplicazione di una norma antielusiva speciale. Rientrano, inoltre, in questa categoria le istanze presentate dalle società non operative (articolo 30, comma 4-bis, della legge 23 dicembre 1994, n. 724).
Le istruzioni specifiche sulla trattazione delle istanze di interpello sono contenute nella Circolare n. 32/E dell’Agenzia delle entrate del 14 giugno 2010. La Circolare n. 42/E del 5 agosto 2011 contiene, inoltre, le istruzioni sulla trattazione delle richieste di consulenza giuridica.
Dalla semplice disamina degli istituti oggi vigenti, si delinea, dunque, un quadro generale tutt’altro che definito, in cui si combinano istanze con finalità e presupposti completamenti diversi.
Ciò determina non pochi problemi: molto spesso, infatti, a causa delle diverse normative poste alla base degli attuali interpelli, gli Uffici hanno fornito risposte spesso anche contrastanti tra di loro. Tale situazione è sicuramente da imputare alla difficoltà dell’Agenzia delle entrate Centrale di monitorare tutte le risposte fornite dai singoli Uffici periferici; tuttavia è doveroso sottolineare che, molto spesso, gli operatori fanno ricorso in maniera massiccia all’istituto dell’interpello rendendo pertanto complesso l’operato degli Uffici.
Appare pertanto fondamentale sfruttare al meglio l’occasione fornita dalla Legge Delega (Legge 11 marzo 2014 n. 23) che, all’articolo 6 comma 6, prevede espressamente la seguente disposizione: “Il Governo è delegato ad introdurre, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1, disposizioni per la revisione generale della disciplina degli interpelli, allo scopo di garantirne una maggiore omogeneità, anche ai fini della tutela giurisdizionale e di una maggiore tempestività nella redazione dei pareri, procedendo in tale contesto all’eliminazione delle forme di interpello obbligatorio nei casi in cui non producano benefìci ma solo aggravi per i contribuenti e per l’amministrazione”.
L’obiettivo è, dunque, quello di strutturare delle disposizioni che rivedano completamente la disciplina degli interpelli, con l’obiettivo di garantire:
- una maggiore omogeneità;
- una migliore tutela per i contribuenti;
- una maggiore tempestività ed esaustività nelle risposte fornite ai contribuenti.
Importante, dunque, è riformare l’intero istituto con l’obiettivo non secondario di garantire anche una tempistica certa per le risposte: molto spesso infatti i pareri dell’Agenzia arrivano troppo in ritardo rispetto al tempo utile per le imprese per programmare, ad esempio, un’operazione di riorganizzazione societaria. Infine, ulteriore obiettivo della Delega è quella di eliminare le forme di interpello obbligatorio, che creano, per i motivi sopra rappresentati, solo un’inutile congestione al lavoro degli Uffici.