10 Ottobre 2024

Interposizione fittizia di manodopera e frode fiscale

di Marco Bargagli
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Nel panorama penale tributario di riferimento, la recente riforma penale tributaria, operata in attuazione dell’articolo 20, L. 111/2023 (c.d. Legge delega fiscale), ha avuto concreta esecuzione con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.Lgs. 87/2024. In tal modo, il legislatore intende adeguare il sistema sanzionatorio al principio di proporzionalità, agevolando il coordinamento tra sanzioni amministrative e sanzioni penali, in linea con il principio del ne bis in idem.

Ciò detto, giova ricordare che il D.Lgs. 74/2000, parzialmente modificato dal citato D.Lgs. 87/2024, contiene definizioni rilevanti ai fini dell’applicazione delle sanzioni penali – tributarie proprio nell’ambito della frode fiscale.

In particolare:

  • per “fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”, si intendono le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto, in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi;
  • per “elementi attivi o passivi”, si intendono le componenti, espresse in cifra, che concorrono, in senso positivo o negativo, alla determinazione del reddito o delle basi imponibili rilevanti ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto e le componenti che incidono sulla determinazione dell’imposta dovuta;
  • per “dichiarazioni”, si intendono anche le dichiarazioni presentate in qualità di amministratore, liquidatore o rappresentante di società, enti o persone fisiche o di sostituto d’imposta, nei casi previsti dalla legge;
  • il “fine di evadere le imposte” e il “fine di consentire a terzi l’evasione”, si intendono comprensivi, rispettivamente, anche del fine di conseguire un indebito rimborso o il riconoscimento di un inesistente credito d’imposta, e del fine di consentirli a terzi;
  • riguardo ai fatti commessi da chi agisce in qualità di amministratore, liquidatore o rappresentante di società, enti o persone fisiche, il “fine di evadere le imposte” ed il “fine di sottrarsi al pagamento” si intendono riferiti alla società, all’ente o alla persona fisica per conto della quale si agisce;
  • per “imposta evasa”, si intende la differenza tra l’imposta effettivamente dovuta e quella indicata nella dichiarazione, ovvero l’intera imposta dovuta nel caso di omessa dichiarazione, al netto delle somme versate dal contribuente o da terzi a titolo di acconto, di ritenuta o comunque in pagamento di detta imposta prima della presentazione della dichiarazione o della scadenza del relativo termine; non si considera imposta evasa quella teorica e non effettivamente dovuta, collegata a una rettifica in diminuzione di perdite dell’esercizio o di perdite pregresse spettanti e utilizzabili;
  • le “soglie di punibilità” riferite all’imposta evasa si intendono estese, anche all’ammontare dell’indebito rimborso richiesto o dell’inesistente credito di imposta esposto nella dichiarazione;
  • per “operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente” si intendono le operazioni apparenti, diverse da quelle disciplinate dall’articolo 10-bis, L. 212/2000 (recante la disciplina sull’abuso del diritto e sull’elusione fiscale), poste in essere con la volontà di non realizzarle in tutto o in parte, ovvero le operazioni riferite a soggetti fittiziamente interposti;
  • per “mezzi fraudolenti” si intendono condotte artificiose attive, nonché quelle omissive, realizzate in violazione di uno specifico obbligo giuridico, che determinano una falsa rappresentazione della realtà.

Qualora nell’ambito della frode fiscale vengano emesse fatture per operazioni inesistenti, si rendono applicabili specifiche sanzioni in ambito penale tributario, ossia:

  • l’articolo 2, D.Lgs. 74/2000, a norma del quale è punito con la reclusione da 4 a 8 anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti indica, in una delle dichiarazioni relative a dette imposte, elementi passivi fittizi che consentono di ridurre la base imponibile o il debito Iva. La fattispecie penale tributaria riguarda, non solo le dichiarazioni annuali ai fini Iva e ai fini delle imposte sui redditi, ma anche le dichiarazioni infrannuali presentate dal contribuente nei casi tassativamente previsti dalla legge quali, ad esempio:
  • liquidazione societaria;
  • dichiarazioni di inizio e di chiusura della procedura fallimentare o di liquidazione coatta amministrativa;
  • dichiarazioni per la trasformazione, fusione e scissione societaria;
  • l’articolo 8, D.Lgs. 74/2000, in base al quale è punito con la reclusione da 4 a 8 anni chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Con riferimento invece all’interposizione fittizia di manodopera, già in passato la Corte di cassazione, con la sentenza n. 20901/2020, aveva sancito che è configurabile il concorso fra la contravvenzione di intermediazione illegale di mano d’opera (ex articolo 18, D.Lgs. 276/2003) e il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (ex articolo 2 D.Lgs. 74/2000), nel caso di utilizzo di fatture rilasciate da una società che ha effettuato interposizione illegale di manodopera.

Più di recente, sempre la suprema Corte di cassazione, Sezione terza penale, con la sentenza n. 34407/2024, ha nuovamente espresso interessanti principi di diritto proprio in relazione al rapporto esistente tra frode fiscale e illecita somministrazione di manodopera.

Nel caso sottoposto al vaglio degli ermellini:

  • le cooperative agivano come uno schermo giuridico utilizzato per far figurare i dipendenti come se fossero assunti da altri; in tal modo l’imprenditore si sgravava dei costi di lavoro, riusciva a convertire “fiscalmente” la prestazione lavorativa di propri dipendenti quale prestazione di servizi oggetto di un subappalto, otteneva un credito Iva, risparmiando gli oneri fiscali (le cooperative erano infatti tutte evasori fiscali, quasi sempre totali);
  • in tale modo era così possibile abbassare i prezzi per i propri clienti, diventando molto concorrenziale sul mercato di riferimento.

In tali ipotesi, il contratto di appalto è del tutto fittizio e viene stipulato solo per evadere il fisco, consentendo all’impresa ideatrice della frode di utilizzare la propria forza lavoro, formalmente assunta dalla cooperativa, senza i costi correlati beneficiando, nel contempo, della detrazione dell’Iva fatturata dalle cooperative che non viene mai versata all’Erario.

Nello specifico, le società cooperative emettevano fatture per operazioni in realtà “inesistenti” e, simmetricamente, la fattura veniva poi contabilizzata dall’impresa beneficiaria della frode trasformando il costo del lavoro, di per sé indeducibile, in prestazione di servizi.

Il documento fiscale emesso veniva, poi, indicato nella dichiarazione annuale dei redditi, evadendo così di pagare le imposte dovute, configurando conseguentemente la fattispecie penale prevista e punita dall’articolo 2, D.Lgs. 74/2000.

In definitiva, sulla base dell’approccio ermeneutico consolidatosi in sede di legittimità, viene confermato che nel caso di somministrazione irregolare di manodopera schermata da un contratto di appalto di servizi, va escluso il diritto alla detrazione dei costi dei lavoratori per invalidità del titolo giuridico dal quale scaturiscono, non essendo configurabile prestazione dell’appaltatore imponibile ai fini Iva (Cassazione n. 34876/2021; Cassazione n. 12807/2020; Cassazione n. 31720/2018; Cassazione n. 18808/2017 e neppure ai fini IRAP (Cassazione n. 7440/2022).