Invasi dallo spam. Come funziona e chi ci guadagna
di TeamSystemSappiamo tutti cosa sia lo spam. Non c’è casella di posta elettronica che ne sia immune. Prima o poi tutti ci ritroviamo a fare i conti con messaggi indesiderati che propongono acquisti super scontati, registrazione a servizi imperdibili, offerte super promozionali e così via. Il termine “spam” deriva dal nome di una carne in scatola inglese che in una puntata dei Monty Pyton veniva presa in giro perché proposta in tutti i piatti da una cameriera del ristorante in cui era ambientato lo sketch. (https://www.youtube.com/watch?v=ELGApKx5RO8)
Eppure, risulta spontaneo chiederci: ma se i messaggi spazzatura vengono sempre cancellati e ormai i filtri di riconoscimento automatico della posta indesiderata funzionano sempre meglio, come mai lo spam continua ad arrivare? Ma soprattutto, chi ci guadagna? La risposta è naturale: lo spam non si ferma perché funziona e chi invia promozioni indesiderate sa benissimo che anche se “abbocca” una percentuale minima di persone, su milioni di email inviate, i numeri generati da questi messaggi rappresentano comunque un business interessante.
Una rete di zombie
Fare spam è vietato. Lo è in Italia, in Europa e negli Stati Uniti, ma le aziende che lucrano su questo business hanno sedi spesso difficili da rintracciare oppure in Paesi dove questa prassi non viene punita. Tuttavia, sarebbe facile bloccare lo spam se arrivasse sempre dallo stesso mittente. Ma il fatto è che i messaggi indesiderati ormai usano sempre più spesso sistemi di invio che si basano su botnet, ovvero delle reti costituite da computer chiamati “zombie” che vengono infettati da un software maligno e controllati da una macchina centrale gestita dal botmaster. Una rete botnet non serve solo a fare spam, ma può essere usata anche per l’invio di mail fraudolente con lo scopo di fare phishing oppure per organizzare un attacco massivo contro qualcuno.
È facile prendersi un’infezione
Il nostro stesso computer potrebbe far parte di una botnet perché è stato infettato a nostra insaputa e la cosa non è così difficile. I malware, ovvero i software maligni, possono essere installati in tantissimi modi: per esempio facendo clic sui messaggi per scaricare suonerie gratis oppure registrandoci a servizi che promettono di far vedere film in streaming senza pagare nulla e così via. I computer di una rete botnet sono organizzati in maniera gerarchica, quasi militare. Le macchine appena infettate cercano di contagiarne altre e diventano un ponte con quelle che le precedono gerarchicamente. E tutto per allargare il più possibile la rete da cui spedire messaggi di spam o fraudolenti. Più macchine, uguale più invii e più fonti ovvero nuovi indirizzi Ip da utilizzare.
Un gruppo di ricercatori americani ha identificato 30 produttori di prodotti farmaceutici che affittano queste botnet e attraverso esse promuovono oltre 50mila domini web e 350 milioni di indirizzi da cui propongono acquisti o promozioni.
Fare spam conviene?
Uno studio condotto dal Journal of Economic Perspectives rileva che il business dello spam diventa sostenibile quando si ottiene lo 0,2 % di conversioni su ogni 100mila email inviate. Se questo immane sistema continua ad andare avanti, è perché alla fine funziona. I venditori piazzano i propri prodotti spesso illegali, gli spammer si fanno pagare per inviare messaggi dalle proprie reti botnet e le aziende che si occupano di sicurezza escogitano sistemi sempre nuovi per proteggere i propri clienti. Insomma, sono tutti contenti tranne chi si ritrova il computer infetto o la casella di posta invasa da messaggi indesiderati.
Da dove arriva lo spam?
Una ricerca condotta da Kaspersky, azienda di importanza mondiale nella lotta a virus e software maligni di ogni genere, ha cercato di analizzare da dove parte lo spam e i risultati danno la Cina come prima fonte con il 22,97% dello spam mondiale. Al secondo posto ci sono gli Stati Uniti con 17,63%, seguiti dalla Corea del Sud con il 12,67 %. Da questi tre Paesi proviene oltre la metà della posta spazzatura di tutto il pianeta. Se siamo curiosi di sapere dove si piazza l’Italia in questa strana classifica, bene: siamo all’undicesimo posto con un modesto 1,8 %. Ma in questo caso non primeggiare rappresenta una notizia certamente positiva.