7 Aprile 2015

Inversione contabile: altre aree dubbie della circolare 14/E

di Francesco ZuechGiovanni Valcarenghi
Scarica in PDF

L’emanazione della Circolare n. 14/E in tema di nuove ipotesi di inversione contabile dal 2015 presenta, oltre ad alcune conferme e chiarimenti, anche alcune perplessità, che cercheremo di dipanare in questa sede.

Una vicenda che ha fatto a lungo discutere è quella della prevalenza tra inversione contabile e lettera di intento; in sostanza, per fare solo un esempio, si pensi all’esportatore abituale che ha inviato (a fine 2014 o inizio 2015) la “canonica” lettera di intento alla propria impresa di pulizie.

Quest’ultimo soggetto, al momento della fatturazione, si trovava nell’imbarazzo di dover raccordare le due discipline, all’apparenza tra loro incongruenti.

Al riguardo, la Circolare 14 (paragrafo 9) precisa che: “In merito all’applicazione della disciplina relativa agli acquisti senza pagamento dell’imposta, di cui all’articolo 8, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 633 del 1972, si precisa che, qualora la lettera di intento inviata dall’esportatore abituale sia emessa con riferimento ad operazioni assoggettabili al meccanismo dell’inversione contabile, di cui all’articolo 17, comma 6, del medesimo DPR n. 633, relativamente a tali operazioni troverà applicazione la disciplina del reverse charge, che, attesa la finalità antifrode, costituisce la regola prioritaria.

Tali operazioni, pertanto, dovranno essere fatturate ai sensi dell’articolo 17, comma 6, del DPR n. 633 del 1972 e non ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera c), del medesimo DPR n. 633. Conseguentemente, per tali operazioni non potrà essere utilizzato il plafond”.

Nelle indicazioni di prassi, si rinvengono due messaggi:

  • il primo di natura tecnica, attestante la prevalenza dell’inversione rispetto alla lettera di intento;
  • il secondo, da natura “sistematica”, attestante l’impossibilità di utilizzare il plafond per le operazioni in reverse charge.

Sul primo punto condividiamo appieno la conclusione delle Entrate, per il semplice fatto che l’inversione contabile individua il soggetto tenuto ad assolvere l’obbligo di assoggettamento ad Iva della operazione, con la conseguenza che si tratta della prima analisi da svolgere per poter stabilire il corretto comportamento dei soggetti coinvolti nell’operazione.

Sul secondo punto, invece, qualcosa ci sfugge.

Infatti, se il soggetto chiamato ad assolvere gli obblighi Iva è il committente della prestazione (nel nostro caso l’esportatore abituale), si potrebbe immaginare che il medesimo sia tenuto ad integrare la fattura ricevuta in inversione contabile dall’impresa di pulizie in non imponibilità, proprio in forza della lettera di intento da lui emessa.

Non sarebbe la prima volta che si configurano operazioni non imponibili “autoriferite”, se solo si fa memoria di quanto accadde agli esordi del regime Iva intracomunitario, quando trovava applicazione il meccanismo del “decalage”. Allora, addirittura, si ebbe modo di affermare che la lettera di intento esplicava la propria efficacia anche senza la materiale produzione del documento, stante che il destinatario era un soggetto stabilito in altro Stato membro.

Quindi una efficacia “autoriferita” della lettera di intento non pare assolutamente nuova nel nostro panorama.

Allora, la possibile conclusione che a noi pareva più logica era quella di “accodarsi” a quanto già fatto in passato.

Prendiamo invece atto che le Entrate sostengono – in modo tranciante – che il plafond non può essere speso per le operazioni in inversione contabile.

La soluzione, alla luce di quanto sopra, non ci pare tecnicamente ineccepibile, anche se potremmo riscontrare che la medesima determina una situazione di maggiore speditezza operativa per gli operatori.

Infatti, potrebbe forse risultare più semplice aderire alla tesi del reverse, piuttosto che integrare documenti in non imponibilità sulla base di una lettera di intento emessa dal soggetto chiamato ad assolvere gli adempimenti Iva.

Consigliavamo noi stessi, infatti, di inserire nelle lettere di intento la dicitura “per tutte le operazioni, con esclusione di quelle in regime di inversione contabile”; si giungeva al medesimo risultato sia pure con maggiore tranquillità

La maggiore tranquillità, infatti, deriva dalla circostanza che il soggetto che riceve una lettera di intento “generica” ha l’obbligo di tenerne conto; ed allora, si potrebbe argomentare, tale obbligo potrebbe essere traslato sul soggetto chiamato ad adempiere gli obblighi Iva, per effetto del meccanismo della inversione contabile.

Tutto è bene quel che finisce bene, allora; la Circolare n. 14/E protegge da eventuali contestazioni, anche se un supplemento di riflessione potrebbe essere dovuto sulla particolare casistica in commento.

Chi, nei mesi scorsi, si è diversamente comportato, può fare tesoro del paragrafo 11 della Circolare, che introduce una clausola di salvaguardia per le operazioni trattate in modo differente rispetto a quello suggerito, sino alla data del 27.03.2015.

Peraltro, va osservato che non si esplicita la necessità di una correzione “postuma”, ma semplicemente si impone la non applicazione di sanzioni in caso di controllo.