Irap e utilizzo di lavoro altrui: le oscillazioni della Cassazione
di Federica Furlani
Leggendo l’ultima sentenza della Cassazione in materia di assoggettabilità Irap dei piccoli professionisti (sentenza 9790 del 7 maggio scorso) non si può non provare un senso di scoramento.
Anni di pronunce della Suprema Corte hanno portato ad un’unica certezza, ossia il fatto che presupposto per l’applicazione dell’Irap ai professionisti è l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla erogazione di servizi, ma rimane ancora “impossibile” trovare dei criteri “stabili” per capire quando sussista l’autonoma organizzazione.
Un passo in avanti nell’ottica della semplificazione speriamo arrivi con i decreti attuativi della legge delega della “Riforma fiscale” (Legge 11.3.2014, n. 23) che, all’art. 11 comma 2, prevede la necessità, con riferimento ai lavoratori autonomi e ai piccoli imprenditori, di fornire una “definizione di criteri oggettivi” al fine di chiarire il concetto di “autonoma organizzazione” ai fini IRAP.
In attesa di chiarimenti ufficiali, la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, con la sentenza 9790/2014, è ritornata al passato (alle sentenza pronunciate nell’Irap day 2007), dichiarando che il professionista che si avvale di un dipendente o di un collaboratore non occasionale è sempre tenuto al versamento dell’Irap, a prescindere dalla dimostrazione o meno del potenziamento dell’attività professionale del contribuente.
Con una precedente recente sentenza (n. 22020 del 25 settembre 2013), la Corte di Cassazione aveva invece sostenuto che la presenza di modeste spese per emolumenti a terzi non appare sufficiente per determinare l’automatica sottoposizione ad Irap del professionista; specie a fronte della pochezza di detti compensi che non superano le 400.000 lire mensili. Giova del resto sottolineare che la presenza di dipendenti non è di per sé elemento costitutivo della “autonoma organizzazione” bensì un elemento presuntivo da cui può essere dedotta la sussistenza della “autonoma organizzazione”.
Secondo questo orientamento sarebbe pertanto il surplus di attività agevolata dalla struttura organizzativa che coadiuva ed integra il professionista ad essere interessato dall’imposizione che colpisce l’incremento potenziale, realizzabile rispetto alla produttività auto organizzata del solo lavoro personale.
La Corte nel 2013 concludeva asserendo “che la sottoposizione a tassazione aggiuntiva di chi assume un dipendente anche quando tale dipendente non determini un qualche significativo aumento del reddito (si pensi al sostituto di un medico) e quindi manchi il presupposto giuridico dell’Irap, costituirebbe una sorta di sanzione che scoraggerebbe l’assunzione di dipendente”.
Diversa la posizione della Cassazione con la sentenza 9790, che si è occupata del ricorso presentato da un consulente aziendale avverso il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle Entrate sull’istanza di rimborso Irap versato per gli anni 2003-2004.
Contro la decisione dei giudici di prime cure, la CTR di Milano aveva ritenuto che l’impiego di lavoro dipendente o autonomo cui aveva fatto ricorso il contribuente non era decisivo ai fini della decisione circa la sussistenza o meno dell’autonoma organizzazione, dovendo farsi luogo ad una valutazione complessiva di tutti i fattori impiegati dal professionista.
Ribaltando tale posizione, la Cassazione ha invece ritenuto che l’impiego non occasionale di lavoro altrui deve ritenersi integrativo del requisito dell’autonoma organizzazione.
Quando ricorra l’impiego non occasionale di lavoro altrui si è necessariamente, a giudizio della Corte, in presenza di “una struttura organizzativa avente rilevanza esterna e che richiede un’attività di coordinamento dei diversi fattori produttivi da parte del professionista, sì da assorbire e rendere superfluo la valutazione complessiva degli altri fattori e del valore dei beni strumentali complessivamente impiegati”.
Insomma, le idee non sono certo chiare ed in uno scenario di questo tipo decidere per questi contribuenti quando assoggettarli o meno al tributo appare una scommessa dagli esiti assai incerti.