Irap esclusa per il medico che si avvale di un dipendente e di sostituti
di Alessandro CarlesimoLa soggettività ai fini del tributo regionale di quei contribuenti privi di una connotazione imprenditoriale è delineata da una serie di arresti giurisprudenziali che hanno via via stabilito le condizioni necessarie affinché sia soddisfatto il requisito dell’autonoma organizzazione previsto all’articolo 2 D.Lgs. 446/1997.
Si ricorda che, in base alla suddetta norma, il presupposto dell’Irap risiede nell’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni o servizi.
Più in dettaglio, l’autonoma organizzazione ricorre quando, congiuntamente:
- il contribuente sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili all’altrui responsabilità ed interesse (Cassazione, sentenza n. 7523/2017);
- il contribuente impieghi beni strumentali eccedenti l’“id plerumque accidit” (minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione), oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (Cassazione, sentenza n. 9451/2016).
Inoltre, secondo quanto enunciato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 156/2001, la struttura organizzativa concretamente adottata deve essere idonea a generare valore aggiunto, da intendersi quale nuova ricchezza che viene, mediante l’Irap, assoggettata ad imposizione prima ancora di essere distribuita al fine di remunerare i diversi fattori della produzione.
Soffermandosi sul fattore lavoro, occorre tenere presente che il carattere di occasionalità del lavoro altrui viene meno quando il personale impiegato ecceda la soglia di un collaboratore con mansioni meramente esecutive. L’apporto del personale assunto deve essere dunque significativo sia in termini quantitativi che in termini qualitativi.
Tale impostazione è frutto di un’assidua elaborazione giurisprudenziale che sembra aver definitivamente accantonato l’interpretazione secondo cui la presenza anche di un solo dipendente part-time possa costituire un indicatore tale da determinare l’insorgenza del presupposto d’imposta (Cassazione, sentenza n. 3676/2007).
Sotto l’aspetto qualitativo, sono stati aggiunti ulteriori tasselli al mosaico: è stato infatti ulteriormente definito il tratto sostanziale dell’attività del collaboratore impiegato dal professionista ai fini della ricorrenza del presupposto organizzativo (Corte di Cassazione, ordinanza n. 26654/2017).
Ebbene, in un recentissimo intervento (Cassazione, ordinanza n. 26197/2020), gli Ermellini sono tornati ad affrontare la questione con riferimento ad una disputa che traeva origine dal rigetto della domanda di rimborso dell’Irap relativa agli anni 2004, 2005 e 2006, formulata da un medico convenzionato con il ssn, il quale si avvaleva della presenza di un dipendente part time e di altri sostituti chiamati, in via saltuaria, a fare le veci di quest’ultimo in caso di sua assenza.
L’istante, nelle more del giudizio, rimarcava il carattere esecutivo dell’attività realizzata dal dipendente, il quale era perlopiù impiegato in compiti segretariali in rapporto di accessorietà rispetto ai servizi medici prestati dal professionista.
Tenuto conto dei mezzi adottati dal medico in rapporto all’attività professionale esercitata, il collegio ha ritenuto insussistente il requisito dell’autonoma organizzazione, riconoscendo il diritto alla ripetizione dell’imposta indebitamente versata.
Nell’occasione è stato precisato che le mansioni assegnate al collaboratore integrino il presupposto impositivo laddove si pongano in stretta correlazione con l’oggetto dei servizi prestati dal professionista, combinandosi con “il proprium della specifica professionalità espressa nella attività diretta allo scambio di beni e di servizi, di cui fa discorso l’articolo 2, d.lgs. n. 446 del 1997 e ciò vale tanto per il professionista che per l’esercente l’arte, come, più in generale, per il lavoratore autonomo ovvero per le figure di confine individuate nel corso degli anni dalla giurisprudenza”.
Suddetto orientamento richiede un approccio atto ad appurare tanto la presenza di risorse umane inserite nell’organico, quanto la natura propria della prestazione realizzata dal dipendente o dal collaboratore, la quale deve fornire un contributo apprezzabile in termini potenziamento della capacità di produrre reddito afferente alla specifica attività (Cassazione, n. 1723/2018). Ciò, evidentemente, non avviene qualora il professionista che si avvalga di un lavoratore subordinato con compiti non direttamente funzionali all’erogazione del servizio oggetto della propria attività.
Peraltro, si rileva che la presenza di sostituti non è stata ritenuta sufficiente ad accrescere la redditività dell’attività, essendo in realtà funzionale ad assicurare la continuità del presidio medico sotteso al contratto di convenzione.
Infine, si segnala che il comma 2-bis, articolo 2, D.Lgs. 446/1997, con particolare riferimento al livello di organizzazione minimo indispensabile nel campo della medicina convenzionata, ha disposto che “l’esistenza dell’autonoma organizzazione è comunque configurabile in presenza di elementi che superano lo standard e i parametri previsti dalla convenzione con il Servizio sanitario nazionale”.