16 Luglio 2018

Irap non dovuta sui compensi da amministratore e sindaco

di Andrea CaboniGianluca Cristofori
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Nel corso degli ultimi anni si è sviluppato un intenso dibattito giurisprudenziale sul tema della sussistenza (o meno) del presupposto dell’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata, che costituisce requisito necessario per l’applicazione dell’Irap ai sensi dell’articolo 2 D.Lgs. 446/1997, anche con riguardo ai compensi percepiti dal dottore commercialista relativamente alle attività di amministratore e sindaco.

Secondo l’orientamento largamente prevalente della Corte di Cassazione, deve infatti escludersi da imposizione ai fini dell’Irap la quota di base imponibile che un lavoratore autonomo, abitualmente esercente una professione intellettuale, consegue senza avvalersi di un’autonoma organizzazione.

In applicazione di tale principio, quindi, è stato stabilito che i compensi derivanti dall’esercizio degli uffici di amministratore e sindaco di società non siano da assoggettare a Irap ove il professionista svolga tali attività senza ricorrere a un’autonoma struttura organizzativa.

Da ultimo, in linea con l’orientamento giurisprudenziale prevalente, la Suprema Corte, con l’ordinanza n. 12052/2018, ha affermato che “il dottore commercialista che svolga anche attività di sindaco e revisore di società non soggiace ad Irap per il reddito netto di tali attività, in quanto soggetta ad imposizione è unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata (Cass. 16372/2017 Rv. 644928), fermo l’onere del contribuente di provare la separatezza dei redditi di cui predica lo scorporo (Cass. 3434/2012 Rv. 621930); nella specie, come può evincersi dal ricorso autosufficiente, fin dal primo grado il professionista ha chiesto di scorporare i proventi per attività di sindaco e revisore di società, lezioni e diritti d’autore, consulenze tecniche d’ufficio e di parte, sicchè il giudice d’appello, riferendo il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione anche a tali redditi senza alcun vaglio specifico, ha violato i superiori principi di diritto”.

L’Agenzia delle Entrate ritiene invece (come chiarito nella risoluzione AdE 78/E/2009) che “la sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’Irap va verificata in relazione al complesso dell’attività svolta dal professionista. Non è possibile quindi considerare isolatamente le diverse categorie di compensi e verificare l’esistenza dei requisiti per l’imposizione Irap (primo fra tutti l’organizzazione) separatamente per ognuna delle predette categorie. I compensi derivanti dall’attività di collaborazione, in virtù della connessione con l’attività di lavoro autonomo, confluiscono infatti indistintamente nel complesso del reddito professionale di cui all’articolo 53, comma 1, del Tuir, da assoggettare ad Irap”.

In occasione del succitato ultimo arresto, la Corte di Cassazione non ha, in definitiva, affermato che i redditi derivanti dall’attività di amministratore e sindaco siano tout court esclusi da Irap, ammettendone bensì l’esclusione solo alle seguenti condizioni:

  1. che vi sia la concreta possibilità di scorporare i compensi derivanti dall’attività di amministratore e sindaco da quelli relativi alle altre attività svolte;
  2. che vi sia la prova dell’espletamento di tali attività senza aver fatto ricorso a un’autonoma struttura organizzativa, magari presente, ma asservita alle sole altre attività professionali esercitate.

Ne deriva che, per i professionisti, non è sempre agevole fornire la prova concreta di aver eseguito le attività in esame senza fare alcun ricorso all’autonoma struttura organizzativa asservita all’esercizio delle proprie altre attività professionali, tant’è che, in talune pronunce, la Corte di Cassazione (cfr., ex multis, ordinanze n. 14790/2018, n. 24519/2016, n. 23373/2016) ha anche affermato che “è legittimo il diniego del rimborso di imposta al dottore commercialista che, in presenza di autonoma organizzazione ed espletando congiuntamente anche gli incarichi connessi di sindaco, amministratore di società e consulente tecnico, svolga sostanzialmente un’attività unitaria, nella quale siano coinvolte conoscenze tecniche direttamente collegate all’esercizio della professione nel suo complesso, allorché non sia possibile scorporare le diverse categorie di compensi eventualmente conseguiti e di verificare l’esistenza dei requisiti impositivi per ciascuno dei settori in esame”, per mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte sua (Cass. n. 3434/12)”.

Il reddito professionale