Irrilevanti, ai fini Iva, le rettifiche transfer price
di Marco BargagliLa normativa sostanziale di riferimento in ambito transfer price è contenuta, a livello domestico, nell’articolo 110, comma 7, Tuir e, in ambito internazionale, nelle linee guida dell’Ocse sui prezzi di trasferimento per le imprese multinazionali e le amministrazioni fiscali, nella versione approvata nel mese di luglio 2017.
In merito, per determinare la congruità dei prezzi di trasferimento praticati negli scambi di beni o servizi infragruppo occorre fare riferimento al noto “principio di libera concorrenza” (c.d. arm’s length principle), enunciato nell’articolo 9 del Modello di Convenzione fiscale dell’Ocse, il quale prevede che: “nel caso in cui le due imprese, nelle loro relazioni commerciali o finanziarie, siano vincolate da condizioni, convenute o imposte, diverse da quelle che sarebbero state convenute tra imprese indipendenti, gli utili che, in mancanza di tali condizioni, sarebbero stati realizzati da una delle imprese, ma che, a causa di dette condizioni, non sono stati realizzati, possono essere inclusi negli utili di questa impresa e tassati di conseguenza”.
La normativa sui prezzi di trasferimento riguarda essenzialmente il comparto impositivo Ires ed Irap, mentre generalmente non assume rilevanza ai fini dell’Iva.
In merito, nella risposta all’interpello n. 60/2018, pubblicata in data 2 novembre 2018, l’Agenzia delle entrate, Direzione Centrale grandi contribuenti, ha chiarito che gli aggiustamenti periodici riconosciuti da una società a favore di una consociata, al fine di adeguare i prezzi di trasferimento infragruppo rispetto al principio di libera concorrenza, sono irrilevanti ai fini Iva in quanto non hanno natura di corrispettivo (ex articolo 3 D.P.R. n. 633/1972).
L’Amministrazione finanziaria è stata chiamata ad esprimersi su un caso riguardante una società (Alfa) appartenente ad un Gruppo multinazionale che sta implementando un nuovo piano di sviluppo integrato, volto alla realizzazione congiunta di prodotti e di piattaforme necessarie alla produzione e alla commercializzazione di beni con un determinato marchio (X), di proprietà della società extracomunitaria Beta. Quest’ultima, in qualità di “Principal”:
- assume tutti i rischi connessi alla produzione e alla commercializzazione dei beni;
- concede il marchio ed il know-how in uso gratuito alle consociate impegnate nella produzione e nella commercializzazione dei beni.
La società interpellante ha rappresentato di avere stipulato, con la società Beta, un contratto infragruppo obbligandosi ad operare come “contract assembler” ai fini della realizzazione dei prodotti a marchio X. A tal fine, la stessa società Alfa concede in uso le attrezzature di sua proprietà nei confronti di Gamma, società di diritto italiano che opera in qualità di “contract manufacturer”). In merito, la filiera commerciale e produttiva è organizzata sulla base delle seguenti direttrici:
- Alfa assume il compito di coordinare tutti i fattori produttivi relativi alla produzione dei beni, nonché quelli relativi alla commercializzazione degli stessi, mediante la rete distributiva del Gruppo, gestendo altresì le attività di logistica e di controllo della qualità, nell’interesse della società Beta;
- i beni prodotti dalla società Gamma vengono acquistati dalla società Alfa ad un prezzo in linea con la politica adottata dal Gruppo in tema di prezzi di trasferimento, sulla base del principio OCSE di libera concorrenza;
- gli stessi beni sono poi commercializzati, per il tramite della società Beta, nel mercato Nordamericano e del Resto del Mondo nonché, per il tramite della società Delta, nei mercati europeo, mediorientale ed africano.
In merito nell’interpello viene evidenziato che, qualora la marginalità consuntivata dalla società interpellante (Alfa) in un determinato anno “ricada al di fuori dell’intervallo interquartile di riferimento”, vengono effettuati specifici “aggiustamenti” (“adjustments“) che consentono alla società di rimanere all’interno dell’intervallo di libera concorrenza.
In tale contesto, la società Beta s’impegna a riconoscere, ove necessario, l’erogazione di un contributo a favore della società Alfa nel caso in cui quest’ultima realizzi perdite operative, derivanti dalle attività svolte e dagli ingenti costi sostenuti per l’acquisto di attrezzature impiegate nel ciclo produttivo, riallineando così la marginalità dell’impresa.
Ciò posto, la Società interpellante ha richiesto di chiarire se l’erogazione del predetto contributo infragruppo, determinato ai sensi della normativa in tema prezzi di trasferimento ex articolo 110, comma 7, Tuir, possa considerarsi o meno rilevante ai fini Iva alla stregua di una normale prestazione di servizio ex articolo 3 D.P.R. 633/1972.
L’Agenzia delle entrate ha confermato che, nel caso di specie, non si ravvisa alcun vincolo di corrispettività tra i contributi erogati dalla società Beta a favore della società Alfa ed alcuna obbligazione di fare, non fare o permettere da parte di quest’ultima. Tali contributi, infatti, hanno solo la finalità di ripianare le perdite operative realizzate dalla società Alfa e di permettere a quest’ultima di raggiungere il livello minimo di marginalità e di profittabilità stabilito dalle politiche sui prezzi di trasferimento infragruppo.
In merito l’Agenzia delle entrate, richiamando la normativa e la giurisprudenza comunitaria di riferimento ha ritenuto che “il pagamento del contributo/aggiustamento da parte di Beta ad Alfa non costituisca una remunerazione per una specifica prestazione, da assoggettare autonomamente ad Iva, ex articolo 3 del DPR n. 633 del 1972, non ravvisandosi in capo ad Alfa altra obbligazione al di fuori di quelle elencate nell’articolo 2 dell’Accordo, già remunerate con il prezzo relativo alla compravendita dei beni X tra le medesime società”.
Una volta esclusa la configurabilità di un’autonoma prestazione di servizi imponibile Iva, l’Agenzia delle entrate ha altresì verificato se le somme versate possano essere considerate come variazioni (in aumento o in diminuzione) dei corrispettivi relativi alle cessioni di beni X e, pertanto, della base imponibile Iva delle transazioni effettuate tra le società Alfa e Beta.
Nello specifico, per verificare se i contributi/aggiustamenti in esame configurino una variazione in aumento o in diminuzione della base imponibile delle cessioni di beni X previamente effettuate tra le parti, occorre appurare l’esistenza di un collegamento diretto tra le medesime somme e le predette cessioni. Anche in tale circostanza, richiamando il contenuto del documento di lavoro della Commissione europea del 28 febbraio 2017 [Working paper n. 923, taxud. c.1(2016)1280928], l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che affinché gli adjustments operati ai fini del transfer pricing possano incidere sulla determinazione della base imponibile dell’Iva, aumentando o diminuendo il corrispettivo di vendita del bene o di prestazione del servizio, è necessario che:
- vi sia un corrispettivo, ossia una regolazione monetaria o in natura per tale aggiustamento;
- siano individuate le cessioni di beni o forniture di servizi cui il corrispettivo si riferisce;
- sia presente un legame diretto tra le cessioni di beni o forniture di servizi e il corrispettivo.
In buona sostanza, conclude l’Agenzia, “dall’Accordo tra Alfa e Beta non sembra ricavarsi un legame diretto tra i predetti contributi/aggiustamenti corrisposti tra le parti e le singole cessioni di beni X effettuate tra le medesime. Conseguentemente, gli importi di cui trattasi devono intendersi, in linea di principio, non rilevanti ai fini Iva e, pertanto, non possono essere considerati come variazioni in aumento o in diminuzione della base imponibile delle medesime transazioni”.
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