22 Giugno 2018

Iscrizione all’albo: è ancora obbligatoria per la consulenza fiscale?

di Marco Bargagli
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Negli ultimi anni si è alimentato un profondo dibattito tra gli addetti ai lavori, concernente l’esatta individuazione dei soggetti abilitati ad esercitare l’attività di consulenza fiscale e assistenza del contribuente.

In particolare, la vexata quaestio ha acceso aspre polemiche tra coloro che ritengono che la predetta attività possa essere svolta solo dagli iscritti ad appositi albi professionali (es. avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro etc.) rispetto ad altri che, in linea con i principi di derivazione comunitaria, auspicano la piena liberalizzazione delle professioni, ivi compresa l’assistenza giuridica in campo legale e tributario.

Sullo specifico punto, una prima significativa svolta si è avuta con l’introduzione nel nostro ordinamento della Legge 4/2013, recante disposizioni in materia di professioni non organizzate, in vigore dal 10.02.2013.

Ai sensi dell’articolo 7 L. 4/2013, al fine di tutelare i consumatori e di garantire la trasparenza del mercato dei servizi professionali, le associazioni professionali (tra cui, ad esempio, le associazioni nazionali dei tributaristi, che non prevedono l’inserimento dei loro componenti in appositi albi professionali) possono rilasciare ai propri iscritti, dopo avere esperito le necessarie verifiche e sotto la responsabilità del proprio rappresentante legale, un’attestazione relativa:

  • alla regolare iscrizione del professionista all’associazione;
  • ai requisiti necessari alla partecipazione all’associazione stessa;
  • agli standard qualitativi e di qualificazione professionale che gli iscritti sono tenuti a rispettare nell’esercizio dell’attività professionale ai fini del mantenimento dell’iscrizione all’associazione;
  • all’eventuale possesso della polizza assicurativa per la responsabilità professionale stipulata dal professionista;
  • all’eventuale possesso, da parte del professionista iscritto, di una certificazione rilasciata da un organismo accreditato relativa alla conformità alla “norma tecnica UNI”.

Successivamente, con il D.L. 193/2016 (c.d. decreto fiscale), il legislatore ha novellato l’articolo 63, comma 2, D.P.R. 600/1973 estendendo la rappresentanza e assistenza dei contribuenti anche ai professionisti di cui alla norma UNI 1151, certificati e qualificati ai sensi della L. 4/2013.

In particolare, per espressa disposizione normativa, presso gli uffici finanziari il contribuente può farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, previo rilascio di una procura che deve essere conferita per iscritto con firma autenticata.

Tuttavia, è prevista una deroga a tale previsione che consente a determinati soggetti di autenticare direttamente la procura che, conseguentemente, conferirà al professionista la possibilità di rappresentare direttamente il contribuente presso gli uffici dell’Amministrazione finanziaria.

In particolare, quando la procura viene conferita:

  • a persone iscritte in albi professionali;
  • a soggetti iscritti nei ruoli dei periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o di diploma di ragioneria;
  • ai professionisti di cui alla “norma UNI 11511” certificati e qualificati ai sensi della L. 4/2013,

è loro concessa la facoltà di autenticare direttamente la sottoscrizione rilasciata dal proprio assistito.

Con riferimento alla possibilità di svolgere attività di consulenza fiscale anche da parte di soggetti non iscritti ad appositi albi professionali, si è recentemente espressa la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13342 del 28.05.2018.

In particolare, in sede di legittimità, la suprema Corte è stata chiamata a valutare se ricorre o meno la nullità dell’incarico professionale nella particolare ipotesi in cui la prestazione espletata dal professionista rientri in quelle attività che sono riservate in via esclusiva a una determinata categoria professionale, essendo l’esercizio della professione subordinato, per legge, all’iscrizione in apposito albo o ad abilitazione.

Tale accertamento, sulla base dei principi elaborati dalla Corte Costituzionale (Corte Costituzionale, sentenza n. 418/1996) deve tener conto del fatto che al di fuori delle attività comportanti prestazioni che possono essere fornite solo da soggetti iscritti ad albi o provvisti di specifica abilitazione, per tutte le altre attività di professione intellettuale o per tutte le altre prestazioni di assistenza o consulenza vige il principio generale di libertà di lavoro autonomo o di libertà di impresa di servizi a seconda del contenuto delle prestazioni e della relativa organizzazione (sul punto si vedano anche le precedenti sentenze Cass. n. 14085/2010; n. 15530/2008; n. 12840/2006).

Nello specifico, le materie commerciali, economiche, finanziarie e di ragioneria, le prestazioni di assistenza o consulenza aziendale non sono riservate in via esclusiva ai dottori commercialisti, ai ragionieri e ai periti commerciali, non rientrando fra le attività che possono essere svolte esclusivamente da soggetti iscritti ad apposito albo professionale o provvisti di specifica abilitazione.

Sul punto, il giudice di merito non ha effettuato un accertamento circa l’effettiva natura della prestazione effettuata, limitandosi ad affermare che l’attività espletata dalla ricorrente rientrava nelle attribuzioni dei professionisti intellettuali iscritti ad apposito albo.

In definitiva, gli ermellini hanno confermato che le prestazioni di consulenza fiscale consistenti nella tenuta di scritture contabili, redazione di modelli Iva o per la dichiarazione dei redditi, nonché l’effettuazione di altri incarichi demandati al consulente (es. l’effettuazione dei conteggi ai fini Irap ed Ici, la richiesta di certificati o presentazione di domande presso le camere di commercio), non sono riservate in via esclusiva ai dottori e ragionieri commercialisti e esperti contabili.

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