Iva e caparra confirmatoria
di Luigi FerrajoliCon la recente ordinanza n. 3736/2019 la Corte di Cassazione è tornata a trattare il tema delle differenti conseguenze che si producono nel campo dell’Iva a seconda che la corresponsione di somme legate a contratti preliminari vengano qualificate come acconti sul prezzo o caparre confirmatorie.
La Corte ribadisce il principio per cui “in tema di Iva, il versamento di una caparra confirmatoria a corredo di un preliminare di vendita, rimasto inadempiuto, non determina l’insorgenza del presupposto impositivo, in quanto assolve una funzione di risarcimento forfettario del danno e non di anticipazione del corrispettivo”.
Nel caso oggetto della decisione della Suprema Corte una società aveva impugnato un avviso di accertamento nel quale l’Ufficio contestava il mancato assoggettamento ad Iva di somme riqualificate come acconti, anziché come caparra confirmatoria, a seguito della stipulazione di un contratto preliminare di compravendita rimasto inadempiuto.
Sia in primo che in secondo grado la pretesa erariale veniva annullata dai Giudici in quanto, da un lato, il tenore letterale del contratto preliminare non lasciava margini interpretativi circa la natura di caparra delle somme versate, e, dall’altro lato, la circostanza che la caparra versata corrispondesse ad una percentuale assai rilevante del prezzo di vendita pattuito (63% del prezzo) non era sufficiente a superare la volontà chiaramente espressa dalle parti in sede contrattuale, atteso che, ai sensi dell’articolo 1385 cod. civ., l’importo della caparra confirmatoria non è soggetto ad alcun limite ed è rimesso alla volontà contrattuale delle parti.
Il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate sulla base di una errata qualificazione del contratto preliminare da parte della Commissione Tributaria Regionale è rigettato dalla Corte di cassazione, la quale chiarisce che la qualificazione del contratto è subordinata all’esatta ricognizione della volontà delle parti.
I contratti preliminari determinano l’insorgere dell’obbligo di fare, ossia della prestazione del consenso per la stipulazione del definitivo; se l’obbligo discende dal contratto preliminare e non dal versamento della caparra, il versamento della caparra non può essere considerato come corrispettivo della stipulazione del definitivo.
Infatti, la Corte di Cassazione chiarisce che la caparra confirmatoria risponde ad autonome funzioni:
- “oltre a costituire, in generale, indizio della conclusione del contratto cui accede, incita le parti a darvi esecuzione, considerato che colui che l’ha versta potrà perdere la relativa somma e la controparte potrà essere, eventualmente, tenuta a restituire il doppio di quanto ricevuto in caso di inadempimento ad essa imputabile;
- inoltre, può svolgere funzione di anticipazione del prezzo, nel caso di regolare esecuzione del contratto preliminare, costituendo, invece, un risarcimento forfettario in caso di inadempimento di questo, poiché il suo versamento dispensa dalla prova del quantum del danno subito in caso di inadempimento della controparte, salva la facoltà di richiedere il risarcimento del maggior danno”.
Pertanto, nell’ipotesi di regolare adempimento del contratto preliminare, la caparra è imputata sul prezzo dei beni oggetto del contratto definitivo, assoggettabili ad Iva, andando ad incidere sulla relativa base imponibile e, prima ancora, ad integrare il presupposto impositivo dell’imposta; nell’ipotesi di inadempimento, si determina il trattenimento della caparra che serve a risarcire il promittente venditore.
Un tale risarcimento non costituisce il corrispettivo di una prestazione e, per conseguenza, non fa parte della base imponibile dell’Iva; in tale senso anche la Corte di Giustizia UE nella sentenza 18 luglio 2007 causa C-277/05.
Non è quindi applicabile l’indirizzo della Corte di Cassazione secondo il quale la stipulazione del contratto preliminare di compravendita di un immobile, accompagnata dal versamento anticipato del corrispettivo, è sufficiente a realizzare il presupposto dell’imposizione Iva nei limiti dell’importo fatturato o pagato.
Le pattuizioni di caparre, infatti, sono contratti autonomi, in tale maniera distinguendosi dai versamenti di acconti, che costituiscono soltanto anticipazioni del prezzo e, quindi, adempimenti parziali anticipati delle future cessioni, rilevanti ai fini del suddetto presupposto d’imposizione.
Ovviamente, il pagamento di somme di denaro (o la dazione di cose fungibili) eseguito a titolo di caparra confirmatoria di un contratto di compravendita di bene immobile, è oggetto di fatturazione solo nella misura in cui tali somme (o cose fungibili) siano destinate ad anticipazione del prezzo per l’acquisto del bene, per volontà delle parti, accertabile dal giudice di merito in base ad elementi intrinseci ed estrinseci del contratto.