IVA sul “margine” per i ricambi derivanti dalla demolizione di veicoli
di Marco PeiroloI pezzi di ricambio derivanti dalla demolizione dei mezzi di trasporto costituiscono “beni d’occasione” che, se acquistati presso privati o soggetti passivi IVA ad essi assimilati, beneficiano del regime del margine in sede di rivendita.
Ad affermarlo è l’Avvocato generale presso la Corte di giustizia nelle conclusioni presentate il 22 settembre 2016 in merito alla causa C-471/15 (Sjelle Autogenbrug), avente per oggetto l’interpretazione dell’articolo 311, par. 1, punto 1), della Direttiva n. 2006/112/CE, che definisce i beni d’occasione come “i beni mobili materiali, suscettibili di reimpiego, nello stato originario o previa riparazione, diversi dagli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione e non costituiti da metalli preziosi o pietre preziose come definiti dagli Stati membri”.
Il dubbio è stato sollevato perché:
- da un lato, l’inciso “nello stato originario”, utilizzato nella disposizione in esame, implica che, per poter essere considerato “bene d’occasione”, un bene deve conservare la propria identità, ciò che non accadrebbe nel caso dei pezzi di ricambio, in quanto il rivenditore acquista un veicolo intero;
- dall’altro, anche se i predetti pezzi di ricambio fossero qualificabili come “beni d’occasione” non sarebbe possibile applicare il regime del margine, dato che il prezzo di acquisto di tali pezzi di ricambio non può essere determinato con esattezza.
Nell’analisi compiuta dall’Avvocato generale viene, innanzi tutto, osservato che il bene, per qualificarsi come d’occasione, deve conservare le caratteristiche possedute originariamente, siccome il citato articolo 311, par. 1, punto 1), della Direttiva dispone espressamente che il reimpiego del bene può avere luogo senza che sia necessario effettuare alcuna riparazione.
I pezzi di ricambio e i componenti dei mezzi di trasporto fuori uso, nei limiti in cui conservano le caratteristiche iniziali, saranno reimpiegati per gli stessi fini per cui erano stati originariamente concepiti, per cui soddisfano i requisiti richiesti per essere qualificati come “beni d’occasione”.
In merito alla possibilità di applicare il regime del margine in sede di rivendita, occorre ricordare che l’articolo 315 della Direttiva stabilisce che “la base imponibile delle cessioni di beni di cui all’articolo 314 [vale a dire di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato] è costituita dal margine realizzato dal soggetto passivo-rivenditore, diminuito dell’importo dell’IVA relativa al margine stesso”. La norma prosegue precisando che “il margine del soggetto passivo-rivenditore è pari alla differenza tra il prezzo di vendita chiesto dal soggetto passivo-rivenditore per il bene e il prezzo di acquisto”.
Ad avviso dei Governi danese e greco, la complessità dell’operazione effettuata al momento della demolizione (non solo prelievo, ma anche disinquinamento, trattamento dei rifiuti, ecc.) rende impossibile determinare il prezzo di acquisto delle parti di ricambio. Il Governo danese ritiene, in particolare, che, in tale contesto, consentire l’applicazione del regime speciale comporterebbe un rischio di abuso o di elusione considerato che il rivenditore avrebbe la possibilità di concordare i prezzi di acquisto in maniera tale da ottenere un margine il più basso possibile e, quindi, di ottenere un vantaggio in termini di IVA.
Tale tesi non è condivisa dall’Avvocato generale, secondo il quale l’applicazione del regime speciale è inevitabile una volta che il bene sia qualificato come d’occasione, tant’è che l’articolo 313, par. 1, della Direttiva dispone che “gli Stati membri applicano alle cessioni di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato, effettuate da soggetti passivi-rivenditori un regime speciale d’imposizione del margine realizzato dal soggetto passivo-rivenditore (…)”.
In pratica, l’utilizzo dell’indicativo presente non lascia alcun margine di discrezionalità allo Stato membro interessato riguardo all’applicazione del regime del margine e, del resto, quest’ultimo è conforme all’obiettivo di garantire la neutralità dell’imposta, evitando, sia la doppia imposizione dello stesso bene, sia la distorsione della concorrenza tra gli operatori economici nel settore dei beni d’occasione.
Sotto il primo profilo, l’obiettivo di evitare i fenomeni di doppia imposizione risulterebbe compromesso se i beni d’occasione come i pezzi di ricambio non potessero beneficiare del regime speciale. I suddetti pezzi di ricambio, infatti, sebbene facenti inizialmente parte di un unico bene, sono stati assoggettati ad imposta al momento in cui il mezzo di trasporto è stato acquistato dal soggetto privato, senza che né quest’ultimo, né il rivenditore l’abbiano potuto portarla in detrazione.
Sotto il secondo profilo, tenuto conto che sui beni/servizi dello stesso tipo dovrebbe gravare lo stesso carico fiscale a prescindere dalla lunghezza del circuito produttivo e distributivo, pare evidente che negando l’applicazione del regime del margine alla rivendita di pezzi di ricambio si determinerebbe una distorsione della concorrenza sul mercato dei beni in esame a danno degli operatori che vendono i pezzi di ricambio derivanti dalla demolizione dei mezzi di trasporto. Tali imprese, infatti, finirebbero per praticare prezzi di vendita più elevati di quelli applicati dai concorrenti che beneficiano del regime speciale, con una conseguente perdita di competitività, salvo rinunciare ad una parte del proprio fatturato.
Da ultimo, è utile confrontare le conclusioni raggiunte dall’Avvocato generale con la disciplina nazionale del regime in questione.
Fermo restando che anche nella normativa interna è previsto che il regime del margine si applica al commercio di beni mobili usati, suscettibili di reimpiego nello stato originario o previa riparazione, nonché degli oggetti d’arte, degli oggetti d’antiquariato e da collezione, acquistati presso privati o soggetti ad essi assimilati, è dato però osservare che i pezzi di ricambio o componenti derivanti dalla demolizione di mezzi di trasporto o di apparecchiature elettromeccaniche sono considerati come “beni usati”, con applicazione del metodo forfetario di determinazione del margine, ex articolo 36, comma 5, lett. b-ter), del D.L. n. 41/1995 (salvo opzione per il metodo analitico).
Ciò che, invece, non costituisce pezzo di ricambio o componente rientrante nella definizione di “bene usato”, se rivenduto, va assoggettato al regime previsto per i rottami, ai sensi dell’articolo 74, commi 7 e 8, del D.P.R. n. 633/1972, quale meccanismo alternativo a quello del margine.
Nell’attesa della pronuncia della Corte di giustizia, le indicazioni dell’Avvocato generale confermano, pertanto, la legittimità della disciplina italiana in materia.
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