IVA, tra certezza del diritto e neutralità dell’imposta
di Claudia BuscaDavide De GiorgiCome è noto, ai sensi dell’articolo 193 della direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, il debitore o soggetto passivo Iva è colui che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi.
Tale generale paradigma viene sovvertito in caso di effettuazione di operazioni “intra-unionali” in quanto sottoposte al regime alternativo dell’inversione contabile, “reverse charge c.d. esterno”.
Con il meccanismo dell’inversione contabile, la responsabilità del “versamento” Iva viene trasferita in capo al destinatario della cessione di beni o della prestazione di servizi, mentre la successiva detrazione (finalizzata a neutralizzare l’imposta a debito per il tramite del meccanismo compensativo) è oggetto di una facoltà, che il contribuente può (deve) esercitare nei limiti e nelle forme previste ex articolo 19 D.P.R. 633/1972.
Da ciò consegue che l’omessa registrazione dell’operazione intra-unionale nel termine previsto per l’esercizio del diritto alla detrazione (e cioè, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto) può comportare il recupero dell’imposta a debito che non può più essere “compensata” con la posta a credito, stante l’intervenuto termine di decadenza.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14767/2015, abbracciando l’orientamento europeo maggioritario, rammenta che la Corte di giustizia, con la sentenza 8 maggio 2008 (procedimenti riuniti C‑95/07 e C‑96/07), c.d. Ecotrade, ha già stabilito “la validità e la compatibilità con la direttiva di un termine di decadenza stabilito dalla legislazione nazionale per l’esercizio del diritto di detrazione, affermando testualmente che «un termine di decadenza biennale, quale quello di cui trattasi nelle cause principali, non può, di per se stesso, rendere l’esercizio del diritto a detrazione praticamente impossibile o eccessivamente difficile, posto che l’art. 18, n. 2, della sesta direttiva consente agli Stati membri di esigere che il soggetto passivo eserciti il proprio diritto a detrazione nello stesso periodo in cui tale diritto è sorto» (punto 48)”.
In punto di diritto viene chiarito che “[…] in base all’art. 18, n. 2, della sesta direttiva ed alla costante giurisprudenza comunitaria, il diritto a detrazione va esercitato, in linea di principio, immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte, cioè nello stesso periodo in cui è insorto, ma gli Stati membri, in base al n. 3 dello stesso art. 18, possono autorizzare il soggetto passivo ad operare la detrazione anche successivamente, alle condizioni fissate dalle normative nazionali, come, per l’Italia, nel termine di decadenza biennale di cui al citato art. 19 del DPR n. 633 del 1972 (sentenza citata, punti 40, 41, 42, 43, 46)”.
Tra le varie argomentazioni giuridiche a supporto, gli ermellini fanno leva anche sulla sentenza Idexx Laboratoires Italia (Corte di Giustizia, 11 dicembre 2014, causa C-590/13), in quanto, si pone sulla medesima linea della precedente giurisprudenza europea.
Ribadisce infatti la Suprema Corte che “la possibilità di esercitare il diritto di detrazione senza limiti di tempo contrasterebbe col principio della certezza del diritto, il quale esige che la situazione fiscale del soggetto passivo, con riferimento ai diritti ed agli obblighi dello stesso nei confronti dell’amministrazione fiscale, non possa essere indefinitamente rimessa in discussione” (v. Corte di Giustizia, 12 luglio 2012, C-284/11, EMS – Bulgaria OOD, punto 48 e Corte di Giustizia, sentenza Ecotrade, punto 44; da ultimo, Corte di Giustizia, 6 febbraio 2014, causa C-242/12, Fatorie, con riguardo alla revoca, entro un termine di decadenza, della decisione di riconoscere il diritto di detrazione).
I giudici nella sentenza de qua argomentano infatti che la stessa sentenza Ecotrade, pronunciata anch’essa in relazione ad un’ipotesi d’inversione contabile, ha rimarcato che un termine di decadenza la cui scadenza porti a sanzionare il contribuente non sufficientemente diligente, il quale abbia omesso di richiedere la detrazione dell’IVA a monte, privandolo del diritto di detrazione, non può essere considerato incompatibile col regime della sesta direttiva, purché siano rispettati il principio di equivalenza e quello di effettività.
In particolare, rammentano i giudici “non si è mai dubitato dell’osservanza del principio di equivalenza, là dove quello di effettività è rispettato dalla previsione del termine biennale di esercizio del diritto di detrazione stabilito dal DPR n. 633 del 1972, art. 19”.
Con la sentenza in parola, dunque, è stato specificato il seguente principio di diritto: “l’applicazione del meccanismo d’inversione contabile comporta che la violazione degli obblighi formali di contabilità e dichiarazione, pur non impedendo l’insorgenza del diritto di detrazione, del quale sussistano i requisiti sostanziali in testa al concessionario, incide sul suo esercizio, potendo provocare la decadenza da esso allorché il contribuente, pur essendo a conoscenza della natura imponibile di una fornitura, ometta, per tardività o per negligenza, di richiedere la detrazione dell’IVA a monte entro il termine previsto dalla legge”.
In tal guisa, l’omessa registrazione di un’operazione intra-unionale, dovuta a negligenza o tardività, comporta il recupero dell’imposta a debito senza la possibilità che questa possa essere più compensata con l’imposta a credito.