La cancellazione della società non comporta la rinuncia al diritto
di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365La cancellazione della società dal registro delle imprese non fa scattare la presunzione della rinuncia della società ai crediti; la successione dei soci nella titolarità dei crediti non si verifica infatti solo se la rinuncia è espressa anche attraverso comportamenti concludenti univocamente incompatibili con la volontà di avvalersi dei diritti. È questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27894 depositata ieri, 13 ottobre.
Il caso riguarda una società in nome collettivo che aveva agito nei confronti di una banca per la restituzione del denaro illegittimamente riscosso per l’effetto dell’applicazione di interessi anatocistici, di tasso debitore ultralegale non pattuito per iscritto, di commissioni e spese non concordate.
La società veniva cancellata dal registro delle imprese per mancata ricostituzione della pluralità dei soci, dopo che uno di essi aveva acquistato la partecipazione dell’altro.
La Corte di appello di Firenze dichiarava quindi inammissibile l’appello proposto dal successore della società (ovvero l’ex socio) ritenendo quest’ultimo non legittimato a proporre impugnazione.
L’ex socio promuoveva ricorso per cassazione, ritenendo che dall’estinzione della Snc derivasse la sua successione nei rapporti, sostanziali e processuali; inoltre, lo scioglimento causato dalla mancata ricostituzione della pluralità dei soci non determinava alcuna modifica soggettiva, essendosi la titolarità dei rapporti concentrata nell’unico socio rimasto.
La Corte di Cassazione ha dunque richiamato le precedenti sentenze n. 4060, 4061 e 4062/2010 delle Sezioni Unite, con le quali fu precisato che la cancellazione di una società di capitali o cooperativa dal registro delle imprese dopo la procedura di liquidazione determina l’estinzione della società, anche se non tutti i rapporti giuridici, attivi e passivi, di cui la società era titolare al momento della cancellazione sono stati definiti.
La stessa regola si ritiene applicabile anche alla cancellazione volontaria delle società di persone dal registro delle imprese.
Con le successive sentenze n. 6070, 6071 e 6072/2013 le Sezioni Unite hanno quindi statuito il seguente principio di diritto: “Qualora all’estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale:
- le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali;
- si trasferiscono del pari ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio dei liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato”.
La stessa sentenza n. 6070/2013 delle Sezioni Unite, però, si soffermava anche su un altro importante aspetto: “Ma quando, invece, si tratta di un bene o di un diritto che, se fossero stati conosciuti o comunque non trascurati al tempo della liquidazione, in quel bilancio avrebbero dovuto senz’altro figurare, e che sarebbero perciò stati suscettibili di ripartizione tra i soci (al netto dei debiti), un’interpretazione abdicativa della cancellazione appare meno giustificata, e dunque non ci si può esimere dall’interrogarsi sul regime di quei residui o di quelle sopravvenienze attive”.
Quest’ultimo passaggio è stato ripreso recentemente dalla Cassazione con la pronuncia n. 9464/2020, secondo la quale, una volta estinta la società, i diritti dalla medesima vantati, non liquidati nel bilancio finale di liquidazione (perché al momento non considerati, se ne ignorasse, o no, l’esistenza), transitano nella titolarità dei soci.
Deve quindi ritenersi errato presumere sempre, a fronte della cancellazione della società, una rinuncia al diritto azionato.