La Cassazione conferma la prorogatio per i sindaci dimissionari
di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365L’attuale formulazione dell’articolo 2400 cod. civ., nel collegare direttamente il regime di prorogatio dei poteri alla cessazione dei sindaci per scadenza del termine, pare escluderne qualsiasi ulteriore applicazione.
Eppure, anche con riferimento ai casi di dimissioni dei sindaci, la dottrina propende per l’applicazione analogica dell’articolo 2385 cod. civ., che, come noto, regola la cessazione della carica degli amministratori, prevedendo che “la rinuncia ha effetto immediato, se rimane in carica la maggioranza del consiglio di amministrazione, o, in caso contrario, dal momento in cui la maggioranza del consiglio si è ricostituita”.
Nel caso in cui, poi, l’assemblea non riuscisse a nominare i nuovi componenti del collegio sindacale, si verificherebbe una causa di scioglimento della società, ai sensi dell’articolo 2484, comma 1, n. 3, cod. civ..
Anche la giurisprudenza ha condiviso le richiamate interpretazioni dottrinali, estendendo il regime di prorogatio previsto per gli amministratori di società anche ai sindaci.
La prima pronuncia, abbastanza risalente, è la sentenza della Corte di Cassazione n. 5928 del 09/10/1986, seguita poi dalla sentenza n. 941 del 18/01/2005 (entrambe, come è evidente, ante-riforma del diritto societario).
Quest’ultima sentenza si è occupata di un caso di condanna al risarcimento del danno per responsabilità da mala gestio dei sindaci effettivi di una società fallita: sindaci che però avevano presentato le loro dimissioni ben due anni prima del fallimento.
La Suprema Corte, investita della questione, richiamando la precedente sentenza del 1986, ha quindi chiarito che “in tema di funzionamento del collegio sindacale di una società di capitali, la rinunzia di un sindaco effettivo – a meno che non sia diversamente disposto dallo statuto sociale – ha effetto immediato, indipendentemente dalla sua accettazione da parte dell’assemblea, quando sia possibile l’automatica sostituzione del dimissionario con un sindaco supplente. Nel caso in esame la Corte di merito ha accertato, con valutazione in fatto non sindacabile in questa sede, che già il sindaco effettivo St. era decaduto dalla carica ed era stato sostituito con uno dei sindaci supplenti, sì che non poteva farsi luogo a sostituzione automatica dei ricorrenti sindaci dimissionari ai sensi dell’art. 2401, nel testo vigente prima delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 27/01/1992 n. 88 (art. 23)”.
Lo stesso orientamento è stato poi confermato dalla più recente sentenza della Corte di Cassazione n. 9416 del 12.04.2017 riguardante un analogo caso di richiesta di risarcimento del danno (per una somma pari a circa otto milioni di Euro) nei confronti dei sindaci da parte della Procedura fallimentare.
I sindaci chiamati a risarcire il danno avevano tuttavia presentato le loro dimissioni nel corso dell’assemblea dei soci chiamata a nominare i nuovi sindaci: nomina che, effettivamente, vi fu, sebbene non seguita dalla formale accettazione della carica da parte dei nominati in sostituzione.
Non potendo quindi essere ritenuto automatico il subentro di supplenti, la Suprema Corte ha stabilito che la rinuncia non potesse avere effetti immediati.
È stato infatti precisato che la previsione della necessaria nomina di supplenti “è evidente espressione di un’esigenza di continuità dell’organo di controllo del tutto analoga all’esigenza di continuità dell’organo di amministrazione salvaguardata dall’articolo 2385 cod. civ.; e giustifica pertanto la conclusione di un’applicazione quantomeno analogica della disciplina sulla proroga”.
Di segno diametralmente opposto, invece, sono molte pronunce di prassi.
La Fondazione Nazionale dei Commercialisti, con il documento 01.12.2014 ha infatti escluso che possa trovare applicazione l’istituto della prorogatio nei confronti dei sindaci dimissionari.
D’altra parte, l’esigenza di garantire la continuità di funzionamento dell’organo amministrativo non può essere automaticamente estesa all’organo di controllo, posto che “le esigenze di continuità dei due organi sociali sono significativamente differenti in quanto la mancanza dell’organo amministrativo incide immediatamente sull’operatività della società”.
Anche il Consiglio Notarile del Triveneto, con la Massima H.E.1, ha chiarito che in caso di morte, rinunzia o decadenza del sindaco, la cessazione ha effetto immediato, anche se, con i sindaci supplenti, il collegio sindacale non si completa. L’impossibilità di ricostituire integralmente il collegio sindacale per incapacità dell’assemblea o per non reperibilità di sindaci disposti ad accettare l’incarico, comporta invece lo scioglimento della società.