La Cassazione nega l’agevolazione IMU ai coadiuvanti
di Luigi ScappiniLa Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11979 del 12 maggio 2017 ha avuto modo di affermare come “in tema di ICI, perché un fondo possa beneficiare, ai fini della determinazione della base imponibile, dei criteri di calcolo previsti per i terreni edificabili destinati a fini agricoli, è necessaria – ai sensi del secondo periodo del D.Lgs. 504/1992, articolo 2, lettera b) – oltre alla sua effettiva destinazione agricola, anche la conduzione diretta di esso da parte del contribuente“, con la conseguenza che, nel caso di proprietario coadiuvante di un’impresa che conduce il fondo stesso in forza di un contratto di locazione, non si rende applicabile la fictio iuris prevista.
La sentenza, che riprende precedenti giurisprudenziali in tal senso (Cassazione, sentenze 10144/2010 e 4093/2015), si incardina, offrendo l’interpretazione dei giudici di legittimità, all’interno della diatriba creatasi tra Ministero dell’Economia e delle Finanze e Anci (Associazione nazionale comuni italiani) in merito alla corretta interpretazione da fornire alla norma agevolativa riguardante la determinazione della base imponibile ICI (ora IMU) dei terreni edificabili.
Come noto, infatti, tali terreni, per effetto del disposto di cui all’articolo 13, comma 2, D.L. 201/2011 che richiama la previsione contenuta nell’articolo 2, D.Lgs. 504/1992, non si considerano quali edificabili quando:
- sono posseduti e condotti da coltivatori diretti e Iap, iscritti nella previdenza agricola e
- vengono utilizzati a fini agro-silvo-pastorali.
L’agevolazione non è di poco conto poiché attualmente, per effetto delle novità introdotte con decorrenza 2016, tali terreni non scontano più l’IMU.
Oltre al requisito soggettivo la norma richiede il possesso e l’utilizzo a fini agricoli, elementi che devono manifestarsi congiuntamente. In particolare, per quanto attiene il requisito della coltivazione, si è del parere che esso sia rispettato anche quando i terreni siano temporaneamente lasciati a riposo in ossequio alle tecniche agrarie di coltivazione dei fondi.
Tali requisiti devono essere provati a cura del coltivatore diretto e/o Iap come confermato dai giudici di legittimità con la sentenza 24959/2009 con cui è stato affermato come “mentre l’iscrizione di cui al D.Lgs. 446/1997, articolo 58 è idonea a provare, al contempo, la sussistenza dei primi due requisiti, atteso che chi viene iscritto in quell’elenco svolge normalmente a titolo principale quell’attività (di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo) legata all’agricoltura, il terzo requisito, relativo alla conduzione diretta dei terreni, va provato in via autonoma, potendo ben accadere che un soggetto iscritto nel detto elenco poi non conduca direttamente il fondo per il quale chiede l’agevolazione, la quale, pertanto, non compete”.
In tale contesto si innesta la sentenza in commento con cui, di fatto, viene sconfessata l’impostazione offerta dal Mef con la nota protocollo n. 20535 del 23 maggio 2016 con cui è stata riconosciuta l’agevolazione nell’ipotesi di coltivatore diretto o Iap proprietario o comproprietario di terreni agricoli che vengono coltivati da un’impresa agricola di cui il titolare è un altro componente del nucleo familiare.
Se per il requisito soggettivo non si potevano porre problemi interpretativi, per quanto riguarda quello oggettivo, e nello specifico l’obbligo di coltivazione, il Mef giustifica tale impostazione affermando come esso sussiste poiché “il coadiuvante stesso risulta proprietario/comproprietario dei terreni agricoli coltivati dall’impresa agricola diretto coltivatrice, di cui è titolare un altro componente del nucleo familiare”.
In senso contrario l’Anci ha sempre sostenuto come tale requisito non possa essere riscontrato in capo al coadiuvante in quanto il terreno viene concesso in locazione all’impresa familiare il cui titolare è altro soggetto.
A ben vedere, l’esenzione sancita dal Mef rappresenta una forzatura del quadro normativo che supera la ratio della norma e soprattutto i requisiti richiesti.
Altro discorso è, ad esempio l’estensione dell’agevolazione nell’ipotesi di affitto del terreno, posseduto da uno Iap o coltivatore diretto a una società di cui lo stesso è socio, poiché in questo caso soccorre il dato letterale delle norme stesse che riconoscono il mantenimento delle agevolazioni.
O ancora l’ipotesi di comproprietà del fondo ed esercizio effettivo dell’attività da parte solo di alcuni dei comproprietari.
In tale circostanza i Supremi giudici ritengono che “La considerazione, in questi casi, dell’area come terreno agricolo ha quindi carattere oggettivo e, come tale, si estende a ciascuno dei contitolari dei diritti dominicali. Ciò in quanto la persistenza della destinazione del fondo a scopo agricolo integra una situazione incompatibile con la possibilità del suo sfruttamento edilizio e tale incompatibilità, avendo carattere oggettivo, vale sia per il comproprietario coltivatore diretto che per gli altri comunisti.” (cfr. Cassazione, sentenza 15566/2010).