Nel proprio ricorso l’Agenzia aveva contestato la sentenza di appello sotto il profilo della violazione dell’articolo 12 del D.L. 78/2009, conv. nella L. 102/2009, in combinato con l’articolo 2697 cod. civ.,con la direttiva n. 77/799/CEE, con l’articolo 31-bis D.P.R. 600/1973e con l’articolo 27 della Convenzione Italo-francese ratificata con la L. 20/1992, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3).
La Suprema Corte, con la pronuncia in esame, ha sconfessato le argomentazioni sostenute dai giudici del merito, affermando che “sono utilizzabili ai fini della pretesa fiscale, nel contraddittorio con il contribuente, i dati bancari trasmessi dall’autorità finanziaria francese a quella italiana, ai sensi della Direttiva 77/799/CEE del 19 dicembre 1977, senza onere di preventiva verifica da parte dell’autorità destinataria, sebbene acquisiti con modalità illecite ed in violazione del diritto alla riservatezza bancaria”.
Secondo i giudici di legittimità, nel caso di specie, poiché gli elementi posti dall’Ufficio a base dell’accertamento risultavano effettivamente essere stati trasmessi dall’Amministrazione finanziaria francese a quella italiana nelle forme previste dalla Direttiva 77/700/CEE e della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra Italia e Francia il 5/10/1989 e dunque nell’ambito delle procedure sullo scambio di informazioni previste dalla Direttiva e dalla Convenzione, erano pienamente validi.
La Cassazione non ha quindi ritenuto condivisibile la statuizione di inutilizzabilità, contenuta nella sentenza di secondo grado, atteso che, secondo la Suprema Corte, l’Amministrazione finanziaria, nella sua attività di accertamento dell’evasione fiscale, può, in linea di massima, avvalersi di qualsiasi elemento con valore indiziario, con esclusione di quelli la cui inutilizzabilità discenda da una disposizione di legge o dal fatto di essere stati acquisiti dall’Amministrazione, in violazione di un diritto del contribuente.
La pronuncia in commento conclude quindi sancendo la legittimità dell’utilizzo dei dati e precisando che “Spetta al giudice di merito, in caso di rilievi avanzati dall’amministrazione, valutare se i dati in questione siano attendibili, anche attraverso il riscontro delle contestazioni mosse dal contribuente”.
Tali conclusioni erano già state espresse dalla Cassazione nella nota sentenza n. 8605/2015 emessa in relazione alla nota vicenda Falciani, nella quale l’Agenzia delle entrate aveva contestato al titolare di un conto corrente presso l’istituto di credito HSBC Private Bank S.A. avente sede in Svizzera l’omessa compilazione del modello RW nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2006; anche in tal caso, gli elementi sui quali si era fondata la contestazione, rappresentati da una scheda di sintesi, denominata “fiche“, contenente indicazioni del conto, del suo titolare e delle movimentazioni eseguite, erano stati trasmessi dall’autorità finanziaria francese attraverso i canali di collaborazione previsti dalla Direttiva n. 77/799/CEE e dalla Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata da Italia e Francia il 5.10.1989 e ratificata con la L. 20/1992, recepita nella legislazione italiana dall’articolo 31-bis D.P.R. 600/1973.
Anche in tal e caso, nessuna rilevanza era stata data alla circostanza, eccepita dal contribuente, che i documenti erano stati acquisiti irritualmente, in violazione degli articoli 31-bise 42 del D.P.R. 600/1973 e dell’articolo 7 dello Statuto del contribuente e contenuti nella c.d. Lista Falciani, acquisita dallo Stato francese dietro corrispettivo in denaro pagato ad un soggetto fornitore.
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