La Cassazione si pronuncia ancora in tema di cause di non punibilità
di Luigi FerrajoliCon la sentenza n. 30139 depositata il 15 giugno 2017, la Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, ha affrontato il tema della non punibilità per il reato di omesso versamento delle ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti d’imposta, reato previsto e punito dall’articolo 10-bis del D.Lgs. 74/2000.
Nel caso di specie, relativo al periodo di imposta 2010, il Giudice di legittimità ha accolto il secondo motivo di ricorso presentato dall’imputato, con cui era stata lamentata la violazione della legge penale in relazione proprio al delitto de quo. In particolare, il ricorrente aveva evidenziato che, per la sussistenza del fatto, non è sufficiente la mera omissione del versamento delle ritenute certificate, risultando invece necessario che vi sia stato il rilascio delle certificazioni ai sostituiti di imposta anteriormente alla scadenza del termine entro il quale il sostituto deve presentare la dichiarazione. Di tal elemento non vi sarebbe alcuna prova nella sentenza impugnata, che ha viceversa ritenuto la sussistenza della violazione sulla base del semplice dato documentale ricavato dal modello 770.
Più in particolare, la Corte di Appello aveva ritenuto che il modello 770 avesse natura confessoria e che, pertanto, fosse “idoneo a dimostrare il fatto oggetto della debenza della somma e del rilascio delle dichiarazioni ai sostituiti”.
Sul punto, la Suprema Corte evidenzia che tale posizione è in contrasto con la propria recente giurisprudenza, secondo cui si deve verificare l’avvenuto rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro quale sostituto d’imposta.
La Corte di Cassazione procede dunque, nella richiamata sentenza, a una sintetica ricostruzione normativa, differenziando l’ipotesi delittuosa in questione nel periodo precedente e successivo alla modifica operata dall’articolo 7, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 158/2015.
Nello specifico, viene evidenziato che, prima della modifica, si era formato il principio per cui la prova dell’elemento costitutivo rappresentato dal rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute effettivamente operate incombe sull’accusa e non può essere costituita dal solo contenuto della dichiarazione modello 770.
Tale principio è ribadito dalla Suprema Corte anche successivamente alla riforma, ragion per cui, ad avviso degli Ermellini, la Corte di Appello, investita di nuovo giudizio a seguito dell’annullamento con rinvio, dovrà attenersi al principio di diritto secondo cui “nel reato di omesso versamento di ritenute certificate di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10 bis, nella precedente formulazione applicata al caso in esame ratione temporis, spetta all’accusa fornire la prova dell’elemento costitutivo rappresentato dal rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute effettivamente operate e tale prova non può essere costituita dal solo contenuto della dichiarazione modello 770 proveniente dal datore di lavoro”.
Non solo. La Corte di Cassazione ritiene opportuno fornire indicazioni al Giudice del rinvio anche in tema di applicabilità dell’articolo 13 D.Lgs. 74/2000, invocato dall’imputato all’udienza dibattimentale in grado di appello al fine di essere legittimato a estinguere il debito tributario e così beneficiare della causa di non punibilità prevista dal citato articolo.
Non avendo il decreto previsto alcun regime transitorio, il ricorrente, invocando il principio di retroattività della lex mitior, ha chiesto, infatti, di essere rimesso in termini per la verifica delle condizioni che possano dare luogo all’applicazione della menzionata causa.
Secondo la Suprema Corte, “nel caso di specie, il requisito normativo secondo cui tale possibilità deve essere esperita prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado ha evidentemente natura processuale e non sostanziale. Pertanto, in assenza di disciplina transitoria, opera una preclusione processuale, prevista dalla legge che non contrasta con il principio di retroattività della lex mitior sostanziale. L’articolo 13 ha una doppia previsione, una di natura sostanziale (il pagamento del debito che estingue il fatto-reato commesso prima della sua entrata in vigore) e una processuale (il pagamento prima dell’apertura del dibattimento). In altri termini, la preclusione processuale è conseguenza del normale regime temporale della norma processuale e non si pone in contrasto con il riferimento all’articolo 7 della CEDU, sotto il profilo della mancanza della retroattività della norma penale di favore secondo l’interpretazione fornita dalla Corte Edu”.
Ciò posto, la Corte in ogni caso sottolinea come il limite temporale indicato debba essere interpretato con applicazione della causa di non punibilità qualora “il pagamento integrale del debito sia già avvenuto prima della prima data utile per chiedere l’applicazione della causa di non punibilità a seguito dell’introduzione della stessa ad opera della legge del 2015”.
Viene pertanto affermato il principio di diritto per cui, nei reati tributari, la causa di non punibilità prevista dall’articolo 13 D.Lgs. 74/2000, come modificato, “trova applicazione ai fatti commessi precedentemente alla sua entrata in vigore e ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 158 del 2015, anche qualora, alla data predetta, era già stato aperto il dibattimento di primo grado, se i debiti tributari, comprese le sanzioni amministrative e interessi, risultano essere stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche se a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previsto dalle norme tributarie”.