La Cassazione torna ad esprimersi sul tema IRAP
di Luigi FerrajoliCon l’ordinanza n. 25853 del 15 dicembre 2016 la Sezione Sesta della Corte di Cassazione ha statuito che in caso di riconoscimento della rilevanza impositiva ai fini IRAP del reddito professionale, devono essere disapplicate le sanzioni per obiettiva incertezza normativa.
Nella vicenda in esame un ragioniere commercialista aveva impugnato una cartella, emessa ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. 600/1973 portante IRAP, sanzioni, interessi e accessori di legge, relativa all’annualità 2005.
La Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, aveva riformato integralmente la decisione di primo grado, di accoglimento del ricorso introduttivo, rilevando che, nella specie, era onere, non assolto, del contribuente fornire la prova dell’assenza del presupposto impositivo.
Il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione su tre motivi; i primi due sono stati ritenuti inammissibili dalla Suprema Corte che ha invece accolto il terzo con il quale era contestata la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2 D.Lgs. 446/1997, per mancata disapplicazione delle sanzioni ed era chiesto alla Cassazione di dichiarare non dovute le sanzioni per obiettiva incertezza normativa.
La Suprema Corte ha dapprima rilevato che per “incertezza giuridicamente rilevante” deve intendersi “quella, di carattere obiettivo, concernente le norme tributarie, la cui violazione da parte del contribuente, determina l’emissione dell’avviso di accertamento e l’irrogazione delle sanzioni (Cass. n. 11096/2011)”.
Inoltre si è ritenuto sussistere tale incertezza anche “quando il complesso normativo di riferimento si articoli in una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento si riveli concettualmente difficoltoso, a causa della relativa equivocità (Cass. n. 22252/2011)”.
In applicazione di tali principi la Corte di Cassazione, rilevando infine che la questione relativa alla rilevanza impositiva IRAP del reddito professionale è stata oggetto di un articolato e complesso dibattito, sia in dottrina che in giurisprudenza, ha ritenuto che nel caso di specie fosse illegittima l’applicazione delle sanzioni relative all’omesso versamento dell’IRAP da parte del professionista.
Ed invero tale questione negli ultimi anni è stata oggetto di diverse pronunce da parte delle medesima Corte a Sezioni Unite.
In particolare si rammenta la sentenza n. 7371 del 14 aprile 2016 relativa alla richiesta di rimborso dell’IRAP da parte di una società semplice svolgente attività di amministratore condominiale.
Veniva rimessa alle Sezioni unite della Cassazione la questione “se, in applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 446 del 1997, articoli 2 e 3, debba essere sottoposto ad IRAP il “valore aggiunto prodotto nel territorio regionale” da attività di tipo professionale espletate nella veste giuridica societaria, ed in particolare di società semplice, anche quando il giudice valuti non sussistente una autonoma organizzazione” dei fattori produttivi“.
Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno risposto affermativamente a tale quesito, rilevando come l’articolo 2 D.Lgs. 446/1997 nel secondo periodo stabilisca che “costituisce in ogni caso presupposto d’imposta l’attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato“.
Secondo la Cassazione, pertanto, il requisito della autonoma organizzazione dell’attività di cui al primo periodo del medesimo articolo 2 non è quindi richiesto in relazione all’attività delle società e degli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, in quanto l’attività esercitata da tali soggetti, in conformità a quanto previsto dal secondo periodo dello stesso articolo 2, costituisce in ogni caso presupposto d’imposta.
Quindi la Cassazione ha emesso il seguente principio di diritto: “presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione e allo scambio ovvero alla prestazione di servizi; ma quando l’attività è esercitata dalle società e dagli enti, che siano soggetti passivi dell’imposta a norma del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, articolo 3, comprese quindi le società semplici e le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni – essa, in quanto esercitata da tali soggetti, strutturalmente organizzati per la forma nella quale l’attività è svolta, costituisce ex lege, in ogni caso, presupposto d’imposta, dovendosi perciò escludere la necessità di ogni accertamento in ordine alla sussistenza dell’autonoma organizzazione“.
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