25 Gennaio 2023

La chiusura del bilancio 2022 e le criticità nella destinazione dell’utile

di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365
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La scheda di FISCOPRATICO

Uno dei problemi che dovranno essere affrontati e risolti in fase di chiusura del bilancio per l’esercizio 2022 è la corretta destinazione dell’utile nel caso in cui sia stata esercitata la scelta di sospendere lo stanziamento degli ammortamenti a conto economico.

Come è noto la possibilità di non imputare gli ammortamenti dei beni materiali e di quelli immateriali a conto economico è stata sancita anche per l’esercizio 2022 (dopo che la stessa scelta è stata resa possibile negli esercizi 2020 e 2021) dall’articolo 3 D.L. 198/2022 (cosiddetto Milleproroghe).

Come è accaduto negli anni precedenti, si tratta di una decisione libera ed autonoma che può essere assunta per il solo 2022, oppure può essere confermata dopo averla già presa nel 2020 e 2021.

In questa sede vogliamo approfondire le conseguenze in tema di vincolo sugli utili che si pongono in essere quale corollario del mancato stanziamento degli ammortamenti a conto economico.

Infatti l’articolo 60, comma 7 ter, D.L. 104/2020 afferma chiaramente: “I soggetti che si avvalgono della facoltà di cui al comma 7-bis destinano a una riserva indisponibile utili di ammontare corrispondente alla quota di ammortamento non effettuata in applicazione delle disposizioni di cui al medesimo comma”.

E nel caso in cui l’utile si rivelasse incapiente rispetto all’entità degli ammortamenti sospesi, il vincolo dovrebbe essere posto sulle riserve pregresse. Ove queste ultime non siano presenti, si dovranno vincolare fino a capienza degli ammortamenti sospesi gli utili futuri.

Ma come, e per quale entità precisa, va vincolato l’utile (o le riserve presenti o future)?

Sul punto la dottrina non si è pronunciata in modo univoco e da qui l’esigenza di scegliere quale interpretazione risulti più convincente.

Anzitutto è opportuno individuare la ratio che impone il vincolo sulle riserve.

Appare evidente che il motivo per cui una parte di utili debba essere resa indisponibile risiede nel fatto che si vuole impedire che, una volta incrementato l’utile di esercizio per effetto della assenza del costo di ammortamenti, tale incremento venga esternalizzato ai soci.

In tal caso, infatti, verrebbe attribuito ai soci un utile fittizio che emerge solo grazie ad una manovra normativa che è volta ad evitare che le vicende negative legate ad eventi eccezionali (crisi economica da Coronavirus e da guerra russo ucraina), determinino lo scioglimento della società e non, evidentemente, a generare utili fittizi.

Ma se questa è la ratio allora appare corretto stanziare il vincolo sugli utili assumendo l’entità che effettivamente non è stata imputata a conto economico e non su un dato teorico lordo quale l’ammontare degli ammortamenti sospesi.

In sostanza si vuole dire che, siccome in contropartita del mancato stanziamento degli ammortamenti sono state imputate le imposte differite passive, il conto economico registra comunque un costo che già in sé riduce l’utile distribuibile, ragion per cui appare ragionevole, in armonia con la ratio della norma di cui al citato comma 7 ter, vincolare gli utili solo per la differenza tra ammortamenti sospesi ed imposte differite passive.

Altri, invece, con un approccio meramente letterale ma non sistematico, propongono di vincolare una somma pari agli ammortamenti “lordi” non stanziati a conto economico.

Un ragionamento analogo può essere proposto sui possibili utilizzi della riserva vincolata, ponendosi anche su questo punto un dibattito dottrinario tra chi ritiene che l’indisponibilità della riserva sia assoluta e chi invece ritiene che l’indisponibilità sia limitata ai casi di distribuzione ai soci (ovviamente) e alla ipotesi dell’aumento di capitale, mentre sia legittimo utilizzare la riserva a copertura di perdite.

In questa seconda corrente dottrinaria (che riteniamo più condivisibile proprio in funzione dei motivi per cui si pone l’obbligo di vincolare una parte del patrimonio netto) si colloca la Circolare Assonime n. 2/2021 che evidentemente giudica la copertura di perdite un utilizzo legittimo e compatibile con i motivi che sono alla base del presidio del patrimonio netto.

Poi, peraltro, si pone il tema della necessaria ricostituzione o meno della riserva (utilizzata a copertura di perdite) vincolando utili futuri, tesi che certamente va accolta anche per motivi di prudenza, non registrandosi, sul punto, alcuna pronuncia ufficiale della giurisprudenza.

Infine, sulla riserva ex articolo del D.L. 104/2020 va fatta una riflessione su come essa verrà riassorbita in futuro, o meglio, verificatesi quali eventi si potrà eliminare il vincolo.

Su questo tema si possono mettere in risalto tre situazioni che comporteranno il riassorbimento del vincolo:

  • lo stanziamento degli ammortamenti successivi al termine del processo di obsolescenza contabile del bene. Si tratta della ipotesi in cui gli ammortamenti sospesi vengono posti in calce al processo di ammortamento ottenendo, di fatto, un allungamento del medesimo rispetto alla previsione iniziale. In tale fattispecie il rilascio del vincolo sarà contemporaneo allo stanziamento delle quote d’ammortamento sospese in precedenza, con il riassorbimento, altresì, della fiscalità differita passiva;
  • lo stanziamento di ammortamenti più elevati negli anni successivi alla sospensione, ipotesi che dovrà essere seguita quando sarà ritenuto impossibile allungare il processo di ammortamento del bene. In tale contesto per la maggior quota di ammortamenti che anno dopo anno verrà stanziata si avrà un conseguente e proporzionale svincolo della riserva, correlato al riassorbimento progressivo della fiscalità differita passiva;
  • in caso di vendita del bene il mancato stanziamento di ammortamenti viene bilanciato da un diverso valore di plus/minusvalenza e quindi si genera quel passaggio a conto economico che permette di liberare la riserva e riassorbire la fiscalità differita passiva.