25 Febbraio 2015

La circolazione dell’azienda in crisi e la tutela dei lavoratori

di Marco Capra
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Il professionista che si trovi a confezionare il piano di
salvataggio di un’azienda in crisi deve, necessariamente, tenere conto della
tutela dei lavoratori.
Il tema è di grande rilievo, atteso che, per un verso, sovente l’azienda (o un suo ramo) può essere “salvata”, se trasferita ad un’economia terza e liberata dal fardello del debito pregresso, per altro verso, la forza-lavoro costituisce il cuore del compendio, soprattutto delle PMI.
Orbene, ai sensi del secondo comma dell’art. 2112 Cod. Civ., il
trasferimento d’azienda
[1] origina un regime di
responsabilità solidale tra cedente e cessionario (o concedente e affittuario) in ordine ai crediti maturati dal lavoratore nel corso del rapporto di lavoro con il cedente e, più in generale, la
tutela della conservazione del posto di lavoro ed il mantenimento dei diritti acquisiti.
Per ciò che concerne il TFR, il filone giurisprudenziale prevalente
[2] ha chiarito che il
datore di lavoro cedente
rimane obbligato nei confronti del lavoratore suo dipendente, il cui rapporto sia proseguito con il datore di lavoro cessionario, p
er la quota di trattamento di fine rapporto maturata durante il periodo di lavoro svolto fino al trasferimento aziendale, mentre il
datore cessionario
è obbligato per la stessa quota solo in ragione del vincolo di solidarietà, e resta l’unico obbligato quanto alla quota maturata nel periodo successivo alla cessione.
Relativamente ai
debiti previdenziali, giurisprudenza e dottrina
[3] sono concordi nell’affermare che gli stessi devono essere considerati debiti
inerenti all’esercizio dell’azienda, restando, pertanto, soggetti alla disciplina dettata dall’art.
2560 Cod. Civ.. In altri termini, per la contribuzione previdenziale,
non opera l’automatica estensione di responsabilità del cessionario, essendo la solidarietà limitata ai soli crediti di lavoro del dipendente e
non estesa ai crediti di terzi (quali devono a rigore ritenersi gli enti previdenziali) e, sotto altro profilo, non vantando il lavoratore un vero e proprio diritto di credito verso il datore di lavoro per l’omesso versamento dei contributi obbligatori (il cd. rapporto contributivo intercorre tra ente previdenziale e datore di lavoro)
[4]. Per quanto concerne, infine, i premi assicurativi
Inail, l’art. 15 del D.P.R. n. 1124/1965, prevede uno
specifico regime, che esula dal dettato degli art. 2112 e 2560 Cod. Civ., per cui il
cessionario è
solidalmente
obbligato (salvo regresso) con l’alienante per i premi e i relativi accessori riferentisi all’anno in corso e ai due precedenti.
Sotto il
profilo fiscale, occorre ricordare che la disciplina recata dall’art. 14 del D.Lgs. n. 472/1997 prevede un regime di
solidarietà in virtù del quale l’Amministrazione finanziaria può pretendere dal cessionario, fatto salvo il beneficio della
preventiva escussione del cedente ed
entro i limiti del valore dell’azienda, il pagamento delle imposte e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo, anche se riferibili a violazioni commesse in epoca anteriore. Tuttavia, l’Amministrazione è tenuta a rilasciare, su richiesta dell’interessato, un
certificato sull’esistenza di contestazioni in corso e di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti e il suddetto certificato
, se negativo, ha pieno effetto liberatorio
del
cessionario, del pari liberato ove il certificato non sia rilasciato entro quaranta giorni dalla richiesta.
È opportuno sottolineare, però, come il sopracitato
art. 14 del D.Lgs. n. 472/1997, al contrario dell’art. 2112 Cod. Civ., faccia un chiaro
riferimento alla sola cessione d’azienda. Sicché,
parte della dottrina ritiene che si debba
escludere un’applicazione estensiva della disciplina a
trasferimenti per titolo diverso dalla compravendita (tra i quali, segnatamente, l’affitto d’azienda), posto che tale estensione non è stata prevista neanche in via amministrativa
[5].
Tanto chiarito in linea generale, occorre ora valutare se e come si possa “gestire” la circolazione dell’azienda in difficoltà ma ancora
in bonis, sull’ovvio presupposto che il cessionario / affittuario si attende di non essere (più di tanto) coinvolto nelle sorti dell’imprenditore in crisi.
La soluzione è codicistica: ai sensi degli artt. 2112 e 2113 Cod. Civ.
il lavoratore può liberare dalla responsabilità solidale il cedente, attraverso un ac
cordo in sede sindacale o dinanzi le Direzioni Territoriali del Lavoro (se l’accordo è collettivo, ovviamente, dovrà essere replicato a livello individuale).
Sul tema, sebbene sia una questione dibattuta, la giurisprudenza
[6] e la dottrina
[7] ritengono possibile la
derogabilità delle tutele sancite dall’art. 2112 in sede collettiva
nelle situazioni di crisi aziendale anche non accertata in sede amministrativa e/o non accompagnata da procedura concorsuale in essere.
Tale orientamento, sebbene in linea con l’evoluzione legislativa avvenuta sia a livello giuslavoristico che fallimentare al fine di perseguire il
duplice obiettivo di conservare il valore delle imprese e i livelli occupazionali, ad avviso di taluni parrebbe porsi
parzialmente in contrasto con la disciplina europea, in quanto consente di derogare le norme a tutela dei lavoratori in maniera decisamente più ampia rispetto al principio di solidarietà tra cedente e cessionario ed all’obbligo di mantenimento delle condizioni di lavoro.
 
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[1] In qualsiasi sua forma, come, ad esempio, la cessione o l’affitto.

[2] Cfr., inter alia, Cass. n.19291/11.

[3] Cfr. Cass. n.81794/01; Cass. n.5001/97; Cass. n.938/95; La gestione del personale in caso di affitto di azienda: responsabilità, obblighi e aspetti critici, di E.Basile e L.Montesarchio, in La Rivista delle Operazioni Straordinarie, marzo 2012.

[4] In senso contrario si registra un’antica (e, per quanto consta, non più coltivata) presa di posizione dell’INPS.

[5] Nella pratica professionale, però, prudenzialmente, il ridetto certificato dei carichi pendenti viene richiesto anche per l’affitto.

[6] cfr. inter alia Cass. n. 14098.

[7] Cfr. Politiche attive del lavoro e trasferimento di aziende insolventi: de iure condendo, Fondazione Nazionale dei Commercialisti