La compensabilità dei crediti erariali con i debiti di natura previdenziale
di Chiara GrandiFabio LanduzziPiena compensabilità orizzontale tra i crediti erariali e i debiti previdenziali.
Con una norma di interpretazione autentica viene (finalmente) posta fine ad una situazione di pericolosa incertezza originatasi a seguito di alcune sentenze emesse da giudici della sezione lavoro del Tribunale ordinario, competente in materia di contributi previdenziali.
Come noto, l’articolo 17, comma 1, D.Lgs. 241/1997 dispone che «I contribuenti […] eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’Inps e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto».
Trattasi della cd. “compensazione orizzontale”, di cui i contribuenti si sono, da sempre, serviti per estinguere – tra gli altri – i propri debiti contributivi mediante l’utilizzo di crediti vantati nei confronti dell’Erario, nei limiti ed alle condizioni anche procedurali prescritte dalle disposizioni tempo per tempo vigenti.
Di diverso avviso alcuni uffici dell’Inps i quali, ritenendo che i crediti di imposta non possano essere utilizzati a compensazione di debiti previdenziali, hanno proceduto al recupero di tali contributi eccependoli come “non versati” o, addirittura, hanno negato il rilascio del DURC attestante la regolarità contributiva delle imprese che avevano compiuto tali compensazioni.
Questa impostazione, accolta anche da una parte della giurisprudenza di merito (si veda, tra gli altri, Tribunale Milano, n. 2207 del 19.10.2021, Tribunale Milano, n. 1251 del 22.02.2022 e Tribunale Milano, n. 7823 del 29.12.2022), troverebbe il suo fondamento in una lettura (distorta) della locuzione «con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti» contenuta nel sopra menzionato articolo 17, secondo cui l’unica compensazione possibile sarebbe quella con i crediti vantati nei confronti del medesimo ente previdenziale.
Tale orientamento è stato apertamente criticato dalla dottrina: Assonime, nel Caso 3/2023 (“Le sentenze che negano la compensazione fra debiti contributivi e debiti erariali”), ha sollevato numerose perplessità, posto che il dato normativo stesso pone a favore della piena compensabilità.
Il riferimento ai «medesimi soggetti» contenuto nell’articolo 17, infatti, non può intendersi nella necessaria coincidenza tra il soggetto nei confronti del quale si detiene una posizione debitoria e quello nei confronti del quale si vanta un credito.
La norma, al contrario, concede la possibilità ai contribuenti di estinguere le proprie obbligazioni di pagamento nei confronti di diversi enti con il cd. “versamento unitario” (i.e. con un unico modello di versamento) e, quindi, di pagare i debiti anche attraverso gli eventuali crediti vantati nei confronti dei medesimi soggetti (i.e. i diversi enti indicati nell’articolo 17) e non dei rispettivi soggetti.
L’articolo 4-quater del D.L. 11/2023 (convertito dalla L. 38/2023) ha ora dissipato ogni possibile dubbio interpretativo, laddove ha previsto che «L’articolo 17, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, si interpreta nel senso che la compensazione ivi prevista può avvenire, nel rispetto delle disposizioni vigenti, anche tra debiti e crediti, compresi quelli di cui all’articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nei confronti di enti impositori diversi».
Chiarita la questione, merita invece una riflessione a parte il caso (profondamente diverso) in cui il contribuente proceda alla compensazione orizzontale utilizzando un credito che, in un momento successivo, sia oggetto di diniego, in quanto contestato come inesistente o non spettante.
In questa particolare fattispecie, alcuni tribunali ordinari hanno ritenuto che le vicende riguardanti il credito, successive alla compensazione, incidano retroattivamente (e negativamente) sulla efficacia della compensazione stessa.
I giudici, infatti, hanno sostenuto che, in caso di disconoscimento del credito, anche la compensazione collegata sarebbe indebita, affermando il diritto dell’ente previdenziale ad agire direttamente nei confronti del contribuente per il recupero dei contributi.
Sul punto, Assonime, nel già citato documento, ricorda che la stessa Agenzia delle Entrate ha, in più occasioni (si veda circolare 101/E/2000 e risoluzione 452/E/2008), affermato il principio opposto: la compensazione orizzontale effettuata tramite modello F24 non dovrebbe risentire delle vicende successive che interessano il credito, posto che sarà l’Amministrazione finanziaria stessa a recuperare il credito indebitamente compensato, qualora lo stesso fosse effettivamente accertato come “inesistente” o “non spettante”.
Ciò è coerente con il fatto che, inequivocabilmente, è l’Agenzia delle Entrate l’unico soggetto a cui compete il potere di valutare, e se del caso contestare, la spettanza dei crediti erariali; in caso contrario, si attribuirebbe al giudice del lavoro il potere di decidere su temi che sono esclusivamente fiscali e la cui giurisdizione spetta, quindi, al giudice tributario, con un evidente cortocircuito del sistema.