La compensazione tra reddito accertato e perdita fiscale esclude le sanzioni
di Niccolò Di Bella
Con la sentenza n.6663 del 26/11/2013, depositata in data 21 marzo 2014, la Sezione tributaria della Suprema Corte torna a riaffermare la possibilità offerta al contribuente di ottenere un abbattimento del maggior reddito accertato tramite la perdita fiscale non utilizzata, in ossequio ai principi di ragionevolezza, capacità contributiva ed imparzialità della Pubblica Amministrazione (per ulteriori approfondimenti sul tema, si veda anche la Sentenza n°15452 del 30/06/2010).
Senza entrare nel merito degli altri argomenti oggetto della suddetta Sentenza, quello che interessa ai fini del nostro discorso è evidenziare che l’Amministrazione Finanziaria è tenuta a riconoscere le perdite non utilizzate ai fini della riduzione del maggior reddito accertato (nel caso di specie, emerso a seguito di omessa contabilizzazione di ricavi, indebita deduzione di costi privi di requisiti di inerenza, certezza e determinabilità), finanche all’azzeramento di quest’ultimo, ma pur sempre nel rispetto dei limiti imposti dalla normativa tributaria in ambito di riporto delle perdite (artt. 8 ed 84 TUIR).
Occorre in questa sede ricordare che tale possibilità, pur non essendo stata citata dalla Corte, viene espressamente riconosciuta anche all’art. 8, c.1, L. 212/2000 (c.d. “Statuto dei diritti del contribuente”), secondo il quale “l’obbligazione tributaria può essere estinta anche per compensazione”.
Tutt’altro discorso deve essere fatto con riferimento alle sanzioni amministrative, le quali – parimenti a quanto avviene in sede di compensazione nell’ambito del procedimento di adesione, a seguito di rilievi fondati sulla deduzione di costi effettuata in violazione del principio di competenza (vedasi Circ. 31/E del 2 agosto 2012 Agenzia delle Entrate) – verranno comminate per intero, in ossequio a quanto previsto dal D.Lgs. 471/1997, senza alcuna possibilità di compensazione con le residue perdite eventualmente utilizzabili una volta azzerato il maggior reddito accertato.
La ratio di questa conseguenza è di facilmente intuizione e comprensione, e gli Ermellini, nell’orientamento commentato in questa sede, ne forniscono una puntuale motivazione affermando che “..questa disciplina è intesa a prevenire la presentazione da parte dei contribuenti di dichiarazioni infedeli, di guisa che le corrispondenti sanzioni, di natura amministrativa, sono da riconnettere al solo dato obiettivo della dichiarazione di un reddito inferiore a quello dovuta: è tale infedele dichiarazione che induce il conseguente accertamento, il quale a sua volta determina l’irrogazioni della sanzione. … la sanzione in oggetto, essendo ragguagliata alla maggiore imposta liquidata, ossia alla differenza fra l’ammontare del tributo liquidato in base all’accertamento e quello liquidabile in base alle dichiarazioni, è pienamente rispondente alla funzione dissuasiva tipica della sanzione, volta a prevenire e non già a correggere le irregolarità, riuscendo per conseguenza proporzionata all’obiettivo perseguito”.
Infine, è bene ricordare che il riconoscimento della compensazione è un dovere dell’Erario, dal momento che quest’ultimo è tenuto ad accertare il tributo effettivamente dovuto, potendovi tuttavia provvedere il giudice tributario in caso di omissione.