La comunicazione dei beni ai soci per il 2014
di Federica FurlaniEntro il trentesimo giorno successivo al termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui i beni sono concessi o permangono in godimento, deve essere presentata la relativa Comunicazione ai sensi dell’art. 2, commi da 36-terdecies a 6-duodevicies, del D.L. 138/2011, con il fine di contrastare il fenomeno elusivo di intestazione fittizia di beni utilizzati a titolo personale.
Quindi entro il 30 ottobre prossimo va inviato lo specifico modello con riferimento all’esercizio 2014 per i soggetti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare.
La comunicazione va presentata utilizzando l’apposito modello approvato con il Provvedimento 2.8.2013, n. 94902, sostituito nel mese di novembre 2013.
I soggetti obbligati a presentare la comunicazione sono:
- l’impresa che concede i beni in godimento, in particolare: imprenditore individuale, società di persone, società di capitali, società cooperative, stabili organizzazioni di società non residenti, enti privati di tipo associativo limitatamente ai beni relativi alla sfera commerciale;
- i soci o familiari dei soci o dell’imprenditore, i soci o familiari di altra società appartenente al medesimo gruppo, che li utilizzano o li hanno concessi.
Innanzitutto deve trattarsi di un bene relativo all’impresa, così come definito dalla Circolare 24/E/2012:
- imprenditore individuale → beni indicati nell’inventario;
- società di persone/capitali → beni appartenenti alla società;
e può trattarsi di un bene strumentale, un bene-merce o un immobile patrimonio.
Ricordiamo che l’obbligo di comunicazione va effettuata solo in presenza di una differenza tra il corrispettivo annuo relativo al godimento del bene ed il valore di mercato del diritto di godimento.
In pratica, comunicano i dati coloro che dovrebbero aver sottoposto a tassazione un reddito diverso in quanto il corrispettivo relativo al godimento del bene è inferiore al valore di mercato. La concessione di un bene in godimento senza corrispettivo o ad un corrispettivo inferiore a quello di mercato determina infatti per l’utilizzatore una tassazione di un reddito diverso ai fini Irpef (da dichiarare nel quadro RL) e per l’impresa concedente l’indeducibilità dei costi relativi al bene concesso in godimento.
La comunicazione non va invece presentata in mancanza di fringe benefit tassabile in capo all’utilizzatore o nel caso in cui esso sia azzerato per effetto di costi indeducibili relativi al bene concesso al socio.
Sono inoltre esclusi dalla comunicazione:
- i beni concessi in godimento agli amministratori, a prescindere dalla presenza di un fringe benefit;
- i beni concessi in godimento al socio dipendente o lavoratore autonomo, che costituiscono fringe benefit;
- i beni concessi in godimento all’imprenditore individuale;
- i beni di società e di enti privati di tipo associativo che svolgono attività commerciale, residenti o non residenti, concessi in godimento a enti non commerciali soci, che utilizzano gli stessi beni per fini esclusivamente istituzionali;
- gli alloggi delle società cooperative edilizie di abitazione a proprietà indivisa concessi ai propri soci;
- i beni ad uso pubblico per i quali è prevista l’integrale deducibilità dei relativi costi nonostante l’utilizzo privatistico riconosciuto per legge
L’obbligo, inoltre, non scatta quando i beni concessi in godimento al socio o familiare dell’imprenditore, inclusi nella categoria “altro” (diversi quindi da veicoli, aeromobili, immobili, …) siano di valore non superiore a 3.000 euro, al netto dell’imposta sul valore aggiunto.
In caso di omessa presentazione della comunicazione o di trasmissione con dati incompleti o non veritieri è dovuta una sanzione pari al 30% della differenza tra il valore di mercato del bene e il corrispettivo annuo per il godimento dello stesso.
Nel caso in cui il concedente abbia addebitato all’utilizzatore una somma almeno pari al valore di mercato o non abbia dedotto i costi (e l’utilizzatore abbia tassato la differenza tra valore normale e corrispettivo) la sanzione applicabile va da 258 € a 2.065 € (art. 11, co. 1, lett. a) D.Lgs. 471/1997).
È in ogni caso applicabile l’istituto del ravvedimento operoso.