30 Giugno 2021

La confisca nei reati tributari in caso di mancato pagamento

di Luigi Ferrajoli
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La scheda di FISCOPRATICO

Con una recente pronuncia, la Corte di Cassazione è tornata sull’interpretazione della disposizione di cui all’articolo 12-bis, comma 2, D.Lgs. 74/2000, secondo cui la confisca diretta o di valore dei beni costituenti profitto o prezzo del reato “non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro”.

La Suprema Corte, con sentenza n. 9355/2021, ha confermato come, in chiave ermeneutica, la disposizione in commento vada letta nel senso che la confisca – così come il sequestro preventivo ad essa preordinato – può essere adottata anche a fronte dell’impegno di pagamento assunto, producendo tuttavia effetti solo ove si verifichi l’evento futuro ed incerto costituito dal mancato pagamento del debito.

La Corte di Cassazione ha deciso il caso sottoposto al proprio giudizio, statuendo come, non essendosi verificata la condizione sospensiva dell’inadempimento dell’impegno assunto per il pagamento rateizzato del debito – essendo lo stesso, invece, a quanto consta, regolarmente in corso – la confisca, ancora inefficace, non poteva essere eseguita.

Sul punto, un costante orientamento della giurisprudenza di legittimità aveva avuto modo di precisare  che il sequestro e la conseguente confisca devono essere conservati fino all’integrale effettivo pagamento della somma evasa, potendo le rate già versate essere considerate solo ai fini della riquantificazione della misura; e questo anche nel caso in cui l’accordo rateale sia precedente al provvedimento di confisca che, in tal caso, risulta semplicemente non eseguibile, producendo i suoi effetti solo al verificarsi del mancato pagamento del debito.

Se così è, appare evidente il significato che i Giudici di legittimità hanno dato alla locuzione “non opera”, che non significa affatto che la confisca, a fronte dell’accordo rateale intervenuto, non possa essere adottata, ma piuttosto, e più semplicemente, che la stessa non divenga efficace con riguardo alla parte “coperta” da tale impegno.

Secondo la Cassazione “la confisca “non operativa”, dunque, è una confisca applicata ma non eseguibile perché non (ancora) produttiva di effetti, la cui produzione sarebbe subordinata (condizionata) al verificarsi di un evento futuro ed incerto, costituito dal mancato pagamento del debito, fermo restando che, come recita l’articolo 12 bis, comma 2, essa dovrà, comunque, essere “disposta”, cioè diventare efficace, allorquando l’impegno non sia stato rispettato e il versamento “promesso” non si sia verificato; pertanto, anche in presenza di un piano rateale di versamento, la confisca potrà continuare a essere comunque consentita, sia pure per gli importi non ancora corrisposti, così continuando a essere consentito anche il sequestro ad essa finalizzato che, ai sensi dell’articolo 323, comma 3 manterrà i suoi effetti in caso di pronuncia di una sentenza di condanna, qualora sia stata disposta la confisca, ancorché condizionata, delle cose sequestrate. Al verificarsi della condizione sospensiva, costituita dal mancato pagamento, la confisca sarà pienamente produttiva di effetti; e il Pubblico Ministero, ricevuta la comunicazione di inadempimento da parte dell’Amministrazione finanziaria, potrà mettere in esecuzione la misura, con facoltà dell’interessato di ricorrere al giudice della cautela nel corso delle indagini preliminari o del processo, ovvero al giudice dell’esecuzione nelle forme dell’incidente previsto dall’articolo 666”.

Tornando al caso esaminato dalla Suprema Corte nella citata recente pronuncia, è stato sottolineato come “è ben vero che nella fase esecutiva della sentenza non è di regola possibile disporre un sequestro penale, posto che esula dalla sfera di attribuzioni del giudice dell’esecuzione il potere di disporre o ripristinare la misura cautelare del sequestro preventivo al di fuori della speciale ipotesi di sequestro finalizzato alla confisca di beni ai sensi del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, articolo 12 sexies, conv. in L. 7 agosto 1992, n. 356 (..). A ciò non può ovviarsi, tuttavia, utilizzando impropriamente lo strumento dell’esecuzione della confisca, che consiste nella definitiva ablazione del bene e che non può essere surrettiziamente utilizzato a fini cautelari”.

Secondo la Corte di Cassazione, infatti, non pare possibile richiamare la sussistenza di alcuna lacuna normativa, poiché il sequestro preventivo di beni di cui è consentita la confisca è agevolmente adottabile, ex articolo 321, comma 2, c.p.p., in qualsiasi stato e grado del procedimento di merito ed è onere del pubblico ministero che ritenga opportuna la misura cautelare farvi ricorso prima della conclusione del processo.

Nella pronuncia in commento, è sottolineato come, diversamente opinando, si rischierebbe di ostacolare l’attuazione della norma di favore che il legislatore ha dettato con l’articolo 12-bis, comma 2, D.Lgs. 74/2000, posto che chi intenda fruire dell’agevolazione per sanare la posizione debitoria nei confronti dell’Erario per non subire gli effetti della confisca si vedrebbe “bloccare” le risorse economiche per poter adempiere all’impegno assunto.