La Consulta si esprime sulle soglie di punibilità
di Luigi FerrajoliL’articolo 10-quater del D.Lgs. n. 74/00, nella sua formulazione ante novella di cui al D.Lgs. n. 158/15, è stato oggetto di questione di legittimità costituzionale su iniziativa del Tribunale di Lecce e del Tribunale di Palermo.
In particolare, i rimettenti dubitano che, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, la norma in esame sia legittima nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, venga punito l’omesso versamento delle somme dovute, utilizzando in compensazione crediti non spettanti o inesistenti per ammontare superiore ad euro 50.000 per ciascun periodo di imposta, invece che 103.291,38.
Con ordinanza n. 116 del 20 maggio 2016, la Corte Costituzionale ha dato risposta ai quesiti posti dai Giudici di merito nei seguenti termini.
Secondo la Consulta, i giudizi devono essere riuniti in quanto pongono la medesima richiesta, con riferimento alla fattispecie de qua, ossia di “reiterare, con riguardo al delitto di indebita compensazione, la declaratoria di illegittimità costituzionale parziale pronunciata con la sentenza n. 80 del 2014 in rapporto al delitto di omesso versamento dell’IVA”.
A tale proposito, si ricorda che la pronuncia richiamata aveva rimosso la disparità di trattamento in relazione ai reati di infedele ed omessa dichiarazione e rispetto allo stesso delitto di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto.
La Corte, innanzitutto, ha affermato che la citata novella, intervenuta successivamente alle ordinanze di rimessione, ha modificato il sistema sanzionatorio tributario e, con preciso riferimento alla fattispecie in esame, ha scisso la figura criminosa, precedentemente unitaria, in due ipotesi distinte, ossia l’utilizzazione di crediti non spettanti e di crediti non esistenti.
A differenza tuttavia di quanto avvenuto in relazione alle ipotesi delittuose di omesso versamento di ritenute dovute o certificate e di omesso versamento dell’IVA, la soglia di punibilità dell’art. 10-quater è rimasta fissata in euro 50.000 (importo annuo e non più ragguagliata al periodo di imposta).
La Corte, peraltro, ha osservato che, ai fini dell’accertamento del superamento della soglia di punibilità, possibile riflesso indiretto della modifica è la non configurabilità della sommatoria dei crediti non spettanti a quelli non esistenti, diversamente da quanto invece pacificamente ammesso in precedenza.
Inoltre, secondo la Corte Costituzionale, la novella ha decretato la fine della “gemellarità strutturale” tra le fattispecie di omesso versamento dell’IVA e indebita compensazione, ragione fondante delle ordinanze di rimessione, in quanto oggi l’art. 10-ter e l’art. 10-quater non fanno più riferimento all’art. 10-bis per la determinazione della soglia di punibilità, individuando invece la stessa in via del tutto autonoma.
A seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 158/15, la soglia di punibilità dell’omesso versamento dell’IVA è sensibilmente più elevata (euro 250.000) rispetto a quella di indebita compensazione e i parallelismi tra le due fattispecie rimangono solo con riguardo ai crediti non spettanti, mentre per i crediti inesistenti è oggi previsto un trattamento sanzionatorio più severo.
La Consulta ha rilevato che la novella ha inoltre modificato i rapporti tra le figure criminose di indebita compensazione e di infedele ed omessa dichiarazione. La pena prevista in relazione all’utilizzazione di crediti inesistenti nell’indebita compensazione è stata determinata in modo più elevato, sia nel minimo, sia nel massimo, a quella stabilita nel caso di dichiarazione infedele e, nel massimo, anche di quella individuata nell’ipotesi di omessa dichiarazione.
Sulla base di questo excursus argomentativo, la Corte Costituzionale ha ritenuto che il petitum dei Giudici di merito sia stato reso inattuale dalla modifica legislativa esaurientemente passata in rassegna, e che in ogni caso, come da reiterate pronunce della Corte di Cassazione, l’aumento delle soglie di punibilità opera, secondo quanto previsto dall’art. 2 c.p., anche in relazione ai fatti antecedenti la riforma, secondo il principio del favor rei.
In conclusione, secondo la Consulta “ove pure, in ipotesi, le censure dei giudici a quibus fossero fondate, il richiesto innalzamento della soglia di punibilità dell’indebita compensazione alla minor somma di euro 103.291,38 non varrebbe ad assicurare l’omologazione del trattamento della fattispecie considerata a quello previsto per i tertia comparationis”. Inoltre, “nella suddetta prospettiva, la stessa limitazione del petitum ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011 perderebbe di senso, valendo le nuove e più elevate soglie di punibilità dell’omesso versamento dell’IVA e della dichiarazione infedele per tutti gli illeciti, sia antecedenti che successivi alla novella del 2015”.