17 Aprile 2019

La contabilità degli enti del terzo settore “minori”

di Luca Caramaschi
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Nell’articolo 13 D.Lgs. 117/2017, modificato dal decreto correttivo n. 105/2018 al fine di rimediare ad alcuni “improbabili” riferimenti terminologici contenuti della norma originaria (soprattutto il termine “finanziario” che appariva decisamente decontestualizzato), sono contenute delle disposizioni che, sotto il profilo civilistico, dettano indirettamente i criteri con i quali i futuri enti del terzo settore (di seguito Ets) dovranno tenere la propria contabilità. La richiamata previsione normativa, infatti, rubricata “Scritture contabili e bilancio”, più che esplicitare in modo chiaro le regole di tenuta della contabilità degli Ets si sofferma sui loro obblighi di rendicontazione, stabilendo che:

  • gli Ets devono redigere il bilancio di esercizio formato dallo Stato patrimoniale, dal Rendiconto gestionale, con l’indicazione dei proventi e degli oneri dell’ente, e dalla relazione di missione che illustra le poste di bilancio, l’andamento economico e finanziario dell’ente e le modalità di perseguimento delle finalità statutarie (comma 1);
  • Il bilancio degli Ets con ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominate inferiori a 220.000,00 euro può essere redatto nella forma del rendiconto per cassa (comma 2).

Tuttavia, è proprio dalle previsioni che individuano la struttura degli schemi di bilancio degli Ets (è in dirittura d’arrivo il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali che, sentito il consiglio nazionale del terzo settore, approverà la citata modulistica) che si possono trarre utili considerazioni circa le metodologie attraverso le quali i nostri ETS potranno/dovranno tenere il sistema contabile più adeguato alla produzione dei citati documenti.

Per poter “produrre” lo Stato patrimoniale e il Rendiconto gestionale (assimilabile per certi versi al più noto Conto economico) non si può infatti prescindere da un sistema di rilevazione contabile a partita doppia formato sul principio della competenza economica, in quanto solo attraverso di esso è possibile fornire una rappresentazione delle consistenze patrimoniali  dell’ente (intendendo, per esse, immobilizzazioni materiali immateriali e finanziarie, consistenze di magazzino, crediti e debiti di diversa natura, valori in cassa per citarne alcune).

Al contrario, laddove sia possibile assolvere agli obblighi di bilancio mediante predisposizione di un mero rendiconto per cassa (possibile solo per i soggetti con le caratteristiche esplicitate nell’articolo 13, comma 2, D.Lgs. 117/2017), gli Ets di “minori dimensioni” potranno istituire un sistema di rilevazione dei fatti gestionali teso unicamente a individuare le entrate e le uscite secondo una logica di tipo finanziario o meglio, adottando il cosiddetto criterio di cassa.

Ancorché non direttamente esplicitato nelle richiamate disposizioni (articolo 13, commi 1 e 2, D.Lgs. 117/2017) pare che le previsioni in esame, in particolare quelle del comma 2, debbano riferirsi tipicamente agli ETS che rivestono natura non commerciale individuata secondo i criteri generali contemplati dall’articolo 79 D.Lgs. 117/2017.

Tale considerazione deriva, infatti, dalla lettura dei successivi commi 4 e 5 dell’articolo 13 D.Lgs. 117/2017, nei quali si afferma che “Gli enti del Terzo settore che esercitano la propria attività esclusivamente o principalmente in forma di impresa commerciale devono tenere le scritture contabili di cui all’articolo 2214 del codice civile” e che “Gli enti del Terzo settore di cui al comma 4 devono redigere e depositare presso il registro delle imprese il bilancio di esercizio redatto, a seconda dei casi, ai sensi degli articoli 2423 e seguenti, 2435-bis o 2435-ter del codice civile”.

Il richiamato articolo 2214 cod. civ., infatti, afferma, al primo comma, che “L’imprenditore che esercita un’attività commerciale deve tenere il libro giornale e il libro degli inventari, documenti che l’articolo 14 D.P.R. 600/1973 in tema di scritture contabili ricollega proprio al regime di contabilità ordinaria basato sul criterio della competenza economica.

Si ritiene quindi possibile operare una distinzione tra:

  • Ets aventi natura commerciale che, a prescindere dalle dimensioni, sono obbligati ad adottare un sistema di rilevazione contabile in partita doppia secondo il criterio della competenza economica;
  • Ets aventi natura non commerciale che, a seconda delle dimensioni, debbono adottare un sistema di rilevazione contabile in partita doppia secondo il criterio della competenza economica, potendo in via facoltativa adottare un sistema di rilevazione per “cassa” se ritenuti di “minori dimensioni”.

Se si considera che, in molti casi, il percorso teso alla individuazione della natura dell’Ets è decisamente irto di ostacoli (in dottrina si sono più volte commentate le difficoltà interpretative legate alla non chiara formulazione dell’articolo 79 D.Lgs. 117/2017) oltre al fatto che una eventuale riqualificazione della natura dell’ETS (in particolare da non commerciale a commerciale) opererebbe retroattivamente secondo quanto previsto dal comma 5-ter del citato articolo 79, si ritiene che la semplificazione contabile concessa dal legislatore per gli Ets di minori dimensioni debba essere valutata con estrema attenzione dagli operatori del settore.

Questa “monito” è condiviso anche dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili che, nel recente lavoro “Riforma del Terzo Settore: elementi professionali e criticità applicative”, pubblicato nei primi giorni del mese di aprile 2019, a proposito del tema della rendicontazione, ha affermato che “Il tema del cambiamento di regime rischia di divenire particolarmente delicato per quegli enti di minori dimensioni che, avendo adottato il sistema semplificato per cassa … , necessitano di mutare sistema di rilevazione con il passaggio della soglia”.

Nel citato documento, infatti, si fa presente che laddove gli Ets di minori dimensioni decidano di utilizzare in via facoltativa le norme ordinarie, il passaggio di dimensione economica da “piccolo” a “non piccolonon creerebbe problematiche, in quanto irrilevante ai fini contabili, precisando tuttavia che quando si aderisce al sistema ordinario, pur non essendone obbligati all’adozione, l’utilizzo del sistema degli Ets per i non piccoli è integrale, dovendosi seguire le previsioni in esame in modo completo: in pratica, ciò significa che un Ets non può scegliere, per esempio, di predisporre gli schemi quantitativi (Stato patrimoniale e Rendiconto gestionale) con le disposizioni ordinarie e non produrre l’informativa discorsiva (Relazione di missione), in quanto non prevista nel regime semplificato.

Laddove vi siano “dubbi” circa il mantenimento della soglia che consente di qualificare l’Ets di “minori dimensioni” (che si ricorda essere di euro 220.000 di entrate complessive), l’adozione immediata del regime di contabilità ordinaria secondo il criterio della competenza economica eviterebbe all’Ets di dover stravolgere la propria impostazione amministrativa in caso di passaggio (spesso ingestibile) da un preesistente impianto contabile fondato sul criterio di cassa.

È proprio nella consapevolezza di tali problemi che il documento del Cndcec, in assenza di precisazioni normative sul punto, ritiene che “ragionevolmente l’obbligo di utilizzo del sistema di rilevazione per competenza economica scatti dall’esercizio successivo a quello rendicontato”.

Se infatti l’obbligo dovesse essere fatto retroagire all’esercizio in corso, precisa il documento, si richiederebbe all’ente di dover applicare la norma dell’articolo 13 D.Lgs. 117/2017 in via retroattiva; ciò, oltre a richiedere oneri amministrativi superiori ai benefici informativi apportati, parrebbe una soluzione contraria alla norma che richiede che la variazione rendicontativa avvenga una volta definito il superamento del limite, e non prima.

Per il medesimo motivo si ritiene che gli enti “non piccoli” possano fruire delle semplificazioni previste dal passaggio alla soglia dei “piccoli” a partire dall’esercizio successivo a quello in cui l’ammontare dei componenti positivi risulta sotto soglia.

Le richiamate considerazioni, se viste dal lato del mutamento riguardante la “natura” dell’Ets, e quindi con riferimento ai casi di passaggio da Ets non commerciale a Ets commerciale, ci inducono ad ulteriori e più urgenti riflessioni. In questi casi, diversamente da quanto ipotizzato con riferimento al superamento della soglia dei 220.000 euro, in base al dell’articolo 79, comma 5-ter, D.Lgs. 117/2017 il mutamento di qualifica opera a partire dal medesimo periodo d’imposta nel quale si è verificato il superamento.

Ipotizzando, quindi, che l’Ets non commerciale interessato dal predetto mutamento abbia tenuto nel periodo d’imposta il regime semplificato per cassa in quanto di minori dimensioni, l’applicazione retroattiva dei criteri contabili previsti dall’articolo 13, comma 4, D.Lgs. 117/2017 (contabilità ordinaria per competenza) potrebbe rivelarsi un ostacolo insormontabile da superare.

Prima di farsi “attirare” dalle semplificazioni offerte dal legislatore, quindi, i futuri Ets dovranno ben valutare costi e benefici derivanti dall’adozione dell’uno o dell’altro sistema di rilevazione contabile.

Come abbiamo appena descritto, i vantaggi immediati derivanti dall’adozione di un sistema semplificato di contabilizzazione improntato al criterio di cassa potrebbero rivelarsi ben inferiori agli svantaggi che potrebbero emergere da una eventuale riqualificazione della natura dello stesso Ets.

Ecco che, almeno sotto questo profilo, l’immediata adozione di un sistema di contabilità ordinaria improntato alla competenza economica anche per gli Ets di minori dimensioni rappresenterebbe una scelta decisamente più “tutelante” per gli amministratori dell’ente medesimo.

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