10 Aprile 2020

La continuità aziendale e il topolino da 2 soldi

di Giovanni Valcarenghi
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La chiusura dei bilanci dell’esercizio 2019 si poteva delineare come “difficoltosa” se non fosse intervenuto il D.L. 23/2020 che, all’articolo 7, introduce una vera e propria deroga temporanea ai principi di redazione del bilancio. La disposizione, quindi, è non solo apprezzabile ma, a parere di chi scrive, indispensabile (quindi, ben venga); va però meglio approfondito e chiarito qualche aspetto che, a mio giudizio, non risulta del tutto coerente in questa prima stesura normativa.

Andando con ordine, va detto che il riferimento è l’articolo 2423-bis cod. civ.. Elencando i principi di redazione del bilancio, al punto 1) del primo comma, si richiede che la valutazione delle voci debba essere fatta “secondo prudenzae nella prospettiva della continuazione dell’attività.

Il paragrafo 15 del documento Oic numero 11 cita la prospettiva della continuità aziendale tra i postulati del bilancio e provvede a dettagliarla ai successivi paragrafi da 21 a 24. Si prevede, ad esempio, che nella fase della preparazione del bilancio, la direzione deve fare una valutazione prospettica della capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione d reddito per un prevedibile arco temporale futuro, relativo a un periodo di almeno 12 mesi dalla data di riferimento del bilancio. Il documento prosegue poi analizzando i vari scenari che si possono prospettare e delineando i comportamenti che deve tenere l’organo amministrativo.

Ultimo elemento da richiamare, oltre al Codice civile e all’Oic, è il periodo in cui si sono manifestati i primi effetti della crisi; per semplicità, diciamo dalla fine di gennaio del 2020, ovvero – mutuando dalla Relazione Illustrativa – dal 23 febbraio 2020 (nonostante il 31 gennaio fosse già stato dichiarato lo stato di emergenza).

Fatta tale ricostruzione, stupisce – allora – come l’articolo 7 esordisca con il seguente riferimento: “Nella redazione del bilancio di esercizio in corso al 31 dicembre 2020 …”; innanzitutto, sarebbero necessarie sistemazioni linguistiche non solo formali. Infatti, il riferimento dovrebbe essere al bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2020; il bilancio non può “essere in corso”, casomai lo sarà l’esercizio.

Ma, a prescindere dal dettaglio, perché non si è pensato al bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019? Questo appare il problema principale ed imminente, mentre tutti speriamo che l’orizzonte del 2021 (quello, cioè, che si dovrà prendere a riferimento per valutare la continuità del bilancio del 2020) sia assai più roseo. Ma non preoccupatevi; al 2019 arriveremo con delle capriole da saltimbanco.

Già partiamo col piede sbagliato. Proseguendo la lettura arrivano altre sorprese; infatti, quando redigeremo il bilancio del 2020 (se ci arriveremo, sic!) per valutare la continuità (sull’orizzonte temporale del 2021, come prescrive l’Oic) potremo contare su una sorta di presunzione. Avremo continuità sul futuro (2021) se la continuità c’era sul passato (2020), che è proprio l’anno che si dovrebbe considerare chiudendo il bilancio dell’esercizio 2019.

Ad onor del vero, le sbavature giuridiche proseguono, perché non è nemmeno facile capire che si debba fare una valutazione retrospettica. Infatti, letteralmente si afferma che sia possibile ritenere sussistente la continuità sull’orizzonte temporale del 2021 (quindi, redigendo il bilancio dell’esercizio 2020) “… se risulta sussistente nell’ultimo bilancio di esercizio chiuso in data anteriore al 23 febbraio 2020 …”. Anche qui, si doveva scrivere “ … se risulta sussistente nell’ultimo bilancio dell’esercizio chiuso in data anteriore al 23 febbraio 2020”.  In gergo, tra di noi diciamo di avere “chiuso dei bilanci”, ma in realtà ciò che si è chiuso è l’esercizio.

Si prosegue poi affermando che è fatto salvo il disposto dell’articolo 106 D.L. 18/2020, per dire non rileva il fatto che quel bilancio potrà essere approvato entro 180 dalla chiusura dell’esercizio 2019. Inutili sforzi immani per scrivere una cosa semplicissima: cosa c’entra il termine di approvazione con la valutazione della continuità? È chiaro che se sto redigendo il bilancio dell’esercizio 2020 dovrò avere già ultimato quello del precedente anno 2019.

Infine, il comma 2 precisa che le disposizioni sopra richiamate, si applicano anche ai bilanci “chiusi entro il 23 febbraio 2020 e non ancora approvati”. Dunque, significa che il tema della continuità per il bilancio dell’esercizio 2019 si ritiene superato a condizione che la continuità ci fosse nel bilancio dell’esercizio 2018. Se questo era lo spirito, a parziale dimostrazione di un minimo di lucidità, questa previsione andava posizionata al primo comma della norma. Ma passi anche questa.

Qualche raggio di sole giunge dalla Relazione Illustrativa, che precisa che la disposizione è utile solo ai soggetti che patiscono una crisi (con conseguente difficoltà nell’esprimersi sulla continuità) per effetto del Covid-19. Discorso assolutamente ragionevole e sensato, ma che non compare minimamente nell’articolato.

Bene; noi questa deroga ce la prendiamo tutta, anche se l’articolato ha una qualità davvero scadente. Ma, pensando al futuro (siamo inguaribili ottimisti), sarà singolare riscontrare che, al momento di redigere i bilanci del 2020, faremo riferimento ad una continuità ipotizzata nel bilancio del 2019, che a sua volta faceva riferimento alla continuità del bilancio dell’esercizio 2018. Doppio salto mortale con avvitamento.

Scusandomi per il mal di testa che vi ho procurato nella lettura, riesco a trarre solo due conclusioni:

  • chi ha scritto la norma non ha ben chiaro che la continuità aziendale si verifica sui 12 mesi che seguono l’esercizio per il quale si redige il bilancio; sembra invece chiaro che egli sia convinto che la continuità si dovesse verificare sullo stesso periodo di riferimento del bilancio;
  • occorre cambiare la rubrica dell’articolo 7 da “Disposizioni temporanee sui principi di redazione del bilancio” in “Alla fiera dell’est” come premio per lo sforzo fatto dal redattore della norma, evidentemente appassionato dei brani di Angelo Branduardi.