La Corte Ue si esprime sul diritto di difesa
di Luigi FerrajoliLa Corte di Giustizia Europea, con la sentenza n. C-189/18 depositata il 16.10.2019, intervenendo in tema di disconoscimento del diritto alla detrazione Iva, ha statuito il principio di diritto secondo cui “Qualora l’Amministrazione finanziaria intenda fondare la propria decisione su elementi di prova ottenuti nell’ambito di procedimenti penali e di procedimenti amministrativi connessi avviati nei confronti dei fornitori del soggetto passivo, il principio del rispetto dei diritti della difesa esige che quest’ultimo, durante il procedimento di cui è oggetto, possa avere accesso a tutti questi elementi e a quelli che possano essere utili alla sua difesa, a meno che obiettivi di interesse generale giustifichino la restrizione di tale accesso”.
La vicenda ha avuto origine da un recupero di Iva a seguito di un controllo presso il fornitore del contribuente; veniva disconosciuta la detrazione di Iva per presunta frode fiscale.
In base a quanto disposto dalla Corte di Giustizia, l’Amministrazione finanziaria può disconoscere la detrazione Iva al soggetto passivo basandosi su accertamenti e verifiche, anche se non ancora definitivi, amministrativi o penali, effettuati su altri soggetti passivi; tale potere è, tuttavia, soggetto alla condizione che al destinatario venga riconosciuta e garantita l’effettività di contestare la legittimità della pretesa.
In particolare, l’Amministrazione finanziaria “è vincolata dalle constatazioni di fatto e dalle qualificazioni giuridiche, da essa già effettuate nell’ambito di procedimenti amministrativi connessi avviati nei confronti dei fornitori di tale soggetto passivo, sulle quali si basano le decisioni divenute definitive che accertano l’esistenza di una frode relativa all’Iva commessa da tali fornitori”.
Il contribuente, secondo i giudici della Corte di Giustizia, ha il diritto, inviolabile, di prendere visione di tutti gli atti amministrativi e penali, redatti nei confronti del terzo fornitore, poiché alla base della motivazione dell’accertamento emesso nei confronti del contribuente.
Questo anche per verificare la correttezza dell’operato dell’Amministrazione.
Il punto 52 della sentenza in commento prevede che “il destinatario di una decisione che arreca pregiudizio deve essere messo in condizione di far valere le proprie osservazioni prima che la stessa sia adottata, al fine, in particolare, che l’autorità competente sia messa in grado di tenere utilmente conto di tutti gli elementi pertinenti e che, eventualmente, tale destinatario possa correggere un errore e far valere utilmente tali elementi relativi alla sua situazione personale, l’accesso al fascicolo deve essere autorizzato nel corso del procedimento amministrativo.”
Viene anche puntualizzato che l’Amministrazione non ha l’obbligo di disporre l’accesso integrale al fascicolo, poiché vanno fatti salvi gli obiettivi di interesse generale tra i quali:
- la riservatezza dei terzi;
- l’azione repressiva.
La sentenza, al punto 58, puntualizza un importante principio, statuendo che “Non soddisfa tale requisito una prassi dell’amministrazione finanziaria consistente nel non dare al soggetto passivo interessato alcun accesso a tali elementi e, in particolare, ai documenti su cui si fondano le constatazioni effettuate, ai verbali redatti e alle decisioni adottate in esito a procedimenti amministrativi collegati, e nel comunicargli indirettamente, sotto forma di sintesi, solo una parte di tali elementi da essa selezionati secondo criteri che le sono propri e sui quali egli non può esercitare alcun controllo”.
La Corte di Giustizia richiama l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, secondo cui ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto del’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un giudice ed ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente.
Pertanto, secondo la Corte di Giustizia, “…il principio della parità delle armi, che costituisce parte integrante del principio della tutela giurisdizionale effettiva dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’unione, sancito dall’art. 47 della Carta, in quanto è un corollario, come, segnatamente, il principio del contraddittorio, della nozione stessa di equo processo, implica l’obbligo di offrire a ciascuna parte una possibilità ragionevole di esporre la propria posizione, comprese le proprie prove, in circostanze che non la pongano in una situazione di svantaggio rispetto all’avversario”.
Infine, secondo la Corte di Giustizia, è necessario che, in caso di ricorso all’autorità giudiziaria avverso il provvedimento emesso dall’amministrazione finanziaria, “il giudice adito con un ricorso avverso la decisione di cui trattasi possa verificare la legittimità dell’ottenimento e dell’utilizzo di tali elementi nonché le constatazioni effettuate nelle decisioni amministrative adottate nei confronti di detti fornitori, che sono decisive per l’esito del ricorso”.