La deducibilità dei contributi previdenziali e assistenziali
di Gennaro NapolitanoAi fini della sua deducibilità, un onere, secondo quanto si evince dalla lettura delle disposizioni del Tuir, deve rientrare fra quelli tassativamente previsti dalla legge, non essendo ammesse ulteriori ipotesi di deducibilità. La spesa, inoltre, deve risultare da idonea documentazione e, in applicazione del principio di cassa, deve essere effettivamente sostenuta dal contribuente nel periodo d’imposta di riferimento nel proprio personale interesse ovvero, in determinate ipotesi, nell’interesse di terzi soggetti (ad esempio, i familiari a carico).
In aderenza al principio costituzionale della capacità contributiva, la funzione fondamentale degli oneri deducibili consiste nel conferire rilevanza a quelle tipologie di spese che incidono sulla situazione personale del contribuente e, quindi, sulla sua effettiva capacità di concorrere al finanziamento delle spese pubbliche (articolo 53, comma 1, Cost.).
L’articolo 10, comma 1, lettera e), Tuir stabilisce che sono deducibili dal reddito complessivo i contributi previdenziali e assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, nonché quelli versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, ivi compresi quelli per la ricongiunzione di periodi assicurativi.
Con riferimento ai contributi versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, è stato chiarito che sono deducibili qualunque sia la causa che origina il versamento, che “può rinvenirsi nei riscatti (ad esempio per il corso di laurea), nella prosecuzione volontaria del versamento dei contributi nonché nella ricongiunzione di periodi assicurativi maturati presso altre gestioni previdenziali obbligatorie” (risoluzione n. 25/E/2011).
La deduzione dei contributi previdenziali e assistenziali spetta anche nel caso in cui sono versati nell’interesse delle persone indicate dall’articolo 433 cod. civ., se fiscalmente a carico (circolare 50/E/2002, paragrafo 3.4).
Nei periodi d’imposta in cui è sospeso, a causa di calamità pubbliche, il versamento di contributi, è comunque consentita la deducibilità degli stessi o la relativa non concorrenza alla formazione del reddito, se tale deducibilità o non concorrenza è ordinariamente prevista da disposizioni di legge (articolo 36, comma 32, D.L. 223/2006). La stessa disposizione, peraltro, prevede che “detti contributi non sono ulteriormente dedotti o esclusi dal reddito nel periodo d’imposta in cui, a seguito della cessazione dei termini di sospensione, sono versati”.
Sono altresì deducibili i contributi:
- dovuti dal coniuge defunto e versati dal coniuge superstite laddove il mancato versamento degli stessi avrebbe impedito a quest’ultimo, in qualità di erede, di beneficiare del trattamento pensionistico; in tal caso, peraltro, considerato che il titolo di pagamento è intestato al de cuius, la circostanza che l’onere è stato integralmente assolto dal coniuge superstite dovrà risultare dalle ricevute relative ai pagamenti effettuati (risoluzione 114/E/2009);
- versati per l’assicurazione obbligatoria Inail contro gli infortuni domestici (c.d. “assicurazione casalinghe”);
- previdenziali versati alla Gestione Separata dell’Inps nella misura effettivamente rimasta a carico del contribuente;
- agricoli unificati versati all’Inps – Gestione ex Scau – per costituire la propria posizione previdenziale e assistenziale (non è deducibile, invece, la parte dei contributi che si riferisce ai lavoratori dipendenti);
- versati per il riscatto degli anni di laurea (sia ai fini pensionistici sia ai fini della buonuscita), e per la prosecuzione volontaria;
- previdenziali e assistenziali versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza per la ricongiunzione di periodi assicurativi.
I contributi sono deducibili fino a concorrenza del reddito complessivo.
In caso di contributi corrisposti per conto di altri, e laddove sia previsto dalla legge l’esercizio del diritto di rivalsa, la deduzione spetta alla persona per conto della quale i contributi sono versati. Ad esempio, in caso di impresa familiare artigiana o commerciale, il titolare è obbligato al versamento dei contributi previdenziali anche per i familiari che collaborano nell’impresa; in tal caso, però, poiché per legge il titolare ha diritto di rivalsa sui collaboratori, egli non può dedurre i contributi, neppure se non ha esercitato la rivalsa, a meno che il collaboratore non sia anche fiscalmente a carico. I collaboratori, invece, possono dedurre i contributi soltanto se il titolare dell’impresa ha effettivamente esercitato la rivalsa.
Non sono, invece, deducibili:
- le somme versate per sanzioni e interessi moratori comminati per violazioni inerenti i contributi versati (risoluzione 114/E/2009);
- le tasse di iscrizione all’albo versate da figure professionali;
- dal 2014, i contributi versati al Servizio Sanitario Nazionale con i premi di assicurazione relativi alla RC auto;
- le somme versate all’Inps ai fini dell’abolizione del divieto di cumulo tra pensione di anzianità e di attività di lavoro e quelle relative alla regolarizzazione dei periodi pregressi (circolare 24/E/2004);
- i contributi trattenuti dall’ente di ricerca in qualità di sostituto d’imposta (l’indeducibilità opera sia per il titolare dell’assegno di ricerca esente dall’Irpef sia per il familiare che lo ha fiscalmente a carico – circolare 20/E/2011, paragrafo 5.5).
5 Agosto 2020 a 9:55
La questione si pone sulla parola “effettivamente” ovvero del sostenimento dell’onere.
Poiché è molto improbabile che un titolare chieda al coniuge/figlio (collaboratori familiari ) la restituzione di quanto
versato per loro conto a titolo di contributi obbligatori.
Molto più verosimilmente si dividono i soldi residui, dopo il pagamento anche dei contributi previdenziali ; con ciò credo che implicitamente i collaboratori hanno sostenuto l’onere.