La deduzione delle perdite su crediti nelle procedure concorsuali segue il principio di derivazione
di Sergio Pellegrino
Nel corso dell’estate l’Agenzia ha emanato importanti documenti di prassi, attraverso i quali sono state assunte posizioni più “accettabili” in relazione a diverse fattispecie sulle quali, in precedenza, l’atteggiamento dell’Amministrazione era stato invece rigido.
Dalle indicazioni che stiamo ricevendo nelle diverse città di Master Breve, sembra però che gli Uffici facciano fatica in alcuni casi ad adeguarsi alle nuove direttive.
In un precedente intervento (si veda Euroconference NEWS del 18 ottobre 2013) avevamo evidenziato come un Collega di Milano ci avesse segnalato un caso nel quale l’Ufficio locale non aveva applicato le indicazioni contenute nella circolare n. 27/E sul tema dei ravvedimenti con errori nel versamento degli interessi e/o della sanzione.
A Torino, invece, una Collega ci ha evidenziato una problematica legata alla deducibilità delle perdite su crediti nell’ambito delle procedure concorsuali, fattispecie analizzata dalla recentissima circolare n. 31/E (datata 24 settembre).
Come è noto, l’art. 101 comma 5 del Tuir stabilisce che “le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso, per le perdite su crediti, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Ai fini del presente comma, il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto di omologazione dell’accordo di ristrutturazione o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi”.
Il legislatore ha quindi introdotto una presunzione legale in base alla quale vi è un automatismo che consente la deduzione della perdita su crediti senza che il contribuente debba fornire ulteriori elementi probatori ai verificatori, ossia quegli “elementi certi e precisi” che sono invece necessari negli altri casi: l’automatismo si giustifica, come è intuibile, sulla base dell’accertamento giudiziale o da parte di un’autorità amministrativa dello stato d’insolvenza del debitore (o dello stato di crisi nel concordato preventivo).
Se non vi potevano essere dubbi sulla deducibilità della perdita, questi sono stati creati (dagli Uffici, ma supportati da un filone giurisprudenziale della Cassazione) invece sul momento in cui la deduzione dovesse essere effettuata.
Ad esempio, nella nota sentenza n. 22135 del 29 ottobre 2010, la Suprema Corte ha affermato che l’anno di competenza per operare la deduzione deve coincidere con quello di apertura della procedura concorsuale, in quanto diversamente si rimetterebbe all’arbitrio dell’impresa la scelta del periodo d’imposta più vantaggioso in cui operare la deduzione.
La posizione, già affermata in diverse pronunce, è stata sempre oggetto di critica a livello di dottrina (si veda la norma di comportamento ADC n. 172 del 2008).
In altre pronunce, numericamente “minoritarie”, la stessa Cassazione era arrivata a conclusioni diametralmente opposte.
Nella altrettanto celebre pronuncia n.12831 del 4 settembre 2002 si legge che “la perdita su crediti non deve essere contabilizzata necessariamente e per intero nel periodo di esercizio in cui la procedura concorsuale si è aperta. Occorre peraltro aggiungere che questo non autorizzerebbe la conclusione che sia possibile scegliere il periodo di esercizio, tra quelli posteriori all’apertura della procedura concorsuale, in cui dedurre la perdita, rimanendo al contrario sovrana la volontà della legge che si esprime nella regola posta dall’art. 75, comma primo D.P.R. n.917/1986”.
Nella circolare n. 26/E l’Agenzia sposa di fatto questa tesi, indicando come, una volta aperta la procedura, l’individuazione dell’anno in cui dedurre la perdita su crediti debba avvenire secondo le ordinarie regole di competenza. La misura della deduzione, in ossequio al principio di derivazione, sarà quella della perdita imputata a conto economico.
L’Agenzia sottolinea però come questa possibilità non si debba tradurre in un processo arbitrario del redattore di bilancio ma debba rispondere invece ad un razionale e documentato processo di valutazione conforme ai criteri dettati dai principi contabili adottati.
Per supportare la scelta vengono menzionati, a titolo esemplificativo, alcuni documenti di natura contabile e finanziaria redatti o omologati da un organo della procedura, quali:
- l’inventario redatto dal curatore ex articolo 87 del R. D. n. 267 del 1942;
- il piano del concordato preventivo presentato ai creditori ex articolo 160 del R. D. n. 267 del 1942;
- la situazione patrimoniale redatta dal commissario della liquidazione coatta amministrativa ex articolo 205 del R. D. n. 267 del 1942;
- la relazione del commissario giudiziale nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, articolo 28 D. Lgs. n. 270 del 1999;
- le garanzie reali o personali ovvero assicurative.
Le indicazioni della circolare sono quindi chiare, ma sono state disattese nel caso che ci è stato sottoposto, nel quale l’Ufficio sembra insistere sulla necessità che la perdita sia dedotta nell’esercizio di inizio della procedura. Non ci resta che auspicare che gli sforzi interpretativi fatti a livello centrale non vengano “vanificati” a livello periferico.