La detrazione delle spese per i beni soggetti a regime vincolistico
di Gennaro NapolitanoLe spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro dei beni in regime vincolistico ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004) e del D.P.R. 1409/1963 (Norme relative all’ordinamento e al personale degli archivi di Stato) danno diritto a una detrazione Irpef del 19%, per la parte effettivamente rimasta a carico del contribuente (articolo 15, comma 1, lett. g), Tuir).
La detrazione spetta anche per le spese sostenute per ordinare e inventariare gli archivi privati d’interesse storico, nelle misura in cui le stesse sono obbligatorie ai sensi dell’articolo 30 D.Lgs. 42/2004, in quanto correlate a interventi di carattere straordinario da realizzare immediatamente dopo l’apposizione del vincolo o, per quanto riguarda l’aggiornamento dell’inventario già realizzato, successivamente all’insorgere di altre cause straordinarie verificate dalle autorità pubbliche competenti (risoluzione AdE 93/E/2009).
La ratio dell’agevolazione fiscale consiste nella volontà del legislatore di favorire le attività di manutenzione, protezione e restauro di beni sottoposti a vincolo, che abbiano carattere obbligatorio o necessario.
Il diritto alla detrazione in esame, quindi, spetta ai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro dei beni vincolati in base alle disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Quest’ultimo prevede espressamente che “i privati proprietari, possessori o detentori di beni culturali sono tenuti a garantirne la conservazione” (articolo 30, comma 3, D.Lgs. 42/2004). Lo stesso Codice stabilisce che “la conservazione del patrimonio culturale è assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro” (articolo 29, comma 1, D.Lgs. 42/2004). Dalla lettura delle richiamate disposizioni si evince che devono essere considerati “obbligati alla manutenzione, protezione o restauro” coloro che vantano un titolo giuridico che attribuisca loro la proprietà, il possesso o la detenzione del bene oggetto dell’intervento conservativo.
L’Amministrazione finanziaria ha chiarito che il contratto di comodato “può costituire, in via generale, titolo astrattamente idoneo a qualificare il comodatario quale obbligato a porre in essere gli interventi conservativi ai sensi dell’articolo 30, comma 3, del D.Lgs. 42/2004”. Esso, però, “non deve limitarsi alla concessione in uso del bene per una durata corrispondente all’esecuzione dei lavori di recupero, ma deve in ogni caso permettere il perseguimento di un fine proprio del comodatario meritevole di tutela, che potrebbe essere rappresentato, ad esempio, dalla successiva messa a disposizione al pubblico del bene” (risoluzione AdE 10/E/2009).
La necessità di effettuare le spese, quando non siano obbligatorie per legge, deve risultare da un’apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (presentata dal richiedente al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ai sensi dell’articolo 47 D.P.R. 445/2000) relativa alle spese effettivamente sostenute, per le quali si ha diritto alla detrazione (cfr. articolo 40, comma 9, D.L. 201/2011). In precedenza, la necessità delle spese non obbligatorie per legge doveva risultare da apposita certificazione rilasciata dalla competente soprintendenza del Ministero per i beni culturali e ambientali, previo accertamento della loro congruità effettuato d’intesa con il competente ufficio del territorio del Ministero delle finanze.
La detrazione spetta con riferimento al periodo d’imposta in cui la spesa è stata sostenuta, se la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà è stata prodotta entro il termine per la presentazione della relativa dichiarazione dei redditi. Se, invece, la dichiarazione sostitutiva viene presentata dopo tale termine (in quanto i lavori sono terminati in un periodo d’imposta successivo), il beneficio compete per il periodo d’imposta in cui è presentata la predetta dichiarazione, a prescindere dal fatto che le spese sono state sostenute in anni precedenti.
La detrazione non spetta nei seguenti casi:
- mutamento di destinazione dei beni senza la preventiva autorizzazione dell’Amministrazione per i beni culturali e ambientali,
- mancato assolvimento degli obblighi di legge per consentire l’esercizio del diritto di prelazione dello Stato sui beni immobili e mobili vincolati,
- tentata esportazione non autorizzata dei beni mobili vincolati.
In questi casi, l’Amministrazione per i beni culturali e ambientali dà immediata comunicazione al competente ufficio dell’Agenzia delle entrate delle violazioni che comportano la perdita del diritto alla detrazione. Dalla data di ricevimento della comunicazione inizia a decorrere il termine per la rettifica della dichiarazione dei redditi.
La detrazione in esame:
- è cumulabile con quella prevista per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio (articolo 16-bis Tuir), ma, in tal caso, è ridotta del 50% (circolare Min. Finanze n. 57/1998, paragrafo 5 e circolare AdE 3/E/2016, risposta 1.8); la riduzione al 50% è riferita solo alla parte di spesa per la quale il contribuente, contemporaneamente, fruisce anche della detrazione per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio e, pertanto, le spese per le quali non spetta tale ultima detrazione (in quanto eccedenti i limiti previsti) possono essere interamente ammesse alla detrazione del 19%;
- non è cumulabile con quella prevista per gli interventi finalizzati al risparmio energetico;
- è calcolata sull’intero importo delle spese sostenute, comprensivo di quelle indicate nella Certificazione unica (punti da 341 a 352) con il codice “25”.
All’interno della dichiarazione dei redditi, le spese in esame devono essere esposte con il codice “25” nel Quadro E, Righi da E8 a E10, del modello 730 e nel Quadro RP, Righi da RP8 a RP13, del modello Redditi PF.