La detrazione Iva sugli acconti in caso di mancata consegna dei beni
di Marco PeiroloIn un precedente articolo (Acconti per le cessioni intra-UE e all’esportazione) è stato evidenziato che, affinché l’acconto abbia rilevanza “sostanziale” e sia, pertanto, assoggettato ad imposta, la giurisprudenza comunitaria ha più volte sottolineato la necessità che il pagamento anticipato sia collegato, prospetticamente, ad una operazione concreta e reale. A tal fine, è infatti richiesto che tutti gli elementi qualificanti della futura cessione o prestazione siano già noti alle parti ed, in particolare, che – al momento del versamento dell’acconto – i beni o servizi siano individuati in modo specifico e non generico.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha confermato che la rilevanza impositiva del pagamento anticipato è sottoposta alla condizione sospensiva dell’effettivo utilizzo del bene, vale a dire della manifestazione successiva della “vera” operazione. In pratica, l’acconto resta “schiavo” dell’operazione madre, nel senso che se quest’ultima non si manifesta – peraltro in un ragionevole lasso temporale – la validità dell’operazione anticipata deve essere messa in discussione (Cassazione, 22 maggio 2015, n. 10606 e Id., 24 maggio 1999, n. 5038, secondo cui “l’emissione anticipata della fattura può spostare il momento in cui l’operazione si considera effettuata, ma non vale a privare di rilevanza il momento dell’effettiva consegna o spedizione del bene mobile, in modo da escludere ogni collegamento tra emissione della fattura ed effettuazione dell’operazione commerciale”).
Tale conclusione è avvalorata dalla posizione espressa dalla Suprema Corte nella sentenza n. 2420 del 18 febbraio 2003 sulla questione della detraibilità dell’Iva assolta sugli acquisti soltanto registrati.
I giudici di legittimità si sono chiesti se la fatturazione anticipata abbia rilevanza “cartolare”; se, cioè, essa prevalga sull’esecuzione finale dell’operazione, ossia rispetto alla materiale “traditio” dei beni oggetto di compravendita.
Senza dubbio, ai fini impositivi, la fatturazione anticipata, al pari del pagamento anticipato del corrispettivo, ha valenza autonoma. I parametri anticipativi del momento impositivo dell’operazione rivestono, infatti, carattere sostanziale agli effetti del tributo sul valore aggiunto; prova ne sia l’utilizzo, nel quarto comma dell’articolo 6 D.P.R. 633/1972, dei termini “anteriormente” e “indipendentemente”. Tuttavia, osserva la Corte, l’obbligo di versare l’Iva all’Erario da parte del cedente e, correlativamente, il diritto di esercitare la detrazione da parte del cessionario, è subordinato alla concreta effettuazione dell’operazione sul piano fattuale, con la consegna/spedizione dei beni all’acquirente.
È questa la ragione che sta alla base del diniego della detrazione, espressa dalla Corte di Cassazione nella citata pronuncia.
Ed infatti, nel rapporto tra la consegna/spedizione e la fattura anticipata, non va dimenticato che quest’ultima integra “una ipotesi residuale (…) che non esclude ulteriori accertamenti in ordine all’effettivo importo del corrispettivo che costituisce la base imponibile del tributo”. La fatturazione anticipata, quindi, alla stessa stregua del pagamento anticipato, in tutto o in parte, del corrispettivo, “non vale a privare di rilevanza il momento dell’effettiva consegna o spedizione del bene mobile in modo da escludere ogni collegamento tra emissione della fattura ed effettuazione dell’operazione commerciale” (Cass. n. 5038/1999, cit.; sull’indetraibilità dell’IVA in caso di mancata esecuzione dell’operazione, cfr. anche: Cass., 4 novembre 2002, n. 15379 e Id., 7 ottobre 2002, n. 14337).
I limiti della detraibilità dell’IVA in caso di mancata consegna dei beni è stata esaminata dalla Corte europea.
Come rilevato nella sentenza Firin (causa C-107/13 del 13 marzo 2014), l’articolo 65 della Direttiva n. 2006/112/CE – ai sensi del quale, in caso di pagamento di acconti prima che la cessione dei beni o la prestazione di servizi sia effettuata, l’imposta diventa esigibile al momento dell’incasso, a concorrenza dell’importo incassato – “non può essere applicato, qualora la realizzazione del fatto generatore sia incerta al momento del versamento dell’acconto. Ciò si verifica, in particolare, in presenza di un comportamento fraudolento”.
La questione relativa alle modalità per stabilire, ai fini del citato articolo 65 della Direttiva n. 2006/112/CE, se una cessione di beni per cui sia stato versato un acconto sia incerta in caso di frode commessa dal cedente, ha formato oggetto delle cause riunite C-660/16 e C-661/16 (Achim Kollroß e Erich Wirtl), rispetto alle quali l’Avvocato generale UE – nelle conclusioni presentate il 30 gennaio 2018 – ha ritenuto che “il diritto alla detrazione non può essere negato a un soggetto passivo che ha versato un acconto per beni o servizi che non sono più stati ceduti o prestati se questi non conosceva, e non avrebbe potuto conoscere, l’intenzione del fornitore di non onorare il contratto”.
Nel procedimento in esame, infatti, il giudice del rinvio ha sollevato due questioni distinte ma collegate, chiedendo, in primo luogo, come debba essere valutata la suddetta incertezza e, in secondo luogo, se a tale proposito rilevi il fatto che la data di consegna di beni acquistati non sia indicata nel contratto di compravendita.
In merito al primo profilo, il giudice del rinvio ha chiesto se l’intenzione del fornitore di commettere una frode, di cui il destinatario non sia a conoscenza, debba essere considerata rilevante in sede di valutazione della certezza (o, piuttosto, dell’incertezza) circa il verificarsi del “fatto generatore dell’imposta”.
Sul punto, l’Avvocato generale è dell’avviso che “l’intenzione fraudolenta del fornitore non debba avere alcuna rilevanza sul diritto del destinatario di detrarre l’Iva assolta sull’acconto, a meno che quest’ultimo conoscesse, o avrebbe dovuto conoscere, il suddetto intento fraudolento”. Del resto, “nella normale prassi commerciale non è inusuale che un fornitore chieda ai propri clienti di versare un acconto prima della cessione dei beni o di altre prestazioni. Come osserva il giudice del rinvio nella sua ordinanza nella causa C‑660/16, sembrerebbe eccessivo far gravare tutti i rischi legati alla possibilità che i beni acquistati non siano consegnati o i servizi acquistati non siano erogati sui destinatari che, anche prestando la dovuta diligenza, potrebbero non conoscere le cattive intenzioni dei propri fornitori”.
Passando al secondo profilo considerato, l’Avvocato generale ha affermato che “la mera assenza di una data di consegna non possa essere considerata come un fattore che determina incertezza circa il sorgere dell’evento generatore. Anche in questo caso non è inusuale, nella normale prassi commerciale, che le parti concordino una cessione di beni o prestazione di servizi senza essere in grado di stabilire la data precisa in cui la cessione o la prestazione avrà luogo. Nella misura in cui l’acquirente non disponga di alcun motivo di mettere in dubbio la capacità e l’intenzione del fornitore di adempiere le proprie obbligazioni, non vi è motivo per ritenere che, al momento del versamento dell’acconto, la cessione sia incerta”.