La difficile difesa in caso di presunzione di cessione/acquisto
di Niccolò Di Bella
L’articolo pubblicato qualche giorno fa a cura di Viviana Grippo “Beni aziendali, quali procedure in casi di donazione, distruzione o furto“, dopo aver affrontato in maniera chiara ed efficace i risvolti contabili e procedurali dettati dal DPR 441 del 1997, avrà suscitato in più di un lettore la seguente domanda: che fare nel caso in cui venga notificato al contribuente un Avviso di Accertamento fondato sulle presunzioni di cui all’art. 53 DPR 633/1972?
Il caso ipotizzato è tutt’altro che banale, anche se – data la scarsa giurisprudenza presente sul tema – possiamo immaginare che il Fisco oggigiorno prediliga tipologie accertative più “sbrigative”, considerando la potenza di fuoco concessa dall’utilizzo di accertamenti induttivi, sintetici, ecc…
Preliminarmente dobbiamo rilevare che il suddetto DPR 441/1997 – sostituendo la precedente formulazione dell’art. 53 del DPR 633/1972 – rappresenta una sorta di spartiacque nel superamento delle presunzioni in commento: la Cassazione ha infatti affermato che la procedura prevista “ante 1997” per il loro superamento, non essendo stata stabilita da uno specifico decreto Ministeriale, non rappresentava l’unica forma possibile, e pertanto al contribuente era consentito qualsiasi mezzo di prova per superare la presunzione di cessione.
Oggi che però il DPR 441/1997, in attuazione della Legge n°662/1996, è pienamente operativo, il contribuente deve necessariamente attenersi alle prescrizioni ivi contenute, pena la sottoposizione in presunzioni che possono colpire tanto sul fronte delle cessioni quanto su quello degli acquisti; ma analizziamone meglio le principali criticità.
Innanzitutto, sebbene appaiano operanti solo in riferimento ai soggetti obbligati alla tenuta delle scritture ausiliari di magazzino, le verifiche – e gli eventuali accertamenti – possono riguardare anche coloro che non sono sottoposti a tali obblighi formali; in questi ultimi casi andrà però attentamente valutata la modalità di verifica intrapresa dall’A.F., al fine di individuarne eventuali anomalie.
Quanto alla natura delle presunzioni, è oramai pacifico che trattasi di “legali relative”, nel senso che pur essendo individuate ex lege, concedono al contribuente la facoltà di fornire le giustificazioni necessarie al loro superamento attraverso l’inversione dell’onere della prova (a tal proposito si legga la Circolare n°31/2006).
Più dibattuta risulta l’operatività delle presunzioni in commento – nate in ambito IVA – sulle imposte dirette; limitandoci alla lettura della Circolari n°193/E del 1998 e della suddetta 31/2006 saremmo portati a ritenere che il rilievo formulato in materia di imposta sul valore aggiunto possa essere “traslato” anche su IRPEF o IRES. Ma questo punto entra in nostro “soccorso” la Suprema Corte, che con sentenza n°13667/2001 prima, e la n°16483/2006 poi, ha stabilito che l’operatività ai fini delle II.DD. non è immediatamente e direttamente applicabile, ma necessita di ulteriori riscontri e accertamenti in fatto adeguati alla disciplina delle singole imposte, la cui valutazione è comunque rimessa al Giudice Tributario.
Nella stesura di una difesa per conto del nostro contribuente, potremmo eccepire – in punta di diritto – non solo il divieto di “doppia presunzione” (come spiegato sopra, appunto, su IVA e II.DD.), contraria al diritto tributario, ma anche, ad esempio:
- la necessità che la presunzione, per essere operativa, rientri all’interno delle fattispecie tassativamente previste dal DPR 441/1997, e non sia il frutto di meri indizi di altra natura;
- la non obbligatorietà della tenuta di una vera e propria contabilità di magazzino, con la possibilità che vi siano delle minime differenze tra quanto riportato in bilancio/dichiarazione e le consistenze effettive;
- la nullità dell’Atto che non abbia illustrato le ragioni in base alle quali l’Ufficio abbia disatteso le difese del contribuente in sede di contradditorio (in proposito, si veda la recente Cassazione n°9712 depositata il 06 maggio u.s.).
Da ultimo, a corroborare una puntuale difesa in diritto, risulterà particolarmente utile esprimere delle considerazioni nel merito, dimostrando – ad esempio – che le differenze tra le quantità prodotte e il volume delle vendite non è dato da cessioni in evasione di imposta, ma da eventi connaturati al processo produttivo, oppure fornire altri elementi in grado di provare l’avvenuta distruzione/rottura/diverso utilizzo del materiale che si presume ceduto/acquistato in evasione di imposta, o, infine, che tale materiale è localizzato presso un luogo in cui il contribuente esercita effettivamente l’attività, sebbene non ufficialmente dichiarato nei modi previsti dalla normativa fiscale e civilistica.