La difficile valutazione delle piccole attività commerciali
di Fabio LanduzziQuando nell’ambito di operazioni straordinarie, come può essere il caso della cessione di un’azienda, l’oggetto del negozio giuridico è un’attività di piccole dimensioni quale può essere un esercizio commerciale al dettaglio, può risultare arduo approcciare la valutazione sulla base dei metodi classici normalmente proposti dalla dottrina per la valutazione d’azienda. In queste circostanze mancano infatti i presupposti per l’applicazione ragionevole e ragionata dei canonici metodi di valutazione d’azienda tipicamente diffusi nella pratica professionale.
L’esempio può essere quello della valutazione di un esercizio commerciale di vendita i cui introiti siano in prevalenza relativi a tabacchi, generi di monopolio, stampa quotidiana e periodica, e scommesse. Ovverosia, attività le cui entrate sono per la maggior parte rappresentate da aggi. Nella prassi professionale si fa normalmente ricorso in queste circostanze a metodi reddituali basati su determinate grandezze a cui si applicano i moltiplicatori ritenuti maggiormente adeguati e rappresentativi di una obiettiva misurazione di valore secondo il mercato di riferimento. Tuttavia, anche in queste valutazioni, occorre sottrarsi dal rischio di compiere una valutazione asettica, ossia non tarata sull’attività specifica che costituisce l’oggetto della valutazione stessa; il che significa che il valutatore dovrà comunque considerare il profilo qualitativo dell’azienda rappresentato dal valore ascrivibile all’insegna, al suo nome commerciale, al posizionamento, al radicamento sul territorio, alla fidelizzazione della clientela, ecc..
Normalmente, un approccio empirico razionale si fonda sulla individuazione di questi fattori adeguatamente selezionati ai quali viene poi associato un moltiplicatore che va da un livello minimo (quando quel fattore qualitativo è considerato “scarso”) ad un livello massimo (quando quel fattore qualitativo è considerato “elevato”). Poi, a ciascun fattore viene assegnato nella scala di valori – da scarso a elevato – un punteggio, per addivenire infine ad una media ponderata dei punteggi assegnati la quale consente, in ultima analisi, di determinare un moltiplicatore empirico da applicare alla grandezza economica assunta quale riferimento.
Molto di frequente, poi, per valutazioni di questo tipo di imprese il moltiplicatore viene invece determinato, oppure viene confrontato, con quello disponibile presso pubblicazioni di associazioni di categoria o di settore.
Nel caso della tabaccheria, ad esempio, può essere interessante ricordare come anche in ambito tributario – Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sentenza n, 5289 del 9 dicembre 2015 – sia stata data rilevanza alle percentuali di redditività per tipologie di attività previste nel listino F.i.m.a. (Federazione italiana mediatori e agenti d’affari).
La sentenza citata offre poi un ulteriore spunto di interesse in quanto sottolinea come non solo l’individuazione di un moltiplicatore adeguato sia un elemento di rilievo della valutazione, bensì anche la grandezza economica di riferimento. In quella circostanza, infatti, in cui si dibatteva di un avviso di liquidazione di imposta di registro sul trasferimento di una tabaccheria-bar, la CTR della Lombardia, se da una parte ha accolto l’eccezione dell’Agenzia delle Entrate circa il riferimento ai coefficienti di redditività del F.i.m.a., dall’altra parte ha stigmatizzato l’operato dell’Ufficio il quale aveva applicato tale moltiplicatore alla grandezza rappresentata dal valore delle vendite dell’esercizio commerciale, in luogo degli aggi. Proprio per questa ragione, la CTR ha parzialmente accolto le doglianze del contribuente rideterminando il valore di avviamento ascritto all’azienda trasferita con applicazione del moltiplicatore assunto dall’Ufficio delle Entrate (tratto dalla pubblicazione F.i.m.a.) alla corretta grandezza economica di riferimento (gli aggi).
In conclusione, quindi, non può tacersi che la valutazione di queste micro attività è sempre soggetta ad un elevato grado di discrezionalità, per cui occorre prestare molta attenzione al fatto che il metodo applicato sia ispirato a criteri di razionalità e di dimostrabilità delle scelte operate; ecco perciò, laddove disponibili, l’utilità di riferirsi a listini o pubblicazioni similari di enti o associazioni di categoria.