La disciplina CFC dal 2016
di Fabio PauselliLa disciplina delle Controlled Foreign Companies (c.d. CFC rule), contenuta nell’articolo 167 del Tuir, dispone un regime di tassazione per “trasparenza” in capo al socio residente in Italia, dei redditi realizzati dalle sue controllate estere domiciliate in Stati con regime fiscale privilegiato, indipendentemente dalla effettiva percezione degli stessi.
Recentemente l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 35/E/2016 ha avuto modo di chiarire le principali novità che il Legislatore, con il decreto internazionalizzazione prima e con la legge di Stabilità 2016 poi, ha apportato in materia. Ci si riferisce in particolare:
- all’abrogazione dell’articolo 168 del Tuir in materia di collegate estere;
- all’abrogazione dell’articolo 168-bis del Tuir, che prevedeva l’elaborazione di una white list, e la conseguente eliminazione del riferimento a tale articolo nell’ambito della disciplina CFC;
- all’individuazione degli Stati o territori a fiscalità privilegiata, il cui attuale sistema fa riferimento al livello di tassazione nominale;
- alla determinazione del reddito imputato per trasparenza in capo al socio residente;
- all’attribuzione a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate dell’indicazione dei criteri per determinare l’effettivo livello di tassazione ai fini dell’applicazione del comma 8-bis;
- all’istituto dell’interpello, la cui obbligatorietà è venuta meno a partire dall’esercizio 2015;
- alle garanzie del contribuente in sede di accertamento, prevedendo un obbligo di avviso gravante sull’Amministrazione finanziaria che consente di instaurare un preventivo contraddittorio con il contribuente in cui gli viene fornita la possibilità di presentare le prove necessarie alla disapplicazione della disciplina CFC;
- all’obbligo di segnalazione in dichiarazione della detenzione di partecipazioni in imprese estere controllate cui sia applicabile la CFC rule.
In sostanza dal 2016 un soggetto residente in Italia applicherà la CFC rule – black list qualora detenga, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, il controllo di un’impresa, di una società o di altro ente, residente o localizzato in Stati o territori con un regime fiscale privilegiato. Con questo termine si intenderà non più un mero elenco di Paesi quanto, piuttosto, dei regimi fiscali con un livello nominale di tassazione inferiore al 50% di quello applicabile in Italia, restando esclusi gli Stati appartenenti alla U.E. e quelli aderenti alla Spazio economico europeo (Islanda e Norvegia) con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, per i quali, tuttavia, a determinate condizioni si applicherà comunque una CFC rule c.d. “non black-list”. Al fine di individuare in maniera agevole i regimi fiscali privilegiati, è possibile consultare le aliquote nominali vigenti sui siti internet istituzionali dei vari ordinamenti esteri oppure nella banca dati dell’OCSE.
In questi casi la CFC rule potrà essere disapplicata qualora la società residente dimostri, alternativamente, che:
- la società non residente svolge un’effettiva attività industriale o commerciale come attività principale nel mercato dello Stato o territorio di insediamento;
- dalle partecipazioni non consegue l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori con regimi fiscali privilegiati.
In merito alla prima esimente, il contribuente potrà fornire ogni dimostrazione in sede preventiva di interpello indirizzato all’Agenzia delle entrate oppure in sede di controllo, fermo restando che questa non trova applicazione nel caso in cui i proventi dell’ente non residente provengono per più del 50% da passive income nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la società o l’ente non residente.
Per ciò che concerne la seconda esimente, invece, come chiarito nella suddetta circolare, la localizzazione della controllata in uno Stato o territorio a regime fiscale privilegiato, ex articolo 167, comma 4, del TUIR, implica, di per sé, la presunzione di elusività della partecipazione. Tale presunzione può essere superata interpellando l’Amministrazione finanziaria oppure dimostrando che il carico fiscale è almeno pari al 50% di quello che sarebbe stato scontato laddove la controllata fosse stata residente in Italia.
Il tax rate estero è dato dal rapporto tra la somma delle imposte scontate dalla società controllata sui redditi prodotti, a prescindere dallo Stato di imposizione, e l’utile ante imposte della stessa. Dopo aver calcolato il tax rate effettivo estero occorre operare un giudizio di congruità, comparandolo con il 50% dell’aliquota nominale vigente in Italia, data dalla sommatoria di Ires e Irap. Ove il tax rate estero risultasse superiore al 50% dell’aliquota nominale italiana, l’esimente si considererebbe dimostrata. Viceversa, nell’eventualità in cui dal confronto risulti un’imposizione effettiva estera inferiore alla metà di quella italiana, la sussistenza dell’esimente può essere comunque provata attraverso il raffronto con l’imposizione che la controllata avrebbe effettivamente scontato qualora fosse stata residente in Italia (tax rate virtuale domestico), considerandosi l’esimente dimostrata qualora il tax rate effettivo fosse superiore al 50% del tax rate virtuale domestico.
Nell’ipotesi in cui i soggetti controllati siano localizzati in Stati o territori diversi da quelli black list o in Stati appartenenti all’Unione Europea e aderenti allo Spazio economico europeo, trova applicazione la CFC rule qualora ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:
- i soggetti controllati sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore a più della metà di quella a cui sarebbero stati soggetti ove residenti in Italia;
- i soggetti controllati hanno conseguito proventi derivanti per più del 50% dalla gestione, dalla detenzione o dall’investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie, dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà industriale, letteraria o artistica, nonché dalla prestazione di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la società o l’ente non residente, ne sono controllati o sono controllati dalla stessa società che controlla la società o l’ente non residente, ivi compresi i servizi finanziari (reddito “passivo”).
In merito alla prima condizione si precisa che con uno specifico provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 16/09/2016 sono stati indicati i criteri per determinare con modalità semplificate l’effettivo livello di tassazione tra cui quello dell’irrilevanza delle variazioni non permanenti della base imponibile; in attesa della sua emanazione le linee guida sono state fornite dalla circolare n. 51/E/2010 la quale, tra le altre cose, esclude l’Irap dal confronto.
Anche nel caso della CFC – rule non black – list, ove ricorrano congiuntamente le suddette condizioni, il soggetto residente potrà chiederne la disapplicazione dimostrando che l’insediamento all’estero non rappresenta una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito risparmio fiscale.
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