La disciplina delle nuove prove in appello
di Luigi FerrajoliL’Amministrazione finanziaria non può fornire la prova dell’avvenuta notifica della cartella di pagamento per la prima volta in sede di appello.
E’ quanto statuito dalla CTR di Catania con la sentenza n. 1558 emessa in data 08/05/2014, all’esito dell’appello presentato dall’Agente della riscossione e dall’Agenzia delle Entrate, avverso la sentenza della CTP che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente, avverso un avviso di fermo amministrativo.
La CTP aveva ritenuto fondato il ricorso presentato, poiché l’Ente impositore non aveva fornito elementi idonei a smentire l’assunto attoreo della mancata notifica della cartella esattoriale, a seguito della quale era stata avviata l’esecuzione forzata.
L’Agente della riscossione, nell’appello, insisteva sull’eccezione d’inammissibilità del ricorso di primo grado, poiché presentato oltre il termine di cui all’art. 21 del D. Lgs. n. 546/1992, decorrente, nel caso di specie, dalla notifica della cartella di pagamento, di cui produceva per la prima volta la relativa documentazione.
L’Agenzia delle entrate aderiva all’impugnazione proposta, insistendo nell’eccezione del difetto di legittimazione passiva, evidenziando che le questioni afferenti la notifica della cartella e gli atti successivi attengono alla posizione del Concessionario.
Il Giudice del gravame ritiene anzitutto infondata l’eccezione di difetto di legittimazione dell’Agenzia delle entrate, poiché la contribuente, in primo grado, oltre ad eccepire la mancata notifica della cartella esattoriale, aveva sollevato rilievi inerenti il merito della pretesa.
Tale statuizione si fonda su un triplice ordine di osservazioni: in linea generale, tra ente impositore e concessionario per la riscossione non s’instaura una situazione di litisconsorzio necessario, né sostanziale né processuale, atteso che quest’ultimo dispiega una mera funzione di notifica del ruolo, ovverosia di trasmissione al destinatario del titolo esecutivo, così come formato dall’ente; in secondo luogo, nelle liti riguardanti l’impugnazione della cartella esattoriale, la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, sul quale, se è fatto destinatario dell’impugnazione, incombe l’onere di chiamare in giudizio il predetto ente, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio; in ultimo, legittimato passivo sarà il concessionario qualora l’impugnazione faccia valere vizi propri della cartella di pagamento o dell’avviso di mora, come quando quest’ultimo non sia stato preceduto da rituale notifica della cartella esattoriale.
Passando all’esame della eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per tardività, la CTR adita ritiene inammissibile la produzione per la prima volta in appello della documentazione volta a dimostrare l’avvenuta notifica della cartella di pagamento, confermando l’orientamento più volte espresso dallo stesso Collegio.
La questione trattata attiene l’interpretazione dell’art. 58 del D. Lgs. n. 546/1992 e l’apparente contraddizione tra il primo e il secondo comma di tale norma, che dispongono, rispettivamente, il divieto di produzione in appello di nuove prove, salvo che il giudice non le ritenga necessarie ai fini della decisione o che la parte dimostri di non averle potute fornire nel precedente grado del giudizio per causa ad essa non imputabile, e la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti.
Ad avviso del Collegio questa apparente antinomia può essere risolta ritenendo ammissibili in appello solo i nuovi documenti che non abbiano una valenza probatoria, in quanto l’indiscriminata possibilità di produzione documentale si porrebbe in palese violazione del divieto posto dal comma 1 della norma citata.
Tale lettura sarebbe confermata dall’avvenuta abrogazione del comma 3 dell’art. 7 del D. Lgs. n. 546/1992, che attribuiva al giudice tributario il potere di ordinare alle parti il deposito di documenti ritenuti necessari per la decisione della controversia. Conseguentemente è venuto meno il fondamento dell’orientamento espresso dalla Suprema Corte, che riteneva doveroso, da parte del giudice, l’esercizio del potere di ordinare all’ufficio finanziario il deposito della prova dell’avvenuta notifica, in qualunque fase del processo di merito.
Sotto altro profilo, la soluzione adottata dai Giudici, nel caso de quo, non sarebbe dissimile anche inquadrando la fattispecie nell’alveo del secondo comma dell’art 58 citato, poiché verrebbero violati i principi della ragionevole durata del processo, di lealtà processuale e l’onere di immediata contestazione, non potendo la controparte presentare motivi aggiunti ammessi solo in primo grado.
La CTR rigetta quindi l’appello, censurando il comportamento dell’Ente impositore, ed affermando che l’eccezione di avvenuta notifica, risolvendosi in una eccezione in senso stretto, è vietata in appello ai sensi dell’art. 57 del D. Lgs. n. 546/1992.